Finalmente una mostra presenta Penelope sotto una luce nuova: al Colosseo
Ci volevano due curatori e una location mozzafiato per restituire alla moglie di Ulisse la meritata rivincita di donna tenace e arguta, caratterizzata da una grande capacità di sognare e di tenere testa ai feroci pretendenti
Una postura malinconica, spesso accompagnata dal telaio. Questa l’iconografia con cui Penelope, moglie di Ulisse e regina di Itaca, compare in numerose rappresentazioni. Una figura dimessa che ha fatto dell’attesa una sorta di missione. Ma siamo sicuri che Penelope sia davvero solo questo? Come rivela Penelope, la prima mostra dedicata al personaggio omerico aperta al Parco archeologico del Colosseo, Penelope, per quanto nell’immaginario collettivo incarni l’ideale normativo della donna fedele al marito e saggia custode della reggia, sottomessa perfino al figlio Telemaco appena ventenne, in realtà è una donna determinata, resistente e tenace che non perde, neanche dopo i lunghi anni di attesa, la capacità di sognare.
La mostra su Penelope al Colosseo
Il percorso espositivo, allestito negli spazi delle Uccelliere farnesiane e del Tempio di Romolo e organizzata da Electa con la curatela di Alessandra Sarchi e Claudio Franzoni, si compone di quattro nuclei tematici, con opere che spaziano da dipinti, sculture, rilievi, fino a comprendere anche un omaggio a Maria Lai (Sardegna, 1919 – 2013) la cui ricerca è stata sempre focalizzata sulle materie tessili, realizzato in collaborazione con l’Archivio e la Fondazione Maria Lai. Qui i due curatori propongono una visione insolita di Penelope che, da una parte, anziché subire il telaio, lo usa come stratagemma per posticipare la scelta di un pretendente e, dall’altra, ingaggia un rapporto di silenziosa complicità con Ulisse al suo ritorno in patria, essenziale per la ripresa del potere.
Il telaio nell’antichità come simbolo di saggezza
Nello stesso tempo, le preziose opere esposte, mostrano come il telaio sia lo specchio di una cultura raffinata ed evoluta, dal momento che solo chi era in grado di contare, memorizzare misure, sequenze e colori poteva tessere. Inoltre, l’etimologia stessa del termine rapsodo ovvero “cucitore di canti” denota la vicinanza tra l’arte del cucito e quella del canto che presuppone, oltre alle capacità vocali, una grande capacità mnemonica. La stessa postura con cui spesso Penelope appare raffigurata non è solo leggibile come evocatrice di tristezza ma anche come segno di saggezza e astuzia.
Penelope e la capacità di sognare. La mostra a Roma
Tuttavia l’aspetto che maggiormente emerge da questa mostra, la prima di un ciclo dedicata a tre emblematiche figure femminili dell’antichità – Penelope, Antigone e Saffo – è quello della capacità di sognare. Intesa sia nel senso di sapersi distaccare dalla realtà, un aspetto implicitamente rappresentato dal velo che, al di là di essere simbolo dell’aidos (il pudore) diventa una sorta di frame che la separa dal mondo; sia, soprattutto, come la capacità – e il coraggio – di lasciarsi andare all’inconscio, caratteristica che più di ogni altra la distingue da Ulisse, eroe razionale, freddo e calcolatore per eccellenza. Celebre il canto XIX dell’Odissea, anche ripreso da Freud, in cui solo lei riesce a distinguere i sogni veri, che escono dalla porta di corno, da quelli falsi, che escono da quella di avorio; un’abilità che diventa sinonimo di una sensibilità inconscia fortissima e tipicamente femminile, motivo per cui le donne hanno spesso attirato (e attirano) la violenza degli uomini e del logos occidentale.
La mostra è accompagnata da un catalogo che approfondisce ulteriormente la ricerca.
Ludovica Palmieri
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