Urbs Scripta. C’è un festival dedicato ai graffiti storici di Venezia
Abbiamo intervistato lo scrittore Alberto Toso Fei, che insieme alla storica Desi Marangon è ideatore e direttore del festival Urbs Scripta, una mappatura e una celebrazione dei graffiti storici di Venezia e di Chioggia
Urbs Scripta, in corso dall’8 al 12 maggio nei luoghi più significativi di Venezia e di Chioggia, è la prima rassegna dedicata ai graffiti storici in Italia, giunta alla sua seconda edizione.
Il festival (costituito da visite speciali, convegni, mostre, tour notturni, esperienze tattili, cacce al tesoro, presentazioni di libri, corsi di fotografia e altro ancora) è nato nel 2023 “sulla scorta di un libro, I Graffiti di Venezia(Lineadacqua 2022, seguito da Venezia Urbs Scripta, Editoriale Programma 2023), creato attraverso il censimento, la mappatura, la raccolta e lo studio di tutto l’apparato grafico storico presente in città”, afferma Alberto Toso Fei. “Cinque anni di lavoro, condotti fianco a fianco con la storica Desi Marangon, che ci hanno portato a visionare ogni corte, calle, fondamenta, angolo della città, passando al setaccio ogni porta, balcone, stipite, colonna; dopodiché, siamo entrati nei luoghi più significativi: Palazzo Ducale, la Basilica di San Marco, l’Arsenale, alla ricerca di segni – graffiati o dipinti – che riguardano un arco di tempo di quasi mille anni, tra l’XI secolo (rappresentato dalle rune vichinghe incise su uno dei leoni del portale dell’Arsenale) fino al 1945, anno nel quale ci siamo fermati facendo nostra la norma che prevede il vincolo sui beni culturali più vecchi di settant’anni. Il festival, così come i libri, è un tassello di un più vasto progetto di “public history” che prevede diverse altre azioni: incontri, conferenze, lezioni, anche il gioco con i bambini”.
Intervista ad Alberto Toso Fei sul festival Urbs Scripta
Questa è la seconda edizione. Cosa c’è di nuovo rispetto alla prima? A chi si rivolge?
Si rivolge a tutti: alle famiglie, per le quali organizziamo una caccia al tesoro lungo tutta la città, ma anche agli esperti di paleografia e linguistica, che intervengono a una giornata di studi all’Ateneo Veneto; abbiamo una mostra fotografica con calchi in gesso per un’esperienza tattile e una visita al Fontego dei Tedeschi – una vera miniera di marche mercantili medievali – riservata ai non vedenti; e poi visite guidate a Palazzo Ducale e alle sue prigioni, o al Lazzaretto Nuovo dove marinai in attesa per la quarantena o facchini hanno lasciato testimonianze entusiasmanti e uniche; non ultimo, un dibattito-ring tra writers e associazioni per il decoro, intitolato A chi appartiene la città, che si interroga sulla percezione dello spazio pubblico nel corso dei secoli; il Festival dissemina anche cartelli banchi in giro per la città, dove sta scritto “Lascia il tuo segno”. Ne escono sempre cose interessanti. Onestamente, non esiste una esperienza simile non solo in Italia, ma in tutta Europa…
Venezia e i graffiti. Quale relazione c’è? E quale con Chioggia?
Venezia è una città piena di segni! Nel corso degli anni ne abbiamo riconosciuti e mappati oltre seimila (di ancora leggibili): immagini e storie scolpite sulla pietra, che raccontano di navi, cronache, figure umane; slogan per l’elezione dei dogi o lamentazioni dei prigionieri; giochi, nomi, croci e date. Un insieme straordinario di presìdi di memoria, disseminato lungo tutta la città e le sue isole; nelle chiese, nei palazzi, sui monumenti, che è parte della storia viva lasciata sulle pietre dalle persone comuni (in un modo che forse non ha eguali in nessun altro luogo, per estensione e bellezza), che nel raccontare le loro storie rendono improvvisamente i monumenti della città portatori di significati più profondi e diversi, senza smentire tuttavia mai la storia ben più sontuosa, scritta da dogi, artisti, poetesse, regine e capitani da mar alla conquista dell’Oriente. La città – pur cambiando moltissimo (per esempio con l’abbattimento di oltre cento, tra chiese e monasteri, tra Otto e Novecento) – si è preservata in realtà più di altre, nei secoli. E queste migliaia di segni sono parte del retaggio del suo passato. Quanto a Chioggia, tra i vari segni (fino a pochi anni fa nei depositi antichi dei pescatori si potevano identificare dei segni di contabilità inventati da loro, che spesso non sapevano leggere o scrivere) si trovano quelli delle maestranze che hanno costruito i Murazzi di Sottomarina, la poderosa difesa a mare concepita nel Settecento.
“I graffiti antichi stanno diventando sempre più pop”. È davvero così? Ma soprattutto, è davvero un bene?
Cominciamo col dire che sì, è un bene; i graffiti antichi – sia che raccontino di un’esecuzione trecentesca o inneggino a Gino Bartali – parlano comunque sempre di noi e della nostra storia. Una storia “dal basso”, a volte disegnata da chi non sapeva scrivere e che diventa voce di tutti e tutte coloro che nel corso della storia non hanno avuto voce. Aiutano ad ampliare una visione del passato e in qualche modo la rendono più completa. Peraltro, “graffiti” è un termine internazionale e onnicomprensivo che viene usato per la prima volta in Italia, in relazione alle scritte murali di Pompei. Impadronirci di quegli aspetti della storia significa riabbracciare le nostre radici. Le città, nel corso dei secoli, sono state sempre “scritte”; la percezione di una città pulita – né giusta né sbagliata: noi ci poniamo in osservazione dell’atto di scrivere, senza formulare giudizi nel merito – è tutta tardo novecentesca.
Fascinazione o mistero. Qual è la reale forza, quale il reale valore dei graffiti storici oggi?
Fascinazione e mistero. I graffiti affascinano perché – tra l’altro – sono una sorta di “tempo zero” della storia: improvvisamente compaiono nei luoghi della nostra quotidianità, dove non li avevamo mai notati, e dove stazionano da quattro, cinque, sei secoli; è come se la persona che li ha tracciati, in qualsiasi epoca, si sia allontanata qualche istante prima; la percezione è quella; e sebbene quel messaggio affidato al tempo non sia stato scritto espressamente per noi, il fatto che ce lo troviamo davanti, che lo possiamo leggere e interpretare, ce lo rende personale e privato. è come se si instaurasse un rapporto invisibile, tra noi e l’autore di quel segno, che attraversa il tempo. Per altri versi, i graffiti sono la prima forma artistica concepita dall’uomo (e dalla donna: sono probabilmente di donne, le mani più antiche impresse sulle pareti delle grotte), e la prima espressione grafica che l’essere umano conosca: subito dopo il suono, e prima di ogni scrittura cognitiva, è il segno impresso sulla pietra ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato. Millenni di irresistibile necessità di lasciare una traccia del nostro passaggio, di raccontare qualcosa di noi.
Nella vostra ricerca di graffiti, qual è la cosa più assurda o bizzarra in cui vi siete imbattuti?
Su una colonna della Loggia Foscara, il bellissimo passaggio quattrocentesco sopraelevato di Palazzo Ducale, abbiamo rinvenuto una scritta in porpora molto particolare: sembrava greco senza esserlo, e cirillico senza convincere pienamente. Così l’abbiamo inviata all’università di Novosibirsk (ogni azione complessa è stata coordinata sulla base delle competenze più alte), ma ci è stato detto che non si trattava di cirillico, bensì del suo “antenato”, il glagolitico (la prima forma di scrittura della lingua slava), e di rivolgerci a qualche ateneo della Croazia: all’università di Zagabria hanno letto una data, il 1470, e un nome: Blaž. Ebbene, in quel periodo a Venezia soggiornò a lungo Blaž Baromić, che fu lo stampatore del primo libro croato della storia, qualche anno più tardi. L’equivalente di Aldo Manuzio per l’Italia. Certo, dovremmo avere una macchina del tempo e verificare che sia stato veramente lui, ma diciamo che gli indizi sono veramente molti. E questa è solo una di mille storie, che il meraviglioso corpo di pietra di Venezia, che è corpo vivo, continua a regalarci: da due anni ormai entriamo nei palazzi antichi, perché ci chiamano quando trovano dei segni… ne vedrete ancora delle belle.
Margherita Bordino
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