La prima mostra del neodirettore del Maxxi Francesco Stocchi raccontata da Francesco Stocchi
Non c’è un sopra o un sotto, un interno o un esterno, tutto è continuamente sottoposto alla contaminazione attivata dalle scelte dello spettatore. La prima mostra a cura del neo direttore artistico del MAXXI con Andrea Lissoni e Marina Pugliese
È la prima grande mostra del 2024 del MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo presieduto da Alessandro Giuli e nel primo anno di direzione artistica di Francesco Stocchi.
Tra gli spazi progettati dalla compianta Zaha Hadid, prendono corpo le opere di artiste di tre diverse generazioni e provenienti da tutto il mondo quali Judy Chicago, Lygia Clark, Laura Grisi, Aleksandra Kasuba, Léa Lublin, Marta Minujín, Tania Mouraud, Nanda Vigo, Tsuruko Yamazaki, Micol Assaël, Monica Bonvicini, Kimsooja, Christina Kubisch, Nalini Malani, Pipilotti Rist, Martha Rosler e Esther Stocker.
Ambienti 1956-2010. Environments by Women Artists II, curata da Stocchi insieme ad Andrea Lissoni e Marina Pugliesemette, dal 10 aprile, in luce il contributo fondamentale delle donne alla storia di una delle forme di espressione artistica forse ad oggi meno indagate. Il direttore artistico del MAXXI ce la racconta in anteprima qui.
La mostra Ambienti 1956-2010 al MAXXI
Occupando l’intero primo piano e gli spazi esterni, Ambienti 1956-2010. Environments by Women Artists II celebra l’architettura del MAXXI e trasforma il museo in uno spazio aperto, continuativo, volto al dinamismo e al libero approccio nei confronti dell’arte.
La mostra invita il visitatore ad abbandonare la dicotomia opera/spettatore, suggerendo di individuare altre possibili forme con cui il pubblico possa esperire, attraverso il proprio corpo e la propria sensorialità.
Esporre una serie di ambienti oggi è chiaramente una risposta alla crescita dei cosiddetti “musei immersivi”, esperienze video-digitali che trovano maggiori affinità con l’evoluzione di un’esperienza cinematografica che con la storia dell’arte.
A partire dal primo Ambiente di Lucio Fontana nel 1959 a Milano, numerosi sono stati gli artisti che si sono cimentati con un medium assolutistico dal punto di vista sensoriale e che richieda la presenza del pubblico per esistere. A differenza di un quadro che vive di vita autonoma, un Ambiente senza pubblico semplicemente non è.
Questa scelta quale primo progetto espositivo al MAXXI, assume valenza di manifesto programmatico sia rispetto all’identità stessa del museo che al rapporto attivo con il suo pubblico. Un luogo dove interrogarsi e cercare di trovare possibili risposte, rispetto alla “casa delle muse” deputata a offrire certezze.
Ambienti 1956-2010 al MAXXI: una travelling exhibition
L’esposizione è concepita come capitolo successivo di Inside Other Spaces – Environments by Women Artists 1956- 1976 presentata lo scorso settembre presso l’Haus der Kunst di Monaco di Baviera a cura di Andrea Lissoni e Marina Pugliese con Anna Pfautsch.
Immaginare un progetto espositivo che si declina in capitoli successivi significa innanzitutto voler esplorare le sue possibili qualità trasformative. Un approccio evolutivo che si pone in contrapposizione con la natura monolitica delle “travelling exhibitons”, sviluppatesi in modo crescente a partire dagli anni ’60, mostre dal carattere assoluto, riproposte in successione in diversi musei e uguali a loro stesse. Questa natura statica lascia spazio a una lettura dinamica del progetto espositivo, concepito come un organismo vivente, che cresce e si sviluppa interrogandosi su se stesso, ponendo domande aperte, suscitando nuovi modelli di partecipazione riproponendosi in una nuova veste.
Se nel primo capitolo il ventennio di indagine è stato identificato tra il 1956 e il 1976, questa seconda tappa parte dalla ricerca pregressa estendendosi fino al 2010, anno di completamento dell’architettura del MAXXI. L’edificio progettato da Zaha Hadid rappresenta quindi l’occasione per interpretare i suoi stessi spazi quali Ambiente, in un’unica, continua espressione di arte e architettura. Un living museum.
Ambienti 1956-2010, tra arte e architettura
Una mostra che nella sua spinta evolutiva si sviluppa nell’architettura del MAXXI, verte su uno snodo continuo orizzontale, una trama spaziale intricata, un paesaggio da navigare dove ogni elemento si sovrappone all’altro. Non c’è un sopra o un sotto, un interno o un esterno, tutto è continuamente sottoposto alla contaminazione attivata dalle scelte dello spettatore. Un orizzonte aperto e flessibile al movimento rispetto alla circoscritta, benché rassicurante, griglia modernista.
Trovo interessante sottolineare come Zaha Hadid sia stata la prima ad affermare che a garanzia di una migliore comprensione dei musei quali spazi pubblici, debba essere presente una dimensione di varietà.
Il modello di riferimento preso in considerazione per la definizione di eterogeneità è il Merzbau, l’opera di tutta una vita di Kurt Schwitters. Un ambiente dunque utilizzato per descrivere l’approccio di un altro ambiente, quello del fare hadidiano, a “pixilated field” dove attraverso la ripetizione tutto diviene fluido e una sensazione di spostamento provoca un senso di liberazione».
Francesco Stocchi
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