In Svizzera l’arte contemporanea aborigena è protagonista
La fondazione Opale di Lens/Crans Montana in Svizzera promuove la conoscenza dell’arte aborigena australiana. Ecco perché
A cinque anni dall’apertura la Fondation Opale di Lens/Crans Montana (Vallese, Svizzera) ha inaugurato da pochi mesi i nuovi spazi che consentono di incrementare le attività dell’unico centro di arte contemporanea dedicato esclusivamente a far conoscere l’arte aborigena in Europa. Situata a 1.140 metri di altitudine, sui bordi del Lac du Louché, ai margini della strada che sale dal villaggio di Lens alla nota stazione turistica di Crans Montana, la Fondazione può ora contare su un nuovo edificio progettato dallo studio Évéquoz Ferreira di Sion che ospita un auditorio da 124 posti con un suo foyer, una biblioteca-archivio specializzata, spazi per la conservazione delle opere, una sala per riunioni e una terrazza vegetalizzata. Anche l’ingresso si fa ora dal nuovo edificio, a fianco della facciata che, in occasione dell’inaugurazione, è stata arricchita da un’opera dell’artista aborigeno Jackie Kurltjunyintja Giles Tjapaltjarri in pannelli di acciaio anodizzato evocante i temi sacri per la cultura dei nativi australiani.
La storia della Fondazione Opale
L’apertura della nuova ala è stata resa possibile grazie ai finanziamenti per un importo di 12 milioni di franchi svizzeri da parte della mecenate Bérengère Primat, del comune di Lens, della Banca cantonale del Vallese e della Lotteria Romanda. Bérengére Primat, 51 anni esponente di una famiglia di imprenditori francesi che vivono in Svizzera è il personaggio che ha voluto fortemente la nascita di questo centro espositivo e culturale nel cuore delle montagne vallesane. La sua collezione, nata da una passione personale coltivata da tempo, comprende più di 1500 opere di oltre 350 artisti aborigeni e costituisce uno dei fondi d’arte più importanti al mondo su questo tema. Le opere sono conservate nel nuovo deposito diviso in due sale: una dedicata ai dipinti, l’altra alle cortecce e ai diversi materiali usati dagli artisti aborigeni che, ai fini della conservazione, necessitano di particolari attenzioni per le condizioni igrometriche e di temperatura.
Le esposizioni di rilievo internazionale, che si susseguono a partire dall’apertura nel 2018, sono focalizzate sulle arti visive (pittura, scultura, fotografia, installazioni…), anche se non mancano incursioni in altre discipline come la musica, la letteratura, le arti performative. Tutte le esposizioni sono accompagnate dalla pubblicazione di un catalogo e da una programmazione che comprende atelier creativi dedicati al pubblico, residenze, conferenze, progetti accademici e incontri con gli artisti. Nella boutique-libreria del museo, membro dell’Indigenous Art Code, si trovano in vendita numerosi oggetti prodotti dalle comunità aborigene dell’Australia.
L’esposizione in corso dedicata a Bernhard Lüthi
Nella biblioteca archivio confluiranno presto i materiali (5.300 documenti, 5.000 diapositive, 150 opere su carta e altre 1.200 opere) raccolti da Bernhard Lüthi (Berna, 1938) al quale è dedicata la mostra attualmente aperta alla Fondazione: “Artiste Activiste Archiviste: Bernhard Lüthi Invite” (fino al 10 novembre). Si ha modo di seguire il percorso dell’artista e curatore di origine bernese che si è battuto, fin dagli anni ’70, per il riconoscimento dell’arte aborigena in Europa. L’esposizione ruota attorno a una selezione di opere dello stesso Lüthi e di artisti che lo hanno ispirato nel corso della sua presa di coscienza dei problemi delle popolazioni indigene e la conseguente denuncia degli esiti dolorosi del colonialismo e del razzismo nella storia australiana. Fin dal suo primo viaggio in Australia nel 1974, Bernhard Lüthi documenta l’importanza dell’arte parietale e stringe rapporti di amicizia con artisti e attivisti aborigeni che motivano il suo impegno per la causa dei nativi. Un coinvolgimento che continua ancora oggi, anche se il suo interesse si sposta gradualmente da una pratica artistica personale verso l’attività curatoriale per conto dell’ Aboriginal and Torres Strait Islander Arts Board, contribuendo a far conoscere l’arte aborigena in Europa attraverso esposizioni pionieristiche che hanno influenzato anche l’arte contemporanea occidentale. Si possono citare le mostre Magiciens de la Terre (Centre Pompidou e Grand Halle de la Villette, Parigi, 1989), Aratjara, art of the first Australians (Düsseldorf, Londra, Museo Louisiana Danimarca, 1993-1994), RARRK (Museo Tinguely, Basilea, 2005-2006).
L’archivio di Bernhard Lüthi
Parallelamente alla sua attività artistica e curatoriale, Lüthi persegue un’attività archivistica che lo appassiona e che riconosce come parte della sua attività creativa. Documenti, corrispondenza, audiovisivi, a partire dai primi pezzi che risalgono alla metà degli anni ’50, Lüthi conserva tutto meticolosamente, documentando la vita personale e professionale. Un’attività che lo ha portato a riempire 152 faldoni d’archivio che nella mostra della Fondation Opale sono presentati, essi stessi, come installazione artistica. In seguito, come accennato, saranno messi a disposizione dei ricercatori e del pubblico nella nuova biblioteca del centro culturale vallesano. “Questa esposizione è il racconto condensato del viaggio di tutta una vita e si conclude con la cessione dei miei archivi alla Fondation Opale. A mio avviso, il mondo dell’arte, come ogni parte della nostra società, può essere razzista. Non sono i centri d’arte, gli edifici a essere razzisti, ma le persone che dirigono questi spazi. Se essi avranno l’apertura mentale, se si prenderanno il tempo per consultare attentamente questi archivi, potranno apprendere molte cose. Questo è quello che mi auguro”.
Dario Bragaglia
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