La fotografia sociale di Martin Parr in mostra a Milano
Al Mudec una completa mostra retrospettiva sul lavoro di oltre 40 anni di Martin Parr, nel segno dello humor, tra manie, street style ed estetica kitsch
Un diplomatico “che tempo che fa”, in assoluto, è il modo più sicuro per rompere il ghiaccio o riempire silenzi imbarazzanti, anche oltremanica, nel Regno Unito, dove l’ossessione per il meteo è stata elevata a una sorta di passatempo nazionale, fino a divenirne un tratto distintivo. A rendergli un singolare tributo è il celebre fotografo britannico Martin Parr (Epson, 1952), con la serie Bad Weather, pubblicata nel 1982: catturando scene di vita quotidiana – tra Inghilterra e Irlanda – sotto la pioggia, la nebbia o il vento, i suoi scatti mostrano come il clima influenzi la vita e le attività delle persone, ma anche come esse reagiscano al maltempo con humor, determinazione o frustrazione. È possibile ammirarla nell’omonima sezione della mostra Short & Sweet, in corso a Milano negli spazi di Mudec Photo, curata da Mr Parr in persona, in collaborazione con l’agenzia Magnum Photos (di cui fa parte sin dal 1994) e realizzata da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e Comune di Milano-Cultura.
Martin Parr: antropologia a colori
Noto per il suo stile documentaristico e l’osservazione satirica dei costumi, Martin Parr ha fotografato una vasta gamma di soggetti, concentrandosi spesso su temi come il consumismo, la cultura popolare e i dettagli della quotidianità. L’esposizione, con un corpus di oltre 60 fotografie, ne celebra senza retorica la parabola artistica dagli Anni Settanta ad oggi, rivelandone l’allure provocatoria, la capacità di far emergere la bellezza e la straordinarietà nelle situazioni più comuni, restituendo parte del suo sguardo sulla società contemporanea. Attraverso la sua lente fotografica prende vita un racconto coinvolgente, che accompagna il visitatore lungo nove sezioni tematiche, a partire dal bianco e nero dei due progetti più datati, il già menzionato Bad Weather e The Non Conformist, considerato un importante documento storico: rappresenta, infatti, uno dei primi lavori significativi dell’allora giovane fotografo documentarista, che, dal 1975 al 1980, si era misurato con i cambiamenti sociali delle periferie del West Yorkshire.
Le ossessioni in salsa pop di Martin Parr a Milano
Cifra stilistica di Parr è l’uso audace della tavolozza cromatica, che spesso contribuisce a enfatizzare i dettagli delle scene e a creare un impatto visivo immediato, come si può notare nel suo primo reportage a colori, The Last Resort (1982-85), sulla vita quotidiana della classe lavoratrice britannica nella piccola località balneare di New Brighton.
Il percorso espositivo continua con la serie Small World (1989-2008), in cui viene esplorato il turismo di massa e l’industria del viaggio con i suoi cliché culturali: nel mirino, la frattura tra l’immagine pubblicizzata dei siti turistici più famosi e la realtà spesso caotica e commerciale, che dispiega il naufragio di ogni aspettativa romantica.
Con Everybody Dance Now (1986 -2018) il focus si sposta sul concetto di danza come forma democratica: lungo un arco temporale di oltre trent’anni, Parr ha documentato una vasta gamma di balli popolari, da quelli tradizionali a eventi più contemporanei come rave e discoteche, mettendo in risalto la capacità della danza di unire le persone indipendentemente dallo status, creare connessioni e offrire un’esperienza di liberazione e piacere condiviso.
Martin Parr, tra umorismo e critica
Fulcro dell’allestimento è l’installazione Common Sense: è anche il titolo dell’acclamata mostra omonima del 1999, il cui progetto espositivo viene qui riproposto in versione site-specific con la stampa a colori in formato A3 di oltre 200 immagini. Martin Parr, ancora una volta, non fa mistero del suo interesse per la vita di strada e le dinamiche sociali, contribuendo in modo significativo e iconico alla fotografia documentaristica contemporanea.
Da non perdere la video-intervista inedita a cura della storica e critica della fotografia Roberta Valtorta, riportata nel catalogo della mostra pubblicato da 24 ORE Cultura: “Allora” si legge nella premessa all’intervista “nascono in noi osservatori molti sentimenti che ci invitano a guardare meglio e a capire, facendoci di colpo sentire vicini all’autore. I sentimenti che l’autore ci trasmette sono un acuto senso dell’umorismo, una gran voglia di sorridere, una genuina attitudine a cercare comunque la verità, un desiderio di indagare le cose in modo chiaro e convincente, uno spirito critico serio, profondo e, infine, ma molto importante, una sorta di bonaria comprensione verso un’umanità che sbanda e si piega, come priva di forze, alle sue debolezze, ai suoi limiti, ai suoi futili vizi, e vive come può, e forse non senza fatica, il destino che la dura contemporaneità le riserva”.
Domenico Carelli
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