L’Accademia di Belle Arti di Bologna invade le gallerie della città 

L’Accademia trasforma l’arte in dialogo con il pubblico, creando mostre che divengono luoghi di riflessione. Ecco due mostre da non perdere nella decima edizione di Open Tour

L’Accademia di Belle Arti di Bologna, per il decimo anno consecutivo, invade 28 location tra gallerie e spazi privati della città con la rassegna artistica Open Tour, creando un incontro tra il lavoro di ricerca degli studenti e la sua esposizione negli spazi dedicati all’arte. Le gallerie hanno accolto alcune mostre che hanno cercato di andare oltre il ruolo di semplice esposizione artistica, divenendo spazi di riflessione personale e sull’ambiente circostante. Vediamo gli esempi della Galleria Studio G7 e della P420 Art Gallery

La mostra “Metaskēnē” alla Galleria Studio G7 

La Galleria Studio G7 indossa le vesti di spazio ibrido di introspezione grazie alla mostra Metaskēnē a cura del Collettivo Urano (Veronica Camastra, Iacopo Cotalini, Mariarosa Cuccitto, Neva Reali). Alla mostra è stata conferita la menzione speciale inedita per un progetto curatoriale da parte della giuria del premio ArtUp, promosso dalla Fondazione Zucchelli. Le opere degli artisti James Hillman e Aleksandar Petkov si intrecciano con quelle di Ermes Armellini e Martina Ferraraccio, studenti del Triennio di Scultura dell’Accademia di Belle Arti. L’esposizione si configura come un paesaggio metafisico che, richiamando l’etimologia greca dei termini meta (oltre) e skene (scena, palcoscenico), introduce una sottotraccia di finzione quasi demiurgica. Le sculture stratificate di Petkov dialogano con i calchi e le fotografie di Armellini, esplorando i confini tra il materiale e l’immateriale. Le pitture di Hillman, invece, caratterizzate da un’astrazione naturalistica, richiamano le sculture pittoriche di Ferraraccio, che offrono una delicata riflessione e una nuova indagine sulla tecnica e sui materiali. Questo approccio dà origine a uno spazio trascendentale, distante e di astrazione mentale. L’esposizione dunque mira a creare uno scenario in cui visioni quasi metafisiche di paesaggi mentali si intrecciano a sovrapposizioni materiche legate al corpo, che diviene elemento attivo nello spazio. Il risultato è una sinfonia visiva che sfida le percezioni e stimola la riflessione, trascinando lo spettatore in un viaggio oltre i confini della realtà tangibile. 

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La mostra “Tre angoli, una porta e una colonna” alla P420 Art Gallery 

Massimo Bartolini, artista del padiglione Italia alla 60° edizione della Biennale di Venezia, cura la mostra Tre angoli, una porta e una colonna degli studenti del Biennio di Scultura (Sara Cortesi, Dilan Persian, Tommaso Silvestroni, Anna Tappari, Federico Zamboni). Gli artisti sfruttano media di diversa natura quali scultura, installazione, suono e video, al fine di sviluppare un dialogo con lo spazio circostante. L’effetto è quello di essere catapultati in un luogo altro, lontano dal frastuono che si spande tra le strade attigue a quella della galleria P420. L’opera Ti Suonano I Capelli (2024) di Anna Tappari, protagonista della prima sala, si propone come riflessione sul vuoto attraverso un’installazione sonora da cui affiorano canti e respiri che si diffondono nella stanza. Segue Fontana II (2023) di Tommaso Silvestroni che si distingue per la sua presenza massiccia in virtù del cemento utilizzato come materiale prediletto. L’opera funge inoltre da intermediario con l’ultima sala, la quale qualitativamente diversa dalla prima, è caratterizzata dalla pienezza. Qui le opere si stagliano indipendenti l’una dall’altra formando una zona di complessità.  

Le opere in mostra da P420 a Bologna 

L’architettura organica Falena (2024) di Sara Cortesi crea un rifugio leggero, unendo elementi ecosistemici in cui il mondo animale funge da supporto scultoreo per le volute vegetali della struttura. Questa leggerezza si riflette nella vista aerea, frutto di una ripresa effettuata tramite il volo di un aquilone, protagonista del video Candiano (che sembra piatto all’aviatore che lo sorvola) (2024) di Tommaso Silvestroni. Nel video Teodora (2022) si vede invece una macchina compiere evoluzioni sul piazzale deserto, quasi volesse richiamare un atterraggio. Dilan Perisan, con Excavation of the Solaris (2020), trasforma mattonelle da cucina in vetrini da laboratorio per sculture originate da rifiuti. Federico Zamboni, con Vita di Milarepa (2024) e Passaggi (2021), tramuta elementi naturali, quali la pietra e il legno, rispettivamente in scultura e pittura, integrando alle tecniche e narrazioni dei suoi luoghi d’origine le esperienze di altre culture. Lo spazio della sala, luogo d’incontro di diversi materiali, è arricchito da Orecchino da parete (2024) di Sara Cortesi, un gioiello organico che illumina l’angolo più remoto della stanza con una luce che abbraccia splendore con leggerezza. 

Diana Cava 

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