Riapre la casa museo piemontese di Alessandro Manzoni: manoscritti e brandelli di storia d’Italia
Un piccolo tesoro di lettere tra intellettuali, libri antichi ed edizioni rare è appena tornato visitabile in provincia di Novara, sulle sponde del Lago Maggiore. Con piani di digitalizzazione in vista
Che il Don Lisander appartenga a Milano, e la città a lui, è cosa che ogni meneghino si sente di poter dire con certezza e orgoglio. Ma molti milanesi non sanno che oltre alla ben nota casa di via Morone, sede del Centro Nazionale Studi Manzoniani, c’è una seconda casa, in Piemonte, che ha ospitato il leggendario autore e padre dei Promessi Sposi per alcuni anni. Sulle sponde novaresi del Lago Maggiore, nella cittadina di Lesa, c’è infatti Villa Stampa, la casa della seconda moglie dello scrittore, che accolse la sua famiglia durante i turbolenti anni della Primavera dei Popoli. Ora, dopo due mesi di riqualificazioni per la ricostruzione di tetto e pavimenti e l’installazione di protezioni ignifughe, questo piccolo museo riapre al pubblico con un tesoro ancora intonso.
La casa museo di Manzoni in Piemonte
La casa museo di Lesa è parecchio più piccola di quelle a cui siamo abituati in Italia, dato che non occupa tutto lo spazi della grande villa vista lago. All’interno della dimora nobiliare di via alla Fontana 23 – che ospita anche appartamenti, attività commerciali e uffici – il museo si raccoglie tutto in una saletta di sessanta metri quadri. Qui risiedono tutti i documenti manzoniani rimasti in eredità alla casa: c’è una grande quantità di lettere e scambi tra Manzoni e i migliori intellettuali del suo tempo, da Verdi a Rosmini, ma anche disegni, libri antichi ed edizioni rarissime – come la prima dei Canti di Leopardi –, raccolti nelle due librerie appartenute al poeta risorgimentale Giulio Carcano (peraltro vicino di casa e assiduo frequentatore della villa).
Alessandro Manzoni in Piemonte
Ma cosa ci faceva il Manzoni nel novarese? Per rispondere a questa domanda dobbiamo comprendere l’entità del tumulto della Primavera dei popoli, uno dei molti nomi dati ai moti del 1848. L’ondata rivoluzionaria levatasi contro i regimi assolutisti di mezza Europa – che puntava a sostituire le vecchie strutture monarchiche con nuovi Stati-nazione – portò a Milano a una sollevazione popolare massiccia (cioè le Cinque Giornate) e una crudissima repressione austriaca. Un clima parecchio teso e pericoloso, che spinse Manzoni e famiglia a scappare per un paio d’anni nella villa della seconda moglie Teresa Borri (vedova Stampa, da cui il nome della casa), che si trovava dentro lo stato sabaudo. Qui viveva già il figlio di primo matrimonio di Borri, Stefano Stampa, a sua volta pittore allievo di D’Azeglio e Hayez.
Lo studio dei manoscritti nella casa museo di Manzoni a Lesa
Come riportato da La Stampa, il patrimonio manzoniano di Lesa verrà catalogato e digitalizzato (e parzialmente pubblicato) nell’arco dei prossimi anni dal gruppo dei volontari del museo, capeggiati dall’esperto e custode Alberto Sormani, mentre prima di allora sarà accessibile quattro ore al giorno per quattro giorni a settimana a chiunque voglia vedere da vicino alcune chicche della storia d’Italia. Non solo gli studiosi di letteratura e studi manzoniani, gli storici modernisti e gli italianisti, ma anche gli amatori potranno infatti riscoprire documenti unici come la nomina del Manzoni a presidente della Commissione per l’unificazione della lingua italiana del 1862. Un primo tassello di quell’Italia appena nata e tanto a lungo combattuta.
Giulia Giaume
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