La mostra di Giuliana Cunéaz a Brescia recensita da un grande collezionista

Come si distingue un’opera d’arte nell’era dell’intelligenza artificiale? È questa la domanda che ha colto il collezionista Tullio Leggeri, nel mezzo della mostra bresciana. Ecco dunque tutta la sua riflessione

Come si riconosce un’opera d’arte nell’era delle nuove tecnologie? Mi sono posto questa domanda in occasione della mostra di Giuliana Cunéaz (Aosta, 1959) al Museo di Scienze Naturali di Brescia. L’esposizione, dal titolo Il Processo, a cura di Ilaria Bignotti, Melania Massaro e Camilla Remondina, rientra nel progetto Meccaniche della Meraviglia realizzato con la regia di Albano Morandi. E devo dire di aver provato un immediato senso di meraviglia di fronte alle opere di Giuliana. 

Giuliana Cunéaz a Brescia secondo Tullio Leggeri

Sapevo che Cunéaz fosse tra le pioniere dell’arte digitale sin dai primi Anni Duemila, ma in questo caso non me ne importava nulla. Quando sono entrato, in molti hanno cercato di spiegarmi le sue opere… ma non li ascoltavo. Volevo vederle da solo con i miei occhi, senza condizionamenti, come ho sempre fatto sin dagli Anni Settanta, quando ho iniziato a frequentare gallerie e musei. E così ho scoperto che quei lavori hanno una forte componente emozionale. Alle pareti compaiono mondi misteriosi, che contemplano la natura senza mai rivelarla completamente. Nulla di descrittivo o di facilmente riconoscibile, ma solo visioni di una realtà che ci appartiene. L’artista li chiama Spiriti Guida ma potrebbero essere creature dell’inconscio dove s’intravedono uccelli, tori, bufali, serpenti.

La mostra "Meccaniche della Meraviglia" di Giuliana Cunéaz a Brescia
La mostra “Meccaniche della Meraviglia” di Giuliana Cunéaz a Brescia

L’intelligenza artificiale nelle opere di Giuliana Cunéaz

Solo dopo aver contemplato le dieci opere stampate su carta di cotone esposte sulle due pareti della sala, mi è stato detto che erano realizzate dall’artista con l’ausilio dell’intelligenza artificiale.  Poco dopo, ho visto che molti armeggiavano coi telefonini e mi sono accorto che attraverso il QR code l’opera si poteva animare. Il mio giudizio non si è spostato di un millimetro. A mio avviso, quelle che ho visto sono opere d’arte particolarmente significative, che identificano con chiarezza la nostra contemporaneità priva di qualunque certezza. E – come avviene per i lavori che amo o colleziono – non li ho capiti sino in fondo. Per me, l’arte è proprio la fase in cui anche lo spettatore si mette in discussione e cerca d’interrogare se stesso raggiungendo traguardi imprevisti. 

Tullio Leggeri e il Baco da Setola_Ph. Pierangelo Parimbelli
Tullio Leggeri e il Baco da Setola_Ph. Pierangelo Parimbelli

Arte e tecnologia secondo Tullio Leggeri

In queste opere c’è un uso accorto dei nuovi mezzi, ma soprattutto c’è molta poesia. E la cosa mi ha fatto riflettere, in una fase storica in cui si parla molto di tecnologia e assai meno di arte. Non dobbiamo confondere il mezzo con il fine, come troppo spesso si fa: in tantissimi casi gli effetti speciali prendono il sopravvento e noi ci lasciamo sedurre. Ma quella non è arte, bensì il luna park dei nostri tempi. A mio avviso, i principi estetici sono sempre gli stessi, qualunque sia lo strumento utilizzato dall’artista. Nella mia avventuorsa vita di collezionista, architetto e imprenditore, ho prodotto decine di lavori che hanno coinvolto tra gli altri Maurizio Cattelan, Gianni Pettena, Luca Vitone o Vedovamazzei. Tuttavia, mai mi sono sentito un artista, sebbene spesso il mio intervento sia stato fondamentale per realizzare installazioni che altrimenti sarebbero rimaste sulla carta. Sono convinto che l’aspetto tecnico non vada confuso con l’esito estetico

La mostra "Meccaniche della Meraviglia" di Giuliana Cunéaz a Brescia
La mostra “Meccaniche della Meraviglia” di Giuliana Cunéaz a Brescia

La tecnologia come mezzo nelle mani degli artisti

La tecnologia è una straordinaria opportunità, ma non è una religione. Rappresenta solo un’ulteriore opportunità nelle mani dell’artista-creatore. Una volta c’erano gli scalpellini che realizzavano le sculture, e molti artisti non avevano alcuna capacità manuale. Eppure nessuno si sognerebbe di assegnare i lavori agli scalpellini. Anche Alighiero Boetti per i suoi arazzi si affidava alle sarte dell’Afghanistan, ma erano funzionali al suo progetto. Oggi sembra che il tecnico possa sostituire l’artista, ma non è vero. Proprio di recente, nel campo degli NFT, sono saltati fuori un’infinità di personaggi che nulla avevano a che fare con l’arte; per fortuna sono scomparsi in poco, senza neanche godere del famoso quarto d’ora di celebrità. In questa fase è fondamentale riconoscere l’autorialità che non va messa in discussione, qualunque sia il mezzo utilizzato. Che sia marmo o intelligenza artificiale. E la mostra di Brescia è un esempio emblematico di un lavoro condotto da un’artista che non si è lasciata sopraffare dal mezzo ma lo ha dominato con sapienza e sensibilità rendendolo funzionale alla sua poetica. 

Tullio Leggeri

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Redazione

Redazione

Artribune è una piattaforma di contenuti e servizi dedicata all’arte e alla cultura contemporanea, nata nel 2011 grazie all’esperienza decennale nel campo dell’editoria, del giornalismo e delle nuove tecnologie.

Scopri di più