Nasce OBIC ART, la piattaforma che fa incontrare arte e cibo per lo sviluppo di idee e prodotti innovativi
Il progetto di Gianluca Marziani e Anna Paola Lo Presti esordiva in forma editoriale nel 2016, ma oggi si trasforma in società culturale a tutto tondo, fondata sulla possibilità di unire arte e cibo in funzione espositiva, ma soprattutto progettuale. Coinvolgendo artisti, designer, chef
Arte come cibo della mente e food come estetica culturale. Più di un motto, per il progetto OBIC (specchio di CIBO), nato dalla sinergia tra il critico d’arte Gianluca Marziani e la foodmaker con formazione da architetto Anna Paola Lo Presti (a Roma ha ideato il brand di ristorazione Angelina). L’idea si è concretizzata per la prima volta nel 2016, in forma editoriale, con la pubblicazione del volume (OBIC. L’idea o visione del cibo prendendo sul serio l’anima) che oggi dà il nome alla società di produzione culturale che riunisce professionisti attivi nei settori dell’arte contemporanea, del food e degli eventi dedicati al lifestyle e alla creatività. E da cui prende le mosse la nascente piattaforma OBIC ART, intesa come comunità generativa dove condividere contenuti e iniziative che mettono al centro il cibo come spunto di ragionamento sul mondo odierno, sui suoi codici di comunicazione, sui modelli di architettura e design, sulle ipotesi di produzione creativa, sugli sviluppi di un business culturale. Una rete creativa, dunque, che cala i contenuti gastronomici nella galassia delle arti visive, come già anticipato dal libro del 2016, ma ora votata a una progettualità che, sul lungo periodo, si trasformerà, di volta in volta, in esposizione, workshop, didattica, produzione (di eventi, oggetti di design, opere d’arte anche in formato NFT), distribuzione.
Alle origini di OBIC ART, dal libro all’hub creativo
“Il volume da cui siamo partiti, prima che il Covid ci spingesse a procrastinare una definizione più concreta del progetto, ha in nuce l’idea che abbiamo usato come chiave per lavorare sulla piattaforma”spiega Marziani “Vogliamo cercare di raccontare per la prima volta, perché in questo modo a nostro parere non l’ha fatto nessuno, la relazione tra arte e cibo non come addizione di due linguaggi distinti, ma come fusione tra le parti, in funzione generativa. Nel libro partivamo dall’intenzione di rendere la natura morta del Seicento una natura viva, recuperando da un lato ricette codificate, dall’altro opere d’arte e design in cui rintracciare un’affinità, non necessariamente immediata, ma evidenziando legami sottotraccia, da Boetti a Manzoni, Basilea, Urquiola e Marras. Step conclusivo, la produzione fotografica di still life che tenessero insieme tutto, per costruire il cibo come scultura o pittura. Dal volume, che all’epoca generò una mostra a Palazzo Collicola, passiamo ora all’azione, sempre con le stesse premesse”.
A partire dalla presentazione di Alfabeto OBIC (negli spazi scenografici del laboratorio di pasticceria e caffetteria del Teatro Casa Manfredi, al quartiere Ostiense di Roma, il 21 marzo alle 18.30; poi in esposizione fino al 24 aprile alla galleria MICRO Arti Visive, con opening il 22 marzo), spin off di avvicinamento alla mostra che, entro il 2024, dovrebbe concretizzarsi al MIAC di Cinecittà. “Cominciano dalle lettere come evento di gestazione simbolica di un nuovo vocabolario che può descrivere la fusione tra cibo e arte”, sottolinea Marziani che ha coinvolto per l’occasione gli artisti Roberto Giacomucci, Giulio Marchetti e Mario Ricci: “Con Ricci lavoro da diversi anni, presentiamo le sue pitture che sono finte estroflessioni, come una serie di mappe che celano forchette, coltelli… La tovaglia di Obic. Marchetti, invece, lavora sul remix: gli ho chiesto di interpretare le scacchiere di Boetti in forma di alfabeti-arazzo che rendono omaggio a cinque chef italiani di riferimento (Fulvio Pierangelini, Niko Romito, Peppe Guida, Antonia Klugmann, Paolo Lopriore, ndR). Mentre Giacomucci propone le sue nature morte ibride, quasi proiettando Morandi nel 3D”. Ma il primo evento presenterà anche la produzione fotografica a cura del team di OBIC, e una performance della pastry chef Giorgia Proia e dello chef Luciano Monosilio (chiamati a interpretare in cucina il “codice OBIC”), con l’obiettivo di riconoscersi intorno a una progettualità che vuole coinvolgere soggetti di mondi diversi.
Il legame tra arte e cibo, dagli eventi allo sviluppo di nuovi prodotti
Sul tema dell’incontro tra arte e cibo, infatti, OBIC vuole proporsi come dealer e consulente, ma anche come sviluppatore di prodotti creativi: “Penso alla possibilità di far disegnare agli artisti del cibo in edizione limitata: biscotti, pasta, gelati in tirature speciali. Ma anche oggetti innovativi che esplorino funzionalità legate alla produzione, alla trasformazione e al consumo di cibo, in collaborazione con designer. Le idee ci sono, stiamo già lavorando alla realizzazione di uno shop online”. Poi ci saranno gli eventi e le partnership, anche con chef. “Il progetto ha solide basi culturali, un valore antropologico, richiami storici e sociali, una componente poetica nella possibilità di lavorare sulle sensazioni e sull’effimero estetico. Però vuole e dovrà essere anche un business, capace di sviluppare un processo di innovazione su arte e cibo, all’interno di un sistema permeabile ed elastico”.
Livia Montagnoli
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