La pouring art di Harm Gerdes arriva a Milano
Alla sua quarta collaborazione con Peres Projects, l’artista tedesco porta la sua tecnica distintiva in Italia, affascinando il pubblico con dipinti che sembrano staccarsi dalle pareti
Tedesco di origini, ma con lo studio in cui lavora a Kallithea, a due passi da Atene, nel cuore dell’Ellade greca. È questo Harm Gerdes (Darmstadt, 1994): giovane artista sperimentatore, ormai da qualche anno orientato alla tecnica del pouring. Tecnica antichissima – risalente addirittura agli albori della Cina – ma allo stesso tempo moderna: perché da lui trattata in modo nuovo, e con materiali altrettanto contemporanei. Non c’è pennello (almeno negli step di lavoro iniziali), ma solo un unico fluido di colore, versato sulla tela come fosse uno scroscio a cascata. È così che comincia la creazione di ognuna delle opere presentate in occasione della sua prima mostra in Italia. A Milano, nella sede di Peres Projects a Palazzo Belgioioso. Grandi tele dai colori graffianti e iridescenti, di un’astrazione che non manca di ispirare rimandi e interpretazioni vicine alla realtà.
Harm Gerdes: tra pouring art e mitologie classiche
Una pittura, quella di Harm Gerdes, che abbraccia il sintetico per scelta, impiegando materiali plastici in tutto il processo creativo. La sua pouring art – pittura liquida versata direttamente sulla tela – utilizza supporti in fibra di nylon, e colori acrilici. Così facendo, la tecnica tradizionale assume connotati contemporanei, che permettono di ottenere risultati dalle tinte brillanti e iridescenti. Una volta messo a punto lo schizzo, la tela accoglie la vernice, direzionata da listelli di plastica che, riscaldati, aderiscono alla superficie e fanno da contorni alle aree da colorare. Asciutto questo primo strato, ombreggiature e dettagli sono aggiunti e rifiniti con pennelli e bombolette spray. L’effetto è quello di forme che sfidano la bidimensionalità: spigoli e poligoni che fuoriescono dalla parete, fluttuando nello spazio condiviso con l’osservatore. “Una cosa che mi piace deumi materiali che uso è la loro capacità di catturare la gravità”. Parole che si comprendono solo al cospetto dei suoi dipinti, quando ci si avvicina alla tela per capire se la tridimensionalità sia realtà o illusione.
I miti antichi di Harm Gerdes in mostra da Peres Projects a Milano
Per uno che ha lo studio in Grecia, rimanere estraneo alla mitologia di cui è intrisa questa terra è impossibile. Ne deriva che una buona parte dei suoi lavori conserva tracce di dèi, eroi, e titoli dalla chiara etimologia greca. L’opera che accoglie in mostra – Narcissus – riprende il mito greco del giovane innamorato del suo riflesso. Si tratta infatti di una tela dall’immagine speculare: sopra, e sotto. Quale sia “l’originale” tra i due potenziali riflessi non si sa. È invece verosimile un tributo a La Danse di Matisse in quelle macchie di colore acrilico che si rincorrono eseguendo movimenti quasi circolari. E si rimane in Grecia scoprendo il lato opposto della parete che ospita il dipinto appena detto. Su indicazione precisa di Gerdes, lì è esposta la sua interpretazione di Ebe: divinità della giovinezza, figlia di Zeus ed Era. Le forme create dall’artista per questo soggetto – con simmetria verticale – paiono tratteggiare un ritratto a mezzo busto. Quasi un automa, un alieno di cui sono lasciate scoperte le viscere.
Le altre opere di Harm Gerdes in mostra da Peres Projects a Milano
Per le proposte successive, tutte realizzate tra il 2023 e il 2024, ci si distacca dalla mitologia classica, per indagare piuttosto altre forme organiche, che oscillano tra umano, natura e astrazione. Ogni geometria nasconde qualche riferimento personale, o alla storia dell’arte; ma non manca l’istinto che guida il flusso di colore puro versato sulla superficie. In Sideral Bouquet, ad esempio, c’è un intenzionale richiamo a Escher, che si accompagna a quello che – interpretando il titolo – dovrebbe essere un mazzo di fiori. Non viene voglia di avvicinarsi ad annusarne il profumo: meglio restare a qualche metro di distanza per poterne cogliere l’effetto tridimensionale sempre incredibile.
Ultima opera a non passare inosservata è Agape Half Way. Ancora un nome greco – termine associato all’amore universale che abbraccia tutti gli uomini – tradotto in un coro di forme che simulano ora il legno, ora l’acciaio, e persino l’acqua. Acqua impetuosa, increspata di bianco: La Grande Onda di Hokusai reinterpretata alla luce della pouring art.
Emma Sedini
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