L’estate di Lodi. Tra fiumi queer e nuove energie culturali positive 

Negli Anni Ottanta nasceva una estate culturale lodigiana, sull’eco di quella romana ideata da Argan. Come è oggi l’estate di Lodi? Calda, sudata e piena di fermenti. Li racconta l’architetto Carlo Orsini

L’estate a Lodi è calda, umido e zanzare, cieli bianchi di umidità e afa che azzera il respiro. L’estate a Lodi è una poetica di sofferenza, ma deliziosa se si ha un’attitudine masoch-padana. L’estate a Lodi, fa rima con noia, ma una noia assonnata di torpore umido e dopato.  

L’estate lodigiana sul fiume Adda 

Il caposaldo diurno dell’estate lodigiana è il fiume Adda, quello serale è la stagionale manifestazione del Comune, Lodi al Sole, che si svolge tutte le estati tra la piazza della Vittoria e altri spazi urbani, con rumorosi bar colonizzati dalla genZ di maranza e ragazzine con improbabili mini abiti.  

Lungo l’Adda si attestano i diversi luoghi per il tempo libero lodigiano: il Parco del Belgiardinio con la piscina comunale più popolare e di largo accesso; la Canottieri Adda, Ente Morale privato, con iscrizioni chiuse dal secolo scorso e con un pubblico più borghese, pettegolo e rinchiuso nelle sue piccole dinamiche; i gerali, piccole spiagge di ciottoli di fiume per un’esperienza più selvaggia; gli antri paludosi, dove la sensualità si esprime in modo topo-geografico.  

Il rapporto con il fiume è duplice: momento di piacevolezza estiva ed elemento da temere nella cattiva stagione. L’estate l’Adda è più dolce e sensuale, l’inverno più tumultuosa e pericolosa. Questo è indicativo della relazione di timore nei confronti dell’Adda: la città ha avuto una cinta muraria interrotta dalla Porta d’Adda verso il fiume; non ha mai costruito sulle rive per via delle esondazioni, ha usato il fiume più con un intento produttivo legato ai barcaioli e alle lavandaie, più extraurbano che urbano; ha caratterizzato socialmente la distanza dal fiume, relegando le classi inferiori nella città bassa e le classi abbienti nella città alta, più salubre e meno umida; ha costruito solo negli ultimi 50 anni timidi episodi edilizi fronte fiume che non hanno avuto seguito.  

Fare Collettivo
Fare Collettivo

La storia del fiume Adda e Manzoni 

Nel fiume, nei tempi passati, sono annegati molti ragazzi, morti poi attenuate dal divieto di balneazione per le acque inquinate: morti tornate alla ribalta per i bagni nel fiume di ragazzi immigrati, ignari della pericolosità della corrente e dei mulinelli.  

Il fiume genera empatia negativa, come il contenuto isterico di ogni immagine genera attrazione e repulsione.  

Per me l’Adda è un fiume femminile, nonostante l’Accademia della Crusca lo classifichi tra i fiumi maschili: “lo Adda”. Adda proviene dal nome di una dea celtica femminile. I romani, in latino, lo aggettivano al maschile. Alessandro Manzoni in un Idillio del 1803 “Adda” la nomina al femminile; ne I Promessi Sposi si adegua alla forma grammaticale maschile, ma nell’idillio è molto chiaro: Diva di fonte umil, non d’altro ricca che di pura onda (…) prima in terza persona, passando poi alla prima persona: “sol talor godo con l’innocua mano piegar l’erbe cedenti, e dale rive sveller fioretti per ornarmi il seno e le trecce stillanti” in un tripudio di sensualità L’Adda è quindi ufficialmente un fiume Queer che nella sua irruenza genera paura e nella sua sinuosità genera attrazione sessuale.  

L’Adda, il fiume queer 

È un fiume continuamente transessualizzato. In questo la sua attrattività estiva di una sensualità latente non manifesta, senza spiagge nudiste o boschetti di battige, come accade più a nord o in altri corsi d’acqua.  

Lodi al Sole, manifestazione culturale estiva emanazione dell’Amministrazione Comunale, è nata all’inizio degli Anni Ottanta, con una giunta di centro sinistra ed un sindaco socialista, sull’eco dell’estate romana di Nicolini, in un periodo in cui per fare cultura pubblica in Italia dovevi essere iscritto al Partito Socialista, o, sotto un altro punto di vita, tutta la produzione culturale pubblica in Italia era sotto il controllo del Partito Socialista.  

Al di là di considerazione storico politiche, la novità di utilizzare continuativamente il suolo della città per impiantarci semi di una cultura allora energetica e aperta a contaminazioni con sub culture alternative e senza la paura di essere “intellettuale”, aveva portato a buoni risultati nel coinvolgimento della città e del suo pubblico sudato.  

Dopo una decina di edizioni e il cambio di direzione politica e di indirizzo culturale, la manifestazione è andata via via trasformandosi perdendo di tensione culturale.  

Grazie al cielo da due anni, con la ventata di energia portata dal giovane Sindaco ventiquattrenne eletto nel 2023 (quindi giovane per davvero), la manifestazione sta riprendendo spessore e apertura verso le energie più nuove della città. In particolare, quest’anno due manifestazioni hanno riportato luce qualitativa alle notti lodigiane.  

Il programma culturale di Lodi 

L’energetico e un po’ folle Circolo del Porro (nomen omen) ha organizzato nel chiostro Cinquecentesco della Palazzo della Provincia il “Salotto del Drop”, un contest nazionale di beat box con la giuria ospitata su un logoro sofà in pelle sul palcoscenico e una decina di concorrenti che si contendevano il trofeo del Torneo che consisteva in una edizione lussuosa di un testo storico-artistico sulla Chiesa dell’Incoronata (!) gioiello rinascimentale di Lodi. Una bella serata, dove la risposta alle mie storie su IG era: “ma dove sei, a Berlino!?”.  

Altra preziosa energia, più strutturata e meno sgangherata, è stata portata dalla Associazione Argine, un gruppo di giovani, il cui nome ha uno specifico riferimento fluviale e concettuale, molto attivo in città nell’organizzazione di micro festival ed interessanti eventi: vicino alla riva del fiume hanno organizzato “Lodi al Buio”, un festival di tre giorni di musica techno house e live set, con un apparato illuminotecnico rarefatto e la capacità di settare uno spazio pubblico all’aperto creando atmosfera e intimità nella audiosfera di raffinati ripetitive beats. 

Il Fare Collettivo nel lodigiano 

Nuove energie, voglia di condivisione, urgenza di vivere lo spazio pubblico con interazioni qualitative e di integrazione, tensione alla creazione di comunità al cospetto delle espressioni artistiche: tutte caratteristiche presenti nella Associazione Culturale Platea Palazzo Galeano, un po’ mamma di tutti questi nuovi impulsi all’interno della città: nel programma di mostre del 2024 sono stati indagati gli aspetti del Fare Collettivo (titolo del ciclo di mostre) artistico con uno sguardo particolare alla rinuncia all’autorialità per una produzione artistica comune e condivisa, aspetto sempre più presente nelle espressioni artistiche contemporanee.  

Insomma, una Lodi sudata, in preda all’afansia (!), irritata dalle zanzare e intorpidita dal clima, ma con una chiara indicazione di Risveglio Civico condiviso all’interno delle diverse generazioni.  Que Viva La Bassa Siempre! 

Carlo Orsini 

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Carlo Orsini

Carlo Orsini

Carlo Orsini nato a Lodi il 01.08.1961, architetto e interior designer laureato in Architettura nel 1988 c/o il Politecnico di Milano. Da sempre curioso di tutti gli aspetti del contemporaneo, segue l'arte contemporanea e in particolare live art, performance e…

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