Ulìa Art Project: arte contemporanea fra i trulli della Valle d’Itria

Nelle campagne pugliesi, la senese Galleria FuoriCampo ha portato artisti come Remo Salvadori, Davide Sgambaro, Giovanni Oberti e Marco Andrea Magni. Ecco com’è andata la rassegna d’arte contemporanea Ulìa Art Project

L’inizio di settembre vede innestarsi spesso due sentimenti contrapposti: la nostalgia per l’estate appena trascorsa e il sollievo di un inizio potenzialmente sferzante. Un po’ trovo risposta accostando due citazioni, talvolta è bello parlare con ciò che gli altri hanno detto già molto bene. “Odio lestate. Odio il mese di agosto fino al giorno di Ferragosto. […] Passato il Ferragosto, mi sembra di uscire da un incubo. Mi sembra che tutto lentamente migliori per me” (Natalia Ginzburg) e “Se l’estate cede, la luna / fa tenero il cielo, tenerissimo. / Al nero fitto fogliame degli alberi / concede tenerezza” (Sandro Penna).

Ulìa Art Project: un progetto corale

È ciò che ha fatto la Galleria FuoriCampo di Siena, invitata ad immergersi nel territorio della Valle d’Itria in Puglia, trovando accoglienza in spazi qui radicati, capaci di offrire alle opere nuove sceneggiature di attivazione e al pubblico una nuova esperienza di approccio. Al progetto è stato dato il nome di Ulìa Art Project, dove Ulìa è il termine salentino che contemporaneamente traduce oliva e vorrei: parla di un luogo ma anche di un desiderio. Gli interlocutori di Galleria FuoriCampo sono Trullo Ulia – una residenza d’arte e un’abitazione rurale condotta da una coppia di creativi formata da un curatore d’arte e un architetto con il desiderio di proteggere e definire il paesaggio e le modalità più corrette di abitare le campagne –; e una terza interessante entità: The Art Syn, agenzia d’arte internazionale con specifica conoscenza del territorio pugliese e della zona collinare ostunese, specializzata nella produzione e curatela di progetti artistici e nella consulenza a collezionisti.

La mostra di Davide Sgambaro a Trullo Ulìa

Il tutto ha avuto inizio con tre giorni di inaugurazioni dal 19 al 21 luglio 2024, susseguitesi in luoghi diversi sparsi tra gli uliveti delle rosse campagne intorno alla bianca Ostuni. Trullo Ulìa ha ospitato e curato la personale REHAB di Davide Sgambaro (Cittadella, 1989), che – dopo una residenza invernale in Puglia e attraverso un processo di ricerca e rielaborazione – all’interno di Trullo Ulìa è intervenuto con opere come tracce di una pre-esistenza oppure capaci di esporre in maniera nitida il tema dell’ineffabile. Whistle and I’ll come to you (2022) consiste in un intervento diretto nel luogo, attraverso l’esplosione di petardi prima dell’apertura della mostra e in assenza di pubblico, così che il residuo diventi centrale come segno di un’assenza ma anche come monito ad immaginare qualcosa che, manifestatosi, non esiste più, ma come poteva essere? Rehab (2024) è invece metafora di un inconsistente tentativo di liberazione di un sacchetto da una teca in vetro, in cui viene perpetuamente fatto danzare da un ventilatore appeso in sommità della stessa. Tutto il percorso abitativo riabilita Trullo Ulìa come luogo di scoperta, di trasformazione, di riflessione.

Marco Andrea Magni, Ossitocino : Family Slang , 2024, graniglia pigmentata di Casale Madre.
Marco Andrea Magni, Ossitocino : Family Slang , 2024, graniglia pigmentata di Casale Madre.

Gli interventi artistici di Marco Andrea Magni a Casale Madre

A pochi minuti di distanza, Marco Andrea Magni (Sorengo, 1975) ha punteggiato l’architettura del rinnovato Casale Madre, immerso nel silenzio della campagna, con varie opere, capaci di dialogare armonicamente con le stanze vissute periodicamente dagli ospiti che qui soggiornano e di stupire l’osservatore con accorgimenti che disvelano piccole epifanie. È il caso de Lo spazio punto (2016-2023), in cui un minuscolo chiodo dorato resta sospeso sul vetro al centro di una cornice di legno, attratto dalla superficie stessa e su di essa vibrante; oppure de Gli adoratori silenti (2014), una lampadina dal colore dell’incarnato truccata con i pigmenti sprigionati dalle ali delle falene, che, attratte dalla luce, sembrano posare su di essa una loro impronta, una traccia di un’impermanenza morbida, d’estasi. L’incontro di Magni con Casale Madre ha portato anche alla creazione della scultura site specific Ossitocino / Family Slang (2024), ispirata ai pinnacoli dei trulli pugliesi e composta da tre parti sovrapposte, ciascuna scelta da un diverso membro della famiglia proprietaria del luogo. Questo è il punto d’avvio della collaborazione tra Magni e il Casale, così da favorire un dialogo sempre più stretto e proficuo con il territorio e le sue maestranze.

La mostra collettiva “La Terra Muta” 

Dopo questo primo giorno di mostre in luoghi al confine tra meraviglia e schietta autenticità locale, tra bagni in acque salate o no, dopo tanti panzerotti, il progetto curato da Ulìa Art Project è continuato in un’antica masseria che presto ospiterà la rinnovata Masseria Mastro Antonio, con la mostra collettiva La Terra Muta, suddivisa in più piani, in stanze l’una diversa dall’altra, su muri frastagliati o piastrelle Anni Cinquanta. Le opere degli artisti Bora Baboci, Enej Gala, Joao Freitas, Albano Hernandez, Mehdi-Georges Lahlou, Leonardo Meoni, Giovanni Oberti, Oscar Abrahm Pabòn, Eugenia Vanni, Ambra Viviani, Xiao Zhiyue hanno aggiunto storie ad un luogo già così eloquente, senza creare cacofonia, ma un’espansione di meningi, un esercizio di immaginazione. 

La Terra muta, Ulia Art Project, Puglia, 2024. Photo Gabriele Fanelli
La Terra muta, Ulia Art Project, Puglia, 2024. Photo Gabriele Fanelli

Gli interventi di Giovanni Oberti e Remo Salvadori per Ulìa Art Project

Adiacente a questo plesso, la piccola chiesa di Contrada Piatone ha accolto invece il solo show Extra|Intra di Giovanni Oberti (Bergamo, 1982), con opere dense di introspezione e magia, come Un telo nero bucato un cielo buio stellato(2024), il tentativo di creare un cielo o di addomesticarlo, di dare un’alternativa umanizzata alla vastità immensa dello spaesamento che si ha mirando, di notte, l’infinito sopra di noi.
Il terzo giorno il percorso ha avuto seguito nel Largo Seggio del comune di Fasano, dove, incastonata sulla facciata di Palazzo Ruggeri d’Urso, c’era Nel momento (2015), il piombo intarsiato di Remo Salvadori (Firenze, 1947), accompagnato da un’installazione di altre opere della stessa serie che hanno puntellato l’interno del palazzo, offrendo un momento prezioso di incontro con il lavoro del grande artista italiano.
Ulìa Art Project si è concluso con il successo di essere riuscito ad incantare adattandosi ad una realtà piena di fascino e storia come lo sono i casali, le chiese, i trulli e le campagne della Valle d’Itria, ma aggiungendo ad essi un riflesso di inaspettato o una profondità densa grazie a ciò che le opere hanno saputo aggiungere.

Marco Arrigon

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati