L’arte come resistenza passiva. Anna Jermolaewa al Padiglione Austria alla Biennale di Venezia
L’artista concettuale mette in mostra tutta la potenza della fragilità umana di fronte al predominio del potere costituito. La sua storia personale, con un passato da rifugiata politica, trascina in una delicata narrazione antisovietica. Mostra ben costruita anche se cedevole a qualche effetto nostalgia
La 60esima Esposizione Internazionale d’Arte porta già nel titolo Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere tutta l’idiosincrasia dei non-luoghi, come quelli adibiti da decenni per la Biennale veneziana, cui l’essenza effimera è sostenuta da un’umanità di passaggio, accasata nel tempo concessole.
Proprio il Tempo è una delle componenti più rilevanti della proposta del Padiglione Austria: la scelta dell’artista di origine russa Anna Jermolaewa (Leningrado, 1970), migrata in Austria nel 1989 per fuggire alle persecuzioni politiche, si allinea con intelligenza ai temi della Biennale, nell’ottica propositiva dell’arte come linguaggio universale per epurare contrasti ideologici. Il progetto, curato da Gabriele Spindler, già curatrice della grande personale dedicata all’artista presso lo Schlossmuseum del Castello di Linz, si concentra su cinque opere installative caratterizzate, oltre da una comune matrice temporale, da una poetica educata ma tagliente, ricca di riferimenti socio-culturali che non celano una spiccata componente biografica.
Le opere di Anna Jermolaewa alla Biennale Arte 2024
Colpisce soprattutto l’enorme video-installazione Rehearsal for Swan Lake (2024) che proietta le prove di danza del noto Lago dei cigni di Čajkovskij, riferimento all’usanza propagandistica di trasmettere in televisione filmati del suddetto balletto quando emergevano momenti di instabilità politica. L’opera video è realizzata in collaborazione con la coreografa ucraina Oksana Serheieva (Odessa, 1986), anch’essa migrata in Austria nel 2022 a causa del conflitto; se la performance registrata è di per sé un lavoro autonomo, il vuoto della stanza e soprattutto la sbarra da esercitazione aumentano il valore del video a componente interattiva con lo spazio, una sorta di schermo-specchio dove il tempo registrato ed il tempo reale (sia quello della fruizione, sia quello della danza dal vivo eseguita occasionalmente dalla Serheieva) si mescolano e sospendono la dimensione percepibile. Fa eco l’altra video-installazione Research for Sleeping Positions (2006) con la ripresa fissa sulla Jermolaewa che tenta di riposarsi, invano, su una panchina della stazione ferroviaria di Vienna Westbahnhof. Anche in questo caso, il tempo registrato è indice di una tensione che riflette il reale (il tempo estenuante in cui l’artista russa dormì per una settimana sulle panchine della stazione, in attesa del suo trasferimento al campo profughi di Traiskirchen) giocando sull’empatia del pubblico.
Il “Romanticismo Relazionale” del Padiglione Austria
L’elemento accattivante del contributo austriaco è quello di non essersi limitato ad un significato univoco dell’accezione “straniero”, ma riuscire ad offrire con una sola personalità artistica una considerazione plurale e decisa, senza esitazioni, una risposta gentile ed ostinata per opporsi alla brutalità del pensiero conformista. Pur notando alcuni insistenti richiami ad estetiche del passato recente che spesso sono fautori di capricci nostalgici anziché segni di una volontà anacronistica, in particolare le sedie e sgabelli a supporto dell’installazione The Penultimate (2017) dove l’artista raduna fiori e piante simbolo di svariate rivoluzioni popolari, l’attualità del progetto non è assolutamente in discussione in virtù della forte componente empatica suscitante e persino nell’affermazione della propria identità artistica attraverso una collettività sentimentale, che si potrebbe definire “Romanticismo Relazionale”; cifra del lavoro della Jermolaewa è proprio determinare azioni di semplice e discreta fattura, facendole slittare verso il loro opposto attraverso un significato eufonico.
Le opere di Anna Jermolaewa al Padiglione Austria alla Biennale
Il contrasto interiore/esteriore dell’opera Ribs (2022/24) ma soprattutto il carattere anonimo/personale di Untitled (2024), sofisticato readymade di sei cabine telefoniche provenienti dal campo profughi di Traiskirchen, non solo maturano l’aspetto temporale presente in tutta la mostra, ma rendono vivida quell’idiosincrasia di Stranieri Ovunque.
Senza stravolgimenti, l’efficacia di un lavoro artistico si nota anche nella perseveranza e nella resistenza di compierlo quotidianamente, lasciando filtrare il mondo circostante in un tempo dovuto, proprio come in una rivoluzione “passiva”.
Luca Sposato
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