L’estate surreale del Mart di Rovereto. Le mostre da Luigi Serafini a de Chirico

Una ricognizione sull’arte fantastica e una monografica su Luigi Serafini indagano il lato surreale, straniante e non razionalista dell’arte italiana novecentesca e odierna

Fino a inizio anni Sessanta, la rilevanza diretta o indiretta del Surrealismo fu assoluta: i suoi echi stilistici erano onnipresenti, anche in ambiti lontani dai suoi principi. Svalutato in seguito perché considerato portatore di un onirismo che impediva all’arte di essere testimonianza della realtà, è tornato oggi di gran moda e viene reinterpretato secondo criteri aggiornati. Lo stesso accade, più in generale, all’arte “fantastica”, onirica, neometafisica, che viene ora celebrata anche dal Mart nella mostra Surrealismi, a cura di Denis Isaia. 
Non una ricognizione in senso stretto sul Surrealismo, dunque, ma una ricerca a tappeto che scova la traccia del surreale nell’arte italiana del secondo Novecento. SI parte da precedenti illustri come la metafisica di Giorgio de Chirico e Savinio e l’onirismo oscuro e psicanalitico di Alberto Martini, per giungere a una miriade di espressioni del secondo Novecento che tracciano una storia decisamente alternativa rispetto a quella più conosciuta.

Surrealismi al Mart: cartografia dell’inconscio

Sfilano così in un allestimento estremamente serrato spunti onirici, stranianti, atmosfere notturne e sospese, indagini visive che scandagliano senza remore i meandri della psiche e dell’immaginario. Tornano, ad esempio, in mostra dopo le recenti presenze al Mart autori suggestivi come Fabrizio Clerici, Leonor Fini, Stanislao Lepri. C’è poi Sergio Dangelo,neosurrealista anche in anni recenti, e c’è il Baj nuclearista, sospeso tra inconscio e realtà storico-politica. 
E compaiono nomi isolati e lontani dai canoni come Sergio Vacchi e Carlo Guarienti, oltre a opere disarmanti come l’Inginocchiatoio di Mattia Moreni. In alcuni casi espressioni minori ma suggestive per la loro carica pittoresca, in altri casi maestose come il pop sadico e surreale di Sergio Sarri, le 160 opere compongono una cartografia dell’immaginario non razionalista novecentesco.  

Luigi Serafini, To beat or not to beat, 1997-1998, Collezione Torresi
Luigi Serafini, To beat or not to beat, 1997-1998, Collezione Torresi

L’universo sardonico di Luigi Serafini

Intersecata con Surrealismi come una mostra gemella, c’è poi la monografica dedicata a Luigi Serafini (Roma, 1949) che lo stesso Denis Isaia cura con Andrea Cortellessa e Pietro Nocita. Anch’egli dedito al surreale ed estraneo ai canoni, autore di un’opera cult come il Codex Seraphinianus, l’artista trasfigura tratti propri dell’illustrazione in una sorta di opera totale che si espande in pittura, scultura e diverse altre forme. 
L’esposizione stessa è concepita come una installazione unitaria, un’immersione in un universo alternativo caratterizzato da ibridazioni, alterazioni delle prospettive, sospensione di una narrazione accennata e poi congelata, con toni esuberanti e “massimalisti” e un umorismo sardonico. 
Quelli di Serafini sono giochi linguistici per immagini che vanno oltre la mappatura dell’inconscio collettivo. Nei suoi lavori, si instaura infatti un inconscio alternativo, inedito, inesplorato e ancor più sfrenato, all’interno del quale tratti esistenziali e archetipici si coniugano con elementi propri del contemporaneo. Un’indagine senza sconti, ma piena di divertita ironia, sul nostro lato rimosso.   

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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