Alla scoperta della casa di Domenico Ghirlandaio a Colle Ramole. Dove oggi si può dormire 

Quella che fu la dimora suburbana di Domenico Ghirlandaio è oggi un luogo dedicato all’ospitalità esclusiva, dove si respira la storia del territorio e si trovano degli affreschi che celebrano la famiglia di artisti

Era il 1482 quando il celebre pittore Domenico Ghirlandaio diventò proprietario di un podere ubicato nel contado fiorentino, in una località detta Colle Ramole. Domenico era figlio di Tommaso Bigordi, artigiano che lavorava l’argento e materiali meno preziosi facendone spesso delle ghirlande che adornavano il capo delle giovani damigelle fiorentine – da qui il soprannome con cui sono noti gli esponenti della famiglia – e alla morte del pittore fu il fratello David a prendersi cura della numerosa prole, compreso il figlio Ridolfo. Quest’ultimo, come del resto il premuroso zio, ereditò da Domenico una spiccata sensibilità artistica: Ridolfo fu infatti un pittore prolifico, assai apprezzato dai Medici nonché da Raffaello, che lo avrebbe voluto al proprio fianco nel cantiere vaticano. Il podere, che all’epoca comprendeva anche una fornace usata probabilmente dai Ghirlandaio per la produzione di tessere da mosaico, rimase nella disponibilità della dinastia fino al 1562, passando poi per vari cambi di proprietà fino all’acquisizione, nel 2010, della famiglia Cecchi a cui si deve l’accurato restauro degli edifici, delle pertinenze e la cura degli uliveti che circondano la località.  

La cappella dei Ghirlandaio a Colle Ramole 

La traccia più suggestiva della residenza a Colle Ramole dei Ghirlandaio si è conservata nella cappellina, che peraltro è ancora oggi aperta a chi la desidera visitare. La parete absidale del piccolo oratorio è infatti decorata da affreschi, attribuiti a Ridolfo che probabilmente li dipinse attorno al 1518, che per lungo tempo sono stati nascosti da pesanti scialbature, tornando alla luce in parte nei primi Anni Cinquanta e in parte durante il restauro del 2014. I dipinti raccontano il legame del luogo con i Ghirlandaio: sopra l’altare campeggia una Madonna con bambino e i santi Domenico e Benedetto, evidente omaggio al celebre pittore e a suo fratello. Non sembra inoltre casuale che i due angeli ai lati dell’arco reggano delle ghirlande. Sulle pareti laterali si sono conservate ulteriori figure, anch’esse riconducibili a esponenti della famiglia: quasi un albero genealogico con i ritratti dei Ghirlandaio, insomma.  

L’ospitalità di Dimora Ghirlandaio 

Quell’antica dimora suburbana è oggi diventata un luogo dell’ospitalità. Dimora Ghirlandaio, come è stato chiamato il podere, comprende infatti cinque edifici con giardino privato, tra cui la villa principale, e può accogliere circa 40 ospiti. Ma la formula del tutto originale: chi vi vuole soggiornare non può prenotare una camera o una delle ville, ma l’intera tenuta. Va da sé che il target è a dir poco esclusivo. 

Le terracotte di Dimora Ghirlandaio


L’esperienza del resto è notevole: il podere è parte integrante di quel paesaggio collinare proverbiale, dove le alture ricoperte di ulivi si fondono armonicamente con i borghi toscani, con le tradizioni locali – a poca distanza le fornaci di Impruneta da secoli sfornano terrecotte pregiate – e con un’enogastronomia che si esprime grazie a prodotti inimitabili. Come l’olio d’oliva che ancora oggi viene prodotto nella tenuta e che avvolge con il suo profumo i piatti serviti agli ospiti e le degustazioni per scoprire la preziosità di questo condimento. Ogni soggiorno, a Dimora Ghirlandaio, è progettato su misura: basta chiedere per poter partecipare a esperienze tra le più varie, e ovviamente non può mancare un ristorante, una piccola Spa negli ambienti ipogei della villa e una piscina nel curatissimo giardino. 
 
Marta Santacatterina 

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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