Perché gli artisti italiani disertano i dibattiti?
Si è parlato di Rivoluzione digitale e mercato dell’arte a Roma in un convegno chiamato “The Art Symposium”, ma gli artisti non c’erano. Eppure sono coloro che creano valore e sfamano un mercato sempre più gonfiato
Il 27 maggio 2024 si è tenuto alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma un simposio organizzato da Guido Talarico (direttore e fondatore della rivista InsideArt) e dalla nuova direttrice del museo Cristina Mazzantini. Dalla mattina fino al pomeriggio inoltrato vi sono stati una serie di panel. Titolo dell’evento The Art Symposium.
Artisti assenti ai dibattiti: mercato e rivoluzione digitale
Io ho assistito ai due incontri pomeridiani, quelli sulla Rivoluzione Digitale e quello su Collezionismo e Mercato. Ho trovato molto interessante tutto ciò di cui si è parlato. Ma ho notato (o così mi è sembrato) che ero l’unico artista presente. Tanto è vero che al termine dei lavori, un ragazzo che faceva le riprese video e di cui non ho capito bene il nome a causa della mia sordità ormai galoppante, si è entusiasticamente avvicinato, chiedendomi se fossi io Pino Boresta, proprio io in carne ed ossa. Pensavo mi prendesse in giro, ma quando ha aggiunto aneddoti e ricordi, ho capito che era sincero e molto simpatico. Avrei voluto scambiare con lui qualche parola, ma non volendo distoglierlo dal suo impegno nelle riprese ho desistito. Ha comunque apprezzato i miei adesivi (alcuni anche firmati) di cui ho voluto fargli dono.
Non capisco per quale motivo molti artisti disertino e trascurino questi importanti argomenti, di cui si è dibattuto nei vari incontri del simposio. Riflessioni importanti sono venute fuori quando, parlando dell’intelligenza artificiale, Alberto Gambino ha fatto emergere, raccontando un fatto realmente accaduto, la troppa importanza, anzi forse sarebbe più giusto dire il troppo valore, che si attribuisce alle risposte che l’AI offre a chi la interpella.
Arte e collezionismo senza Intelligenza Artificiale
Altra riflessione importante quando, nell’ultimo panel, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo ha messo in luce, a seguito di una domanda del moderatore Angelo Crespi, la sua passione di collezionista che compra ancora opere che le piacciono, e non in quanto forma di investimento come si fa con le azioni o Btp. Argomento di cui ho trattato più volte nei miei testi. Così ho infatti scritto in uno dei miei ultimi Articoli su Artribune “Io credo che una fiera d’arte, per quanto possa essere un evento commerciale, se diventa priva di contenuti culturali finirà inevitabilmente per perdere appeal. Perché, forse, sarò un utopico sognatore ingenuo, ma rendere le fiere una sorta di mercato azionario dove comprare: Btp, Buoni del Tesoro Poliennali, Obbligazioni o Titoli di stato, può solo inaridire il mondo dell’arte facendogli perdere completamente la missione culturale ed intellettuale che dovrebbero avere.”* O ancora meglio come detto su Unfolding intervistato da Stefania Vaghi nel 2021 “Ho riflettuto più volte su questa faccenda del mercato dell’arte, e trovo ridicolo che gli artisti, che il più delle volte vivono e muoiono in povertà, sono coloro che in realtà, non solo creano e producono ricchezza, ma la sfamano. Gli artisti con le loro mani, con le loro storie e le loro idee danno origine a quella ricchezza che diventa spesso bene rifugio per un ristretto gruppo di abbienti che ha bisogno di diversificare i propri investimenti. Spesso gli artisti sono solo lo strumento per produrre e mettere in circolazione del valore capitale. Un valore variabile rappresentato dalle loro opere, come fossero una sorta di zecca che batte moneta e la mette in circolazione. Ma mentre il valore della moneta lo fa lo stato sulla pelle dei cittadini, quello delle opere, cioè il loro controvalore, è sulla pelle dell’artista, (…)”.
Arte e sistema dell’arte
E continuando ho ancora meglio spiegato:
“Il problema non sono i pregiudizi sugli artisti, il problema spesso sono gli artisti stessi. Quanti artisti pensano di giocare con l’arte o con il sistema dell’arte, quando in realtà è il sistema dell’arte che gioca con loro, facendogli credere di essere grandi artisti solo perché le loro opere vengono comprate a milioni di euro o dollari. Io credo che ai più intelligenti di questi, sia venuto sicuramente il dubbio, di essere in realtà solo pedine funzionali al sistema capitalistico ormai globalmente riconosciuto vincente. Del resto, il sistema economico mondiale movimenta enormi capitali economici sempre più ingenti; ed oro, platino, diamanti ecc. non sono più in grado di supportarne il controvalore. Per cui, così come in passato, si pensò, per necessità e comodità, di sostituire alla circolazione delle monete d’oro o d’argento delle semplici banconote, che avessero il loro controvalore nelle casseforti degli Stati sovrani, qualcuno ha pensato ad un certo punto, visto che intorno all’arte girano un sacco di soldi, di adoperare come controvalore alle banconote le opere d’arte degli artisti. Ma qui sorge il problema: mentre l’oro ha un valore che può fluttuare ma è più o meno stabile e garantito, così come avviene per i titoli quotati in Borsa anche le opere d’arte non hanno garanzie certe, specialmente se sono opere d’arte contemporanea. È stato a questo punto che qualcuno nel tentativo di garantire un controvalore certo, o almeno di una certa sicurezza, si è inventato il sistema dell’arte?”.
Il valore delle opere d’arte
Qualcuno ha detto che il prezzo non è fatto dal reale valore di un’opera, ma da quello che qualcuno è disposto a spendere per avere quell’opera, e questo è il motivo per il quale spesso opere di artisti contemporanei costano di più di importanti opere del passato. Allora, alla luce di quello che ho sopra riportato, auto citandomi, mi chiedo: non sarà che nel mondo vi sia la così forte necessità di una politica di Quantitative Easing che si sta tentando di colmare questo buco attribuendo valori eccessivi ad opere d’arte? Aveva quindi capito tutto Lucio Fontana quando disse “Il compito dell’arte nei valori sociali, morali e spirituali è nullo. L’artista interviene nella società a mantenere viva la ragione di essere uomo”.
Pino Boresta
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