Helen Frankenthaler e il dipingere senza regole. La mostra a Firenze 

Una grande mostra a Firenze racconta l’arte, la pittura, la vita di una delle figure fondamentali della seconda generazione di artisti astratti del dopoguerra

Figura fondamentale nella seconda generazione di pittori astratti americani del dopoguerra, Helen Frankenthaler (New York, 1928 – Darien, 2011) si è imposta come una delle maggiori artiste della sua generazione. A questa donna, forse non molto nota fra il grande pubblico, Palazzo Strozzi dedica la retrospettiva, Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole, mettendo insieme un’ampia selezione di opere realizzate tra il 1953 e il 2002. 

La formazione e l’ascesa di Helen Frankenthaler 

Con sguardo luminoso, il sorriso accennato, seduta a terra in una postura che trasuda sicurezza, fra mille colori che rispecchiano un sicuro talento: così si presenta la giovane artista, in uno scatto di Gordon Parks del ’57. Proveniente da una famiglia colta e benestante, nel 1950 a ventidue anni mostra di sentirsi a proprio agio in quella realtà artistica sorta durante gli Anni Quaranta e frequentata da pittori musicisti scrittori d’avanguardia, che prenderà il nome di New York School

Il 1950 è un anno clou per Frankenthaler. Terminati gli studi conosce Clement Greenberg, critico d’arte del settimanale progressista The Nation e convinto assertore dell’Abstract Expressionism. Nessuno meglio di lui poteva introdurla e guidarla, nell’ambiente artistico-culturale di New York e suggerirle di perfezionarsi nella scuola di Hans Hofmann, che dal 1932 era stato maestro di numerosi esponenti dell’avanguardia americana. È proprio l’impatto con le opere di quest’ultimo ad averle suggerito, qualche tempo dopo, l’elaborazione della sua originale tecnica soak-stain. Nell’autunno dello stesso anno visita una personale di Jackson Pollock, dopo tre anni di dripping giunto all’apice della carriera. Ne rimane fortemente impressionata: “Lì c’era tutto. Volevo viverci in quella terra. Dovevo proprio viverci, e padroneggiarne il linguaggio”. 

L’esordio e la fama di Frankenthaler 

Il 1951 è l’anno dell’esordio di Helen Frankenthaler. Due sono le occasioni: una mostra collettiva in primavera, una esposizione personale in autunno. Alla prima partecipa insieme a una novantina di artisti della New York School, al Ninth Street Show. La ventitreenne pittrice espone accanto a Clement Greenberg, Elaine e Willem de Kooning, Joan Mitchell, Lee Krasner, Jackson Pollock, Robert Motherwell, Hans Hofmann, Ad Reinhardt, Robert Rauschenberg. L’evento fu accolto molto bene sia dalla critica sia dal pubblico. La sua prima personale si tiene invece nella galleria Tibor de Nagy, editore e mercante d’arte di origine ungherese. La galleria, avrebbe raccontato l’artista, era dinamica e creatività, forniva opportunità: “Vi era un forte senso di cameratismo e di energia, di sperimentazione”. Si inserisce in un ambiente dove gli artisti non si limitano a parlare solo di pittura: discutono di spiritualità zen, di filosofia esistenzialista, di psicologia gestaltica. Un ambiente dove sono accostate la teoria di Pollock, il cui dripping sostiene l’automatismo della mano rispetto alla vigilanza dell’occhio, e quindi l’autonomia del dipinto rispetto alla consapevolezza del pittore, e la scrittura spontanea di Kerouac. Impressionata da tecniche e teorie degli espressionisti astratti, Frankenthaler riesce a instaurare un proprio stile e un metodo unico. Dedicandosi alle forme, al colore e privilegiando la luminosità

Nuove prospettive nella pittura di Frankenthaler 

È in questo contesto, nel 1952, che la ventiquattrenne Frankenthaler dipinge Mountains and Sea, un’opera destinata ad aprire nuove prospettive indirizzando l’arte americana verso gli Anni Sessanta. Con una tecnica nuova, l’artista fa cambiare rotta all’Abstract Expressionism spingendolo verso i nuovi orizzonti del color field painting e, in prospettiva, della Lyrical Abstraction. È così che apre, secondo alcuni, il varco che dall’eccitata tendenza emotiva e gestuale dell’action painting porta al più tranquillo e sereno linguaggio dei campi di colore, fino allo stile spontaneo e romantico che avrebbe contraddistinto gli astrattisti lirici. Frankenthaler crea l’opera tornando da una vacanza a Cape Breton, nella parte settentrionale della penisola canadese della Nuova Scozia: inzuppa dall’alto il tessuto di una tela senza tenderla, riuscendo così a ottenere degli effetti fluttuanti simili a quelli dell’acquerello. È la nascita del soak-stain. Pur non essendo una dichiarata raffigurazione di paesaggi marini e montani della Nuova Scozia, il dipinto la rievoca con strisciate di blu che incrociano zone di verde. È l’alba di una nuova visione. 

Fausto Politino 

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Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia con una tesi sul pensiero di Sartre. Abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione…

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