Com’è andata Manifesta 15 a Barcellona? Il racconto della biennale d’arte contemporanea

Aperta fino al 24 novembre 2024, Manifesta 15 invade l'area metropolitana di Barcellona e dialoga con una realtà urbana complessa e densamente popolata. La più grande edizione della biennale d'arte nomade europea è un evento decentralizzato e partecipativo

Manifesta 15 è senza dubbio l’edizione più grande, per estensione del territorio coinvolto, mai realizzata fino a oggi. È un esperimento ambizioso, perché si sviluppa in un’area metropolitana di oltre 3mila chilometri quadrati, uno spazio popolato da più di 5 milioni di persone e caratterizzato da profonde disparità economiche, sociali e culturali (oltre da una notevole varietà geografica). Chi volesse visitare la quindicesima edizione di Manifesta – la Biennale Nomade Europea, fondata nel 1996 dall’olandese Hedwige Fijen (che tuttora la dirige), e in programma fino al 24 novembre in Catalogna – deve tenere in conto, prima di tutto, che si tratta di una manifestazione decentralizzata, ben lontana dalla città di Gaudí e del Modernismo, dalle Ramblas e dal Montjuic. Manifesta propone un viaggio nella Catalogna più profonda, una periferia multietnica e conflittuale, che si esprime in catalano, aspira al separatismo dal governo di Madrid e crede profondamente nel valore delle proprie radici storiche e culturali. La rassegna si svolge in sedici sedi sparse per undici Comuni catalani, alcuni anche molto distanti tra loro: la visita comporta, perciò, un notevole sforzo logistico e sono necessari molti spostamenti (con mezzi pubblici e non) per affrontare gli itinerari tematici proposti in una road map che, in parte, l’organizzazione facilita attraverso l’ottimo materiale informativo.  

Manifesta 15 a Barcellona. I temi

La Barcellona dell’ampia cintura metropolitana non è, però, diversa dalle periferie urbane di tante città europee. Per questo Manifesta affronta, fra denuncia, resilienza e utopia, temi universali comuni alle società urbane del Ventunesimo Secolo: il rapporto fra centro e periferie, la convivenza interrazziale, la complessa circolazione delle persone e la diffusione capillare della cultura; le reiterate questioni ambientali, come la crisi climatica e la cementificazione delle aree naturali, la biodiversità e la sopravvivenza delle specie autoctone. Insomma, la sostenibilità dello sviluppo urbano e la convivenza sociale. La scelta dei temi, e l’indagine previa alla biennale, sono frutto di un’ampia partecipazione collettiva, emersa attraverso incontri pubblici voluti per specifica richiesta dal Comune di Barcellona (principale finanziatore dell’evento, con 5,2 milioni di euro). Al centro del processo di democratizzazione c’è infatti la volontà dichiarata di focalizzare le specificità locali dell’evento culturale, mantenendo vive le radici della storia della Catalogna.

Manifesta 15. Tre cluster nella Barcellona metropolitana  

Per semplicità, Manifesta 15 ha suddiviso il territorio in tre grandi cluster tematici, ciascuno con un titolo e una sede principale. Equilibrando i conflitti si sviluppa a sud della città e ha per fulcro l’aeroporto del Pratt, il cui ampliamento minaccia fortemente l’ecosistema del fiume Llobregat e del suo delta, oltre alla vita dei comuni limitrofi. Immaginando il futuro, invece, focalizza l’attenzione sulla zona intorno alla città di Badalona e lungo la costa a nord di Barcellona, la più colpita dallo sviluppo e dall’inquinamento dell’industria locale. E, infine, il cluster dedicato a Curare e curarsi – forse il più disperso geograficamente, ma anche il più affascinante – è concentrato tra le montagne del Collserola e la zona del Vallés, un territorio che merita una visita, anche solo per ammirare le vestigia del passato e gli interessanti reperti di archeologia industriale. La suddivisione in cluster è un semplice pretesto organizzativo. In generale, la maggior parte delle proposte degli artisti (che talora partecipano a più ambiti tematici) rivela una potente trasversalità di temi, in dialogo con la sfaccettata quanto complessa realtà locale. Grazie ai cluster, però, si scopre che il tessuto urbano di Barcellona ha dei confini naturali definiti, e che mare, fiumi e montagne sono elementi cardine imprescindibili nelle proposte per il cambiamento eco-sociale del futuro. 

Manifesta 15 a Barcellona. I luoghi 

A Manifesta, si sa, i luoghi e gli spazi sono co-protagonisti della creazione artistica contemporanea.  L’intero progetto della quindicesima edizione ruota intorno all’apertura straordinaria delle Tre Ciminiere, la centrale termica di San Adriá del Besós chiusa nel 2011 e trasformata ora in un gigantesco monumento alla post-contemporaneità. La rinascita delle Tre Ciminiere è il simbolo di Manifesta 15: la Sacra Famiglia dei lavoratori – con le sue torri snelle, che svettano nel cielo come quelle moderniste di Gaudí – è circondata da un enorme spiazzo desertico affacciato sul mare (chiamato anche la spiaggia di Cernobyl, con allusione all’inquinamento dei terreni circostanti la centrale) e vale da sé un viaggio a Barcellona. A rendere la visita ancora più emozionante ci sono le tante opere site specific create per Manifesta dentro e fuori l’edificio.

Manifesta 15. Archeologia industriale, architetture razionaliste e vestigia del passato

Apre al pubblico in maniera esclusiva per Manifesta anche un altro luogo straordinario: Casa Gomis, elegante villa razionalista che sorge al limitare dell’aeroporto del Prat, un tempo era un’oasi privata di cultura e di pensiero, frequentata dall’intellighenzia catalana antifranchista; pensata come opera d’arte totale (arredi d’epoca, opere site specific e giardino incluso) è minacciata oggi dal continuo rombo dei jet. L’edificio razionalista dell‘ex casa editrice Gustavo Gili, nel quartiere dell’Ensanche, è invece l’unica venue di questa Manifesta nel centro di Barcellona. Qui, per l’occasione, sono allestite tre mostre dedicate al lavoro di ricerca archivistica previo alla manifestazione, che riflettono le indagini intorno alla pedagogia catalana del passato, all’immaginario politico più radicale degli Anni Sessanta e Settanta e ai riflessi sociali dell’immigrazione nera e dell’anticolonialismo. Meritano senz’altro una visita anche il carcere franchista di Mataró, il primo progettato in Spagna nel 1863 secondo l’utopia panottica e oggi sede del centro culturale M/A/C, e Can Trinxet, fabbrica tessile dismessa di Hospitalet de Llobregat, in elegante stile modernista. Ma l’autentica scoperta – sia artistica sia turistica – è l’enclave compreso tra la ricca San Cugat, con il bellissimo monastero benedettino, e i territori del Vallés, compresi tra la Sierra di Collserola e il parco naturale del Monserrat. Nei Comuni di Granollers, Sabadell, Terrassa e San Cugat del Vallés Manifesta ha portato l’arte contemporanea all’interno di piccoli gioielli del passato: luoghi magici e spesso sconosciuti, come il gruppo medievale ecclesiastico di Egara, a Terrassa, o la Porxada di Granollers, un mercato rinascimentale del grano, bombardato durante la Guerra Civile spagnola da un’incursione aerea italiana. In queste zone, le ex fabbriche tessili dismesse sono oggi monumenti di archeologia industriale: luoghi della memoria, nei quali l’arte e la cultura del presente dialogano in maniera intensa con il passato. 

Manifesta 15. Gli artisti 

L’équipe curatoriale di Manifesta 15 – capitanata dallo spagnolo Sergio Pardo López e dalla portoghese Filippa Oliveira ecomposta da un gruppo di operatori locali – ha selezionato in tutto 92 artisti, il 39 per cento dei quali spagnoli, compreso qualche nome storico della creatività catalana, come Antoni Miralda e Fina MirallesAntoni Tápies e Aurelia Muñoz. Cinque in tutto le presenze italiane (Chiara Camoni, Bea Bonafini, Binta Diaw, i collettivi Masbedo e Claire Fontaine,dei quali parleremo nel dettaglio prossimamente) e numerosi gli artisti internazionali, perlopiù di generazioni comprese tra gli Anni Ottanta e Novanta, con prevalenza di donne e una rappresentanza interessante di collettivi, alcuni anche locali, come OJO Estudio e Jokko & Cantdefine. Le proposte sono multidisciplinari e assai diverse fra loro, senza particolari sorprese: dalla pittura alla videoarte, dalla scultura alla performance, con una predominanza di installazioni. Talora si tratta di commissioni site specific di Manifesta 15, come quasi tutto ciò che occupa lo spazio di Tre Ciminiere. Fra le più interessanti, la poetica installazione all’ultimo piano di Asad Raza, artista nordamericano che fa danzare lunghe tende bianche al soffio del vento di scirocco che penetra liberamente dalle finestre; la fitta Foresta di Frankestein dell’angolano KiluanijKia Henda fatta di alberi-collage; o ancora, L’irruzione dell’imprevedibile del portoghese Carlos Bunga, riflessione sul futuro dell’umanità attraverso enormi bozzoli simbolo di una rinascita inquietante e misteriosa.

Manifesta 15. Le installazioni site specific

Talvolta, invece, le opere sono adattate dagli artisti stessi ai tanti spazi espositivi inediti della biennale. Ci sono pezzi che, pur concepiti altrove, aderiscono perfettamente alla logica territoriale di Manifesta 15 e dialogano meravigliosamente con i luoghi che li accolgono. È il caso del video del brasiliano Jonathas de Andrade edelle opere ambientalidel portoghese Hugo Canoilas nel giardino del piccolo Museo di Ciencias Naturales di Granollers; così come gli ironici collage di resti zoologici e i fantasiosi disegni che la francese Eva Chettleinserisce a sorpresa nelle vetrine dello stesso museo, tra fossili e reperti entomologici. Nella Vapor Buxeda Vell di Sabadell, antica fabbrica tessile che funzionava a vapore, l’olandese Tanja Smeets ha sparso numerose infiorescenze artificiali, fatte di materiali industriali di scarto (plastica, feltro o tessuto) che tentano di mimetizzarsi tra caldaie e antichi macchinari tessili.  Quasi ossessiva e un po’ inquietante la presenza dei serpentoni di globi pastello della catalana Eva Fabregas all’intero del carcere di Mataró, che evocano flussi organici e mostruosi parassiti; profonda l’indagine realizzata dall’architetto Domenec sul concetto di campo (di calcio, ma anche di concentramento), archetipo edilizio storicamente declinato in diverse varianti.  Tra le vestigia d’epoca medievale del complesso religioso di Égara, a Terrassa, il gruppo scultoreo in sapone verde della sudafricana Buhlebezwe Siwani è ben inserito nel contesto spirituale del tempio funerario di San Miquel; nel museo adiacente, invece, è particolarmente suggestivo il dialogo fra la pala d’altare di Borrasá, maestro della pittura gotica catalana, e la contemporanea pala in tessuto del malese Marcos Kueh. Al Monastero di San Cugat – location monumentale di per sé già attraente – l’installazione della catalana Mónica Rikic è parsa la più attinente al tema del curare e curarci: una riflessione para-scientifica intorno alla sperimentazione robotica, pensata per supplire alle crescenti necessità quotidiane di una popolazione in esponenziale di invecchiamento. 

Manifesta 15. L’opera dell’artista Felix Blume 

Infine, malgrado non abbia ricevuto il permesso dal demanio di piazzare le sue “canne al vento” sulla Playa del Coco, a Badalona, il francese Félix Blume gode di una posizione privilegiata nella mappa decentrata di Manifesta 15 con la sua suggestiva installazione nella centrale Porxada di Granollers. Non passano inosservati, infatti, i 500 piccoli trasmettitori appesi al soffitto dell’antico mercato all’aperto, perché emettono costantemente il ronzio di 500 api che, ascoltate nell’insieme, ricordano il rumore terrificante dell’avvicinarsi degli aerei nemici. La guerra e la conservazione delle specie si intrecciano in un unico spazio di riflessione.

Federica Lonati

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Federica Lonati

Federica Lonati

Federica Lonati (Milano, 1967), giornalista professionista italiana, dal 2005 vive a Madrid. Diploma al Liceo Classico di Varese e laurea in Lettere e Filosofia all’Università Cattolica di Milano, si è formata professionalmente alla Prealpina, quotidiano di Varese, scrivendo di cronaca,…

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