A Tivoli la mostra sui grandi artisti che sono morti troppo presto
Artisti, scrittori, musicisti e attori. Grandissimi personaggi che hanno lasciato il segno, pur essendo scomparsi prematuramente. Boccioni, Pascali, Amy Winehouse. Sono solo alcuni dei protagonisti di questa grande mostra
Dopo Ecce homo del 2021 – un’analisi dell’uomo e delle sue fragilità – e Umano troppo umano del 2022, in cui invece si rifletteva sulle acquisite consapevolezze, Villa d’Este di Tivoli conclude la trilogia dedicata a Friedrich Nietzsche con Cari agli dèi: l’età giovane e la rivoluzione nelle arti. Una mostra che – a detta del curatore Andrea Bruciati – si presenta come “risposta culturale alla tragedia umana legata al Covid”.
Il concept della mostra su Nietzsche a Villa d’Este
La terza e ultima tappa del ciclo, prendendo spunto da un verso del commediografo greco Menandro, evoca la questione della morte prematura. È questo il punto focale dell’esposizione che estende la riflessione a tutti i campi dell’arte, rendendo omaggio ai grandi artisti venuti a mancare in giovane età.
Tra i protagonisti troviamo ad esempio Umberto Boccioni, Yves Klein, Piero Manzoni, Pino Pascali, Francesca Woodman e Andrea Pazienza. E ci sono anche musicisti – come Kurt Cobain o Amy Winehouse – attori, e persino scrittori, tra cui John Keats, Anne Brontë ed Henri Alban Fournier. Tutti accomunati da una morte precoce e innaturale, che non ha impedito loro di contribuire in maniera decisiva alla storia.
Gli artisti al centro della mostra a Villa d’Este a Tivoli
Questi artisti – di cui la mostra riconosce ed esalta il valore – hanno compiuto delle rivoluzioni, andando ad incidere profondamente sull’immaginario collettivo. Come spiega Andrea Bruciati: “Con Cari agli Dei vogliamo evidenziare l’importanza ricostruttiva delle nuove generazioni, per far comprendere ai giovani artisti le loro enormi potenzialità. Attraverso questi artisti, dei veri semidei, per quanto “maledetti”, intendiamo trasmettere l’importanza di superare i propri limiti, seguendo la passione fino in fondo, senza paura di sfidare i cliché culturali, di scardinare un vocabolario già dato”.
“Certo” ha continuato Il curatore “i protagonisti della mostra sono stati ‘consumati’ dal loro stesso daimon creativo, ma non è necessariamente un destino comune, anzi, proprio conoscendolo si può evitare”. E questo messaggio appare ben chiaro sin dall’inizio dell’esposizione, ove, accanto ai libri di poeti e letterati scomparsi precocemente e a un video dedicato agli attori che hanno condiviso la stessa sorte, accoglie i visitatori con uno dei tre rarissimi ritratti di Adriano Giovane. Ritratto che – pur essendo stato realizzato quando l’imperatore era già adulto – diventa metafora di rigenerazione, rivelando da un punto di vista diverso che quello stesso daimon può essere foriero di vita e rinascita.
Il percorso della mostra a Villa d’Este
Il percorso espositivo, che procede per via cronologica, crea un avvincente dialogo tra le oltre 50 opere esposte, focalizzandosi sull’impellenza creativa che muoveva ciascun artista. Come se ciascuno di essi fosse consapevole di non avere molto tempo. Urgenza che li spinse a vivere intensamente, oltre le loro possibilità, con la certezza di dover seguire e dare forma alle proprie passioni nel più breve tempo possibile.
Se per gli artisti a parlare sono le opere e per gli scrittori i libri, cineasti e musicisti sono raccontati attraverso due video incisivi. Uno in apertura, l’altro in chiusura della mostra, che – attraverso il collage di passaggi salienti di film e concerti – rapiscono lo spettatore, proiettandolo in un amarcord di ricordi.
La mostra e la cornice di Villa d’Este a Tivoli
Dal punto di vista concettuale, la mostra si sposa a pieno con la storica location che la ospita, rispecchiando il carattere pioneristico e lungimirante dei suoi ideatori e proprietari, gli Estensi. Si rivela così l’intento del direttore di “riportare la Villa ad essere un luogo dedicato al collezionismo, fucina di idee e di soluzioni aperte alla contemporaneità, anticipatrici del prossimo futuro”.
Cari agli Dei si può leggere come una disamina della cultura occidentale, in passato incapace di comprendere e accogliere fino in fondo certe personalità geniali. Tuttavia, più che dare risposte o formulare condanne, la mostra suscita riflessioni e domande, per un futuro nuovo e aperto alla creatività.
Ludovica Palmieri
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati