Lavoro, radici, caducità, sacralità. Ecco la quarta edizione di Panorama nel Monferrato
Arrivata alla quarta edizione e curata per la prima volta da uno storico dell’arte esperto di manierismo, l’edizione piemontese di Panorama si distingue dalle precedenti per un rigore allestitivo. Nel ricordo della pandemia reso eterno dalle parole di Stefano Guazzo
Una civiltà fondata sul dialogo, momento fondamentale di arricchimento individuale e collettivo, capace di dirimere i contrasti e arricchire le menti per coltivare le virtù e accrescere lo spirito. Questa è l’essenza del testo La civil conversazione, scritto da Stefano Guazzo e incentrato su un dialogo tra un uomo che si è isolato a causa di una pandemia, il quale illustra al suo medico la forza trasformativa del confronto necessario per l’evoluzione della natura umana. Pubblicato nel 1574 a Casale Monferrato, diventò subito un best seller, con ben 43 edizioni in Italia e le traduzioni in latino, inglese, francese e tedesco.
La mostra Panorama a Monferrato
Oggi questo libro profetico costituisce la cornice concettuale di Panorama Monferrato, la manifestazione promossa dal consorzio Italics, che si tiene fino all’8 settembre 2024 in quattro comuni del Monferrato. Arrivata alla quarta edizione e curata per la prima volta da uno storico dell’arte, l’esperto di manierismo Carlo Falciani, Panorama si distingue dalle precedenti (Procida 2021, Monopoli 2022 e L’Aquila 2023) non solo per la scelta di sedi espositive di incredibile suggestione, ma anche per un rigore allestitivo sofisticato, reso ancora rigoroso e calzante dalla necessaria corrispondenza delle opere con i 4 temi della mostra tratti dal testo di Guazzo: Lavoro e radici a Camagna, Ritratto e identità a Vignale, Caducità e morte a Montemagno e Sacralità dell’arte, anche laica a Castagnole. Il viaggio comincia a Camagna nelle piccole sale dell’ex Cottolengo abbandonato, con la serie inedita di ritratti fotografici di Franco Vimercati Sulle Langhe.
Panorama: le opere in mostra
Ispirati alla lezione di Walker Evans e realizzati nel 1973 per una pubblicazione introdotta da Davide Lajolo, costituiscono un intenso spaccato sociale e antropologico degli abitanti della regione nei loro luoghi di lavoro. Delicate e struggenti le due sculture di Binta Diaw della serie Naître au monde, c’est concevoir (vivre) enfin le monde comme relation (2022) collocate sul pavimento della cucina mentre gli elementi carnali e materici dell’opera di Salvatore Scarpitta Drummer Brigade (1963), magistralmente collocata in fondo ad un lungo corridoio, testimoniano l’ammirazione dell’artista per Alberto Burri. Una delle opere più suggestive è The paradoxical nature of life (2023) di Arcangelo Sassolino, allestita all’interno della cappella dell’edificio, dominata dalla tensione provocata da un’incudine metallica sospesa su una lastra trasparente a due metri da terra. Dagli ambienti delabrè del Cottolengo alle sontuose sale del palazzo Callori a Vignale, fresche di restauro, il contrasto è forte. Qui la teoria di saloni disposti sui due piani del nobile edificio è stata trasformata in una sorta di museo dedicato al ritratto, con una scrittura espositiva impeccabile e ricca di strepitosi colpi di scena.
Panorama: il percorso espositivo
Tra le sale monografiche più riuscite segnaliamo quella di Markus Schinwald, giocata sul felice contrappunto tra due dipinti (Emma, 2016; Pete, 2018) e le enigmatiche sculture a parete della serie Sacks (2016), la sala con i tre feltri colorati di Vincenzo Agnetti (Ritratto di Equilibrista, 1970; Ritratto di Ignoto, 1971 e Ritratto di Missionario, 1971), la raffinata saletta con le tele di Damien Meade e, dulcis in fundo, la Galleria, allestita con le opere di Susana Pilar della serie Lo que contaba la abuela…(2017) in dialogo con il superbo Ritratto allegorico di giovane (post 1565) di Mirabello Cavalori. Senza dimenticare l’opera di Akram Zaatari Photographic Currency (2019), dagli evidenti risvolti sociopolitici, e La fanciulla sommersa (2019), una testiera di letto dipinta da Guido Trentini nel 1914, dove echeggiano elementi decorativi di matrice klimtiana, in una composizione che anticipa di un secolo i dipinti di Margherita Manzelli. Forse la location più scenografica di quest’edizione è il Castello di Montemagno, residenza privata dei Rossi di Montelera, dove il cortile ospita Il Cielo copre, la Terra sostiene (1989-2023), una grande installazione di Marco Bagnoli che riprende le linee circolari della corte.
Panorama: il percorso continua nei sotterranei
Nei sotterranei sono allestite opere di dimensioni importanti, tra le quali spiccano The Fall (Mountains view from Lausanne) (2020) di Latifa Echakhch e il video di Theaster Gates Gone are the Days of Shelter and Martyr (2014), in dialogo con Santo Vescovo (XIV secolo), preziosa scultura lignea attribuita al Maestro della Santa Caterina Gualino. Sempre a Montemagno, nei Voltoni della Scalea Barocca sotto la chiesa di San Martino fa da protagonista è l’opera di Marzia Migliora Prey (2020), una scultura dedicata al mare abbinata al lavoro sonoro Run Fast and Bit Hard (entre chien et loup) (2022), che insieme creano un’atmosfera molto particolare, resa più oscura e misteriosa dalla presenza del Mobile da Toilette Maschile, intagliato nel legno da un anonimo ebanista del XIX secolo. L’ultima tappa del Grand Tour del Monferrato è il borgo di Castagnole, dove nell’atmosfera domestica della Casa della Maestra sono presenti due capolavori. Il primo è la scultura in ottone Contrappunto Piano (1973) di Fausto Melotti, in dialogo con la tela di Giorgio Morandi Fiori (1942) mentre nel sotterraneo troneggia Nel tempo che tace (2024), una poetica installazione di Maria Elisabetta Novello. Il finale è affidato all’Ex Asilo Regina Elena, dove l’accordo tra opere e spazi espositivi risulta molto efficace, a partire dall’installazione sonora Pannocchia (2016-2024) di Invernomuto, al centro della monumentale scalea neogotica, in mattoni a vista, che domina il cortile.
Panorama: storia e luoghi del Monferrato
Nelle aule che hanno ospitato per decenni i bambini di Castagnole troviamo le sculture di Ester Klas Alta(today) (2022) e Girare con te #4 (2014) , e il trittico Untitled (2019) del pittore Peter Vermeersch, in dialogo con due mobili d’arredo recuperati dall’artista in loco. Due sale all’ultimo piano interpretano in maniera originale il rapporto con il genius loci: l’installazione Passi (2024) di Alfredo Pirri, composta da un pavimento di specchi rotti sul quale si riflette la campagna circostante, e Per l’eternità (2013), l’installazione olfattiva nella quale Luca Vitone ricrea l’odore di eternit, il materiale tossico che veniva prodotto in Monferrato.
Ludovico Pratesi
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