Opera d’arte senza forma. Il caso del pittore Louis Fratino
Nella scheda che accompagna la descrizione del lavoro dell’artista trentunenne di New York alla Biennale di Venezia non una riga è dedicata alla sua pittura, lasciando prevalere il carico emotivo dell’opera
Certamente, una delle (poche) cose interessanti viste questa primavera alla mostra centrale della Biennale di Venezia è stata la pittura di Louis Fratino (New York 1993).
Chi è l’artista Louis Fratino
Ai quadri del giovane artista statunitense e è dedicata una sala del padiglione centrale ai Giardini: si tratta di una serie dedicata alla realtà in presa diretta della comunità queer. Secondo lo schema ormai quasi classico del contenutismo – che regola in maniera ferrea Stranieri Ovunque e la curatela di Adriano Pedrosa (come abbiamo visto qui e qui) – bisogna andare prima a leggere e controllare la didascalia: “Louis Fratino è un artista i cui dipinti e disegni del corpo maschile e degli spazi domestici catturano l’intimità e la tenerezza trovate nella vita quotidiana queer. Per questa Biennale Arte Fratino presenta una serie di nuovi dipinti che esplorano i modi in cui le persone LGBTQ+ socializzano per sopravvivere nel mondo come “outsider”. Questo nuovo corpus di opere critica la complessità delle dinamiche familiari che le persone queer devono affrontare, a partire dall’infanzia e fino all’età adulta. Attingendo a fonti visive personali, Fratino contrappone l’immagine della famiglia a viscerali rappresentazioni omoerotiche come modo per rendere visivamente complesse le tensioni tra i due mondi.”
Lo stile di Louis Fratino
Non un accenno, nella scheda compilata da Juan Manuel Silverio, allo stile. Che invece è l’elemento che subito colpisce nella serie pittorica di Fratino. Voglio dire: sembrerebbe abbastanza ovvio che sia innanzitutto la “pittura” a occupare il centro della scena, non dico del giudizio e della valutazione, ma almeno del racconto, quello proprio basico e elementare. E invece no. Anche qui, non una riga, non una parola per dire come dipinge questo trentunenne di New York: tutta l’attenzione è invece per “l’urgente carico emotivo” che connota il lavoro di Fratino.
Il quale, peraltro, è indubbiamente bravo. Non solo. Il suo stile (la forma, questa grande esclusa evidentemente, questa ripudiata nell’arte mainstream dell’ultimo quindicennio almeno) ci dice moltissimo non solo del tipo di artista che abbiamo di fronte, ma anche – e soprattutto; e finalmente, aggiungerei anche – del rapporto tra l’arte e la società e il costume in questo momento storico, così come di insospettati ritorni.
Arte e contenuto o contenutismo
Perché, se togliamo le lenti piuttosto pesanti del contenutismo, ci accorgiamo abbastanza facilmente che le figure che abbiamo di fronte (giovani uomini impegnati a ballare, a festeggiare, a cenare o a scopare) sono innanzitutto picassiane. E di un periodo preciso, cioè quello del personale ritorno all’ordine del pittore spagnolo (diverso, naturalmente, da quello o da quelli coevi italiani per intenti obiettivi e riferimenti), tra la fine degli anni Dieci con l’esaurirsi della fase sintetica del cubismo, a cui si rifanno esplicitamente peraltro gli interni e le nature morte di Fratino, e l’inizio degli anni Venti: è la pittura, per intenderci, delle Donne che corrono sulla spiaggia (1922) e del Flauto di Pan (1923). La lezione picassiana è ovviamente qui riletta anche attraverso il secondo ritorno all’ordine novecentesco, vale a dire il ritorno alla pittura di fine anni Settanta, post-concettuale e post-moderno: quindi, in questo caso, di certo gli americani (Julian Schnabel in testa), ma anche gli artisti europei come Jörg Immendorf.
Lo stile nell’opera di Louis Fratino
Lo stile così bistrattato, dunque, ha molte cose da dirci. Intanto, che questo ‘contenuto’ (la vita quotidiana nella e della comunità LGBTQ+, la rivendicazione dei diritti e dell’identità; la contrapposizione tra “l’immagine della famiglia” e le “viscerali rappresentazioni omoerotiche”) passa attraverso il recupero non di una o più fonti generiche – le misteriose “fonti visive personali” a cui accenna e su cui sorvola la didascalia – ma di uno stile ben preciso, e ancorato in punti precisi del tempo e dello spazio. Che non è, guarda caso, uno stile d’avanguardia ma quello dei due ritorni all’ordine, nel secondo e nel penultimo decennio del XX secolo: le due fasi cioè in cui l’arte supera, e rifiuta, l’approccio radicale dell’avanguardia storica e della neoavanguardia, e volge lo sguardo indietro (secoli o decenni, in fondo non importa poi molto…). Al recupero e allo sfruttamento di determinati, o indeterminati, valori plastici opportunamente rivisti e corretti: l’arte classica, il Quattrocento e il Cinquecento italiani, l’espressionismo tedesco, persino l’espressionismo astratto.
Linguaggio, forma e contenutismo
Mi sembra quantomeno interessante e degno di essere rilevato il fatto che il progressismo attuale (della società e del costume) si serva per affermare la propria identità artistica e cultura di un linguaggio fortemente legato, dal punto di vista storico, alla regressione e alla conservazione. Tutto sommato, è un po’ la cifra se vogliamo del contenutismo: il contenuto ‘forte’ necessita di un contenitore, di una forma, di un linguaggio rassicurante, non troppo ardito, un pochino passatista e polveroso (l’archivio di stampo concettuale, in questo senso, si rivela per esempio un veicolo efficacissimo).
Ed è anche la cifra, se ci pensiamo bene, della società attuale: le lotte per l’affermazione dei diritti e contro la discriminazione (di razza, di genere, di orientamento sessuale) non intercettano quasi mai, ancora all’altezza della metà degli anni Venti del XXI secolo – cento anni dopo i dipinti di Picasso citati, e cento anni dopo i Roaring Twenties di Francis Scott Fitzgerald, che sembrano oggi un sogno proibito per quanto erano evoluti e sfrenati… -, il conflitto all’interno della società, la lotta economica, la lotta contro la sperequazione delle risorse e l’iniqua distribuzione della ricchezza (la discriminazione profonda che sottende tutte le altre) — cioè la lotta di classe.
Christian Caliandro
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