I fiori sopravvissuti a Roma. La mostra di Silvia Cini al Museo Orto Botanico 

Una riflessione profonda sulla capacità della natura di resistere all'urbanizzazione. Un progetto che racconta il mondo vegetale spontaneo come forma di persistenza della memoria nell'evoluzione della città

È stato l’incontro con le opere Enrico Coleman (Roma, 1846-1911), artista che ha combinato sensibilità romantica e rigore scientifico nella rappresentazione della flora e della fauna, a ispirare ispirato il progetto artistico di Silvia Cini (Belluno, 1977) esposto al Museo Botanico di Roma. 

Il progetto di Silvia Cini al Museo Botanico di Roma 

Il titolo del progetto, Avant que nature meure, cita infatti un testo del 1965 dello scienziato Jean Dorst, uno dei padri dell’ambientalismo per il suo appello alla riconciliazione tra l’uomo e l’ecosistema. Tra il 1893 e il 1910, Coleman dipinse acquerelli di orchidee spontanee, documentandone il nome e il luogo di ritrovamento. Da questa mappatura ante litteram della biodiversità romana, Cini ha avviato nel 2015 una ricerca sulle fioriture odierne sopravvissute nel contesto urbano, con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini e le autorità alla salvaguardia delle specie esistenti. Un abito in tulle sospeso, ispirato ai camici delle biologhe dell’Orto Botanico di Budapest e ricamato a mano, apre il percorso espositivo. I ricami evocano la tradizione del popolo Matyò, famoso per i suoi abiti decorati, riconosciuti dall’UNESCO. Lo stesso abito, indossato da una performer a Budapest, è protagonista di un video che alterna immagini della danzatrice con quelle delle ricamatrici Matyò degli anni Venti. 

Le orchidee nella mostra di Silvia Cini 

Una serie di sculture di orchidee spontanee è stata realizzata dall’artista con la tecnica della galvanoplastica, un processo elettrochimico usato nei gabinetti scientifici mitteleuropei ai tempi di Coleman, che consente di ricoprire i fiori con un fine strato metallico. Altre sculture, in creta cruda, sono il risultato di un workshop al Museo PAV di Torino; il pubblico che le ha create le ha successivamente poste in ex aree verdi. Le prime piogge le faranno tornare semplice terra, testimoniando la natura impermanete della bellezza, ma anche la sua possibilità di rigenerarsi in nuove forme. La mostra include documenti e immagini delle orchidee spontanee, oltre una mappa digitale interattiva delle fioriture a Roma, che invita a partecipare al suo continuo aggiornamento tramite una open call sul sito del progetto. 

La riflessione sulla natura nell’opera di Silvia Cini 

“Avant que nature meure” rappresenta una riflessione profonda sulla capacità della natura di resistere all’urbanizzazione. Il progetto esplora il mondo vegetale spontaneo come forma di persistenza della memoria nell’evoluzione della città. Ogni paesaggio è infatti il risultato dell’intreccio di temporalità differenti: quello della natura, nel suo sviluppo lento, al limite di una apparente immutabilità; e quello dell’uomo, che negli ultimi due secoli ne ha stravolto i connotati. Il progetto dell’artista suggerisce un nuovo modello di sviluppo, capace di superare la concezione antropocentrica della città, mediante l’interazione tra esseri umani e non umani, in un superorganismo di cui essere parte integrante, non superiore. La fioritura spontanea delle orchidee in spazi non addomesticati diventa un marcatore per comprendere lo stato di salute delle aree urbane. “Avant que nature meure” di Silvia Cini è un viaggio tra arte e scienza, memoria e contemporaneità, per sensibilizzare sulla tutela della biodiversità urbana attraverso la bellezza fragile ma resiliente delle orchidee. Realizzato nell’ambito di Italian Council (XI edizione), il progetto prevede la destinazione di una delle opere all’Istituto Centrale per la Grafica, che conserva anche quelle di Enrico Coleman dalle quali è partito il tutto. 

Luca Vona 

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