L’arte contemporanea incontra le Dolomiti a Plan de Corones col progetto Via Artis
In Alto Adige una montagna si fa galleria d'arte a cielo aperto lungo un percorso che affronta i temi del cambiamento climatico e del rapporto uomo-natura sulle Alpi
Nel cuore della Val Pusteria, in Alto Adige, Plan de Corones / Kronplatz è un paradiso degli sportivi, sciatori d’inverno e bikers in estate. Ma da qualche anno attrae anche gli appassionati d’arte e natura con due musei panoramici e originali come il Lumen, dedicato alla fotografia di montagna, e il Messner Mountain Museum Corones, dove Reinhold Messner racconta la sua visione sull’alpinismo tradizionale attraverso una parte della sua collezione di opere d’arte e cimeli.
A questi originali involucri, si aggiunge un anello en plein air con sei installazioni di altrettanti di artisti locali contemporanei. Via Artis si qualifica subito tra le gallerie d’arte a cielo aperto più alte del mondo. Le tappe si susseguono sulla vecchia strada militare che connette installazioni site specific, ognuna stimolante riflessioni su argomenti di estrema attualità per il nostro pianeta. Ciascun artista ha scelto personalmente la collocazione della sua creatura.
Judith Neunhäuserer e il suo rossetto climatico
Judith Neunhäuserer (Brunico, 1990) porta a riflettere sui cambiamenti climatici attraverso Broken ice core (lipstick).Come un menhir di vetro massiccio e acciaio zincato che effettivamente ricorda un rossetto gigante, l’ispirazione deriva dal carotaggio delle calotte glaciali. L’acqua e le bollicine d’aria intrappolate nei ghiacciai rappresentano archivi la cui analisi fornisce preziose informazioni sull’evoluzione climatica del passato. Monito allo scioglimento dei ghiacciai e al riscaldamento globale, riflette la passione dell’artista per le aree polari.
La larva che cambia il mondo. L’opera di Andreas Zingerle
Andreas Zingerle (Bressanone, 1963) ha realizzato Maden, una gigantesca larva fluttuante sui boschi che trasmette l’idea di come tutto sia in perenne trasformazione. In natura, siamo portati a percepire disgustosi questi esseri, perlopiù identificati come creatori di danni quando invece rappresentano una parte importante dell’ecosistema. La combinazione tra forma attorcigliata e inusuale materiale cementizio conferisce un aspetto fossile all’opera. Per l’idea, l’artista ha dichiarato di aver preso in considerazione il parassitismo dell’arte contemporanea nella nostra società.
Ruth Oberschmied. Una volta erano pecore
Il branco di pecore in lino che Ruth Oberschmied (Brunico, 1980) ha disteso su un pascolo sensibilizza sulla variazione delle abitudini agricole. Il progetto ruhend_palsé dell’artista è forse il meno appariscente tra i sei, ma mette bene in scena il rapporto antagonista tra turismo e agricoltura e tra passato e presente. Plan de Corones è un grande alpeggio estivo, un tempo frequentato principalmente da ovini e oggi soprattutto da bovini. Il turismo e l’economia sono all’origine del cambiamento, rimarcato dalle scritte fluorescenti sul corpo delle pecore artificiali. L’osservatore ne è incuriosito e si pone domande, con il passato a fronteggiare il presente. Il quesito è fino a quando sarà ancora possibile allevare le greggi in alta quota. La risposta? Nessuno la conosce ancora.
Alluminio (non) a perdere. L’opera di Wilma Kammerer
Verlust (Perdita) di Wilma Kammerer è un corno di cervo lungo quanto un autobus e interamente realizzato in alluminio riciclato dalle lattine per bevande. È un messaggio che letteralmente brilla sul palcoscenico prativo del Plan de Corones, rimandando alla ciclicità delle stagioni, degli esseri viventi e dei materiali. L’artista ha guardato al ricorrente processo di trasformazione del “re del bosco” che ogni anno perde le corna, e dunque il suo aspetto maestoso, per poi vederle ricrescere nell’arco di soli quattro mesi.
Tutti siamo parte di qualcosa. L’opera di Rina Treml
Un cubo in legno in equilibrio precario diventa stabile grazie a tanti cubi più piccoli, dimostrando come tante singolarità formino un tutt’uno stimolando al tempo stesso una critica sociale. È l’idea di Rina Treml (Rum, 1981) per Terra Preta – Black Diamond, ben visibile da lontano. L’artista illustra l’ambivalenza e la simbiosi tra l’uomo e la natura.
La terra nera, “Terra Preta” appunto, è uno dei più fertili terreni condizionati dall’uomo. Composto da carbonella, carbone vegetale, fertilizzanti, concime, ossa e frammenti di argilla, questo terreno rappresenta il connubio tra ciò che la natura produce e l’effetto antropico. I piccoli cubi sono stati intagliati da legno danneggiato dal bostrico, un piccolo coleottero presente naturalmente nei boschi di abete rosso dell’arco alpino. Uno ad uno sono poi stati carbonizzati in superficie, per trasmettere alla materia il fuoco dell’araba fenice, simbolo di transitorietà e ripartenza.
Passare per la natura con Helmut Pizzinini
Urrà! Crocus! Urrà! è l’opera di Helmut Pizzinini (Val Badia, 1961) che propone una passeggiata eterea lungo un corridoio di crochi giganti, a suggerirci che solo il passaggio rispettoso attraverso elementi naturali ci può garantire un futuro sostenibile. I fiori ricreati in legno richiamano alla delicatezza dell’Alto Adige, trasmettendo una sensazione di serenità e resistenza agli elementi.
Tutte le opere sono accompagnate da un QR esplicativo. Auspicando che un pannello le illustri anche ai visitatori meno tecnologici, l’esperienza è un tracciato educativo per grandi e piccini, perché, alla fine dei sei chilometri di tracciato, la lezione incorniciata dalle Dolomiti è rivoluzionaria. Come ogni opera d’arte dovrebbe essere.
Stefano Paolo Giussani
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