Tutti pazzi per Antonio Ligabue. Tre mostre, due città, 160 opere

Sulla scia della Biennale di Pedrosa, l’Italia rende omaggio al suo pittore “escluso ed emarginato” per eccellenza con tre mostre dedicate ad Antonio Ligabue, tra Bologna e Roma, per osservarne l’opera da un nuovo punto di vista

Due città d’arte; tre spazi espositivi; diversi curatori; oltre 160 opere tra dipinti, disegni, puntesecche e sculture. La stagione espositiva autunnale apre, tra Bologna e Roma, all’insegna di Antonio Ligabue (Zurigo, 1899 – Guastalla, 1965) con tre mostre a Palazzo Albergati di Bologna, a Palazzo Pallavicini, sempre a Bologna, e al Museo Storico della Fanteria di Roma (a cura di Micol Di Veroli), che ambiscono a raccontare l’uomo e l’artista. I tre percorsi sono rilevanti per traghettare Ligabue oltre l’etichetta di pittore naïf e, analizzandone la produzione in relazione alla vita, ribadirne il valore artistico.

Ligabue: un uomo instabile

Incline alla collera e incompreso dai suoi contemporanei. La vita di Antonio Ligabue, non fu certo facile, costellata di crisi psicotiche e ricoveri psichiatrici che lo spinsero a prediligere la via dell’alienazione e della solitudine, trovando nell’arte – appresa da autodidatta – un rifugio in cui esprimere il suo disagio esistenziale.
Le opere di Ligabue, dai colori accesi e le pennellate vigorose, rivelano una forte carica emotiva. Lo stile unico, viscerale, rabbioso, è lo specchio del suo drammatico sentire, rappresentato metaforicamente dai suoi soggetti prediletti: animali in lotta per la sopravvivenza, cui sicuramente si sentiva affine.

La mostra di Antonio Ligabue a Bologna
La mostra di Antonio Ligabue a Bologna

Ligabue a Palazzo Albergati di Bologna

A Palazzo Albergati di Bologna la mostra, a cura di Francesco Negri e Francesca Villanti, procede per via cronologica, in un percorso che individua tre periodi cruciali nella vita dell’artista. Il primo periodo (1927-1939) è caratterizzato da colori tenui e diluiti, temi legati alla vita agreste e scene con animali feroci non particolarmente aggressivi. Il secondo (1939-1952) è segnato da una crescita dal punto di vista tecnico e pittorico, con dipinti dalla texture più corposa e maggiormente rifinita. Il terzo e
più prolifico (1952-1962) è connotato da un segno sempre più vigoroso e continuo, e dalla vasta produzione di autoritratti. In mostra per la prima volta anche l’album completo di disegni, recentemente ritrovato, realizzato da Ligabue nell’ultimo periodo della sua vita, durante il soggiorno alla locanda “La Croce Bianca”.

Ligabue a Palazzo Pallavicini di Bologna

Patrocinata dalla Fondazione Augusto Agosta Tota per Antonio Ligabue, la mostra a Palazzo Pallavicini, con testi di Francesca Bogliolo, scava nella vita e nella psiche dell’artista con oltre 120 opere, tra cui un nutrito corpus di autoritratti. Opere che, per usare le parole di Francesca Bogliolo, “sono testimonianze preziose di un’incessante ricerca di identità, in cui l’artista delinea i contorni della propria fragilità, non scevra di forte inquietudine. Essi si accompagnano alla figurazione degli animali, emblemi di dinamismo e conflittualità: l’intensità della vita è la vera protagonista dell’arte di Ligabue, che irrompe sulla tela senza il filtro della razionalità, attraverso tratti incisivi ed energici”. In mostra anche una versione (realizzata appositamente) del docufilm Antonio Ligabue. L’uomo in cui il regista Ezio Aldoni ripercorre la vita drammatica e affascinante dell’artista attraverso
le testimonianze dirette di chi lo aveva conosciuto. Rispetto alla versione del 2015, l’edizione per Palazzo Pallavicini (visibile esclusivamente in mostra) si presenta arricchita dalla nuova intervista al critico d’arte Renzo Margonari.

Ligabue a Roma. Parola ad una delle curatrici

Come spiega Micol Di Veroli, una delle curatrici della mostra al Museo Storico della Fanteria, “con la mostra ‘Antonio Ligabue ‒ I misteri di una mente’ abbiamo voluto offrire uno sguardo diverso sulla creatività di un artista troppo spesso semplicisticamente etichettato come naïf. Pur essendo autodidatta e psicologicamente instabile, era molto attento all’osservazione del mondo animale, tanto da restituirne le dinamiche in modo preciso, per non dire quasi maniacale e ossessivo. Il suo metodo di lavoro coinvolgeva intensi periodi di studio e osservazione, seguiti da uno stato quasi di trance creativa. Questa preparazione gli permetteva di interiorizzare l’essenza dei suoi soggetti, che poi esprimeva con notevole accuratezza e profondità emotiva”.

Gli esclusi destano l’attenzione del mondo dell’arte contemporanea

Ligabue, che in vita riuscì ad esporre poco, grazie all’interesse di Renato Marino Mazzacurati, con la sua prima personale a Roma nel 1961, è tornato prepotentemente in auge, dopo anni di buio, anche per il film Volevo nascondermi, 2020, di Giorgio Diritti, che ne definisce la figura grazie all’interpretazione di Elio Germano. E ancor più, significativamente adesso, momento storico in cui, anche grazie alla Biennale di Venezia di Riccardo Pedrosa, le figure degli artisti outsider, emarginati ed esclusi, stanno tornando a destare l’attenzione nel sistema dell’arte contemporanea.

Ludovica Palmieri

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Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri è nata a Napoli. Vive e lavora a Roma, dove ha conseguito il diploma di laurea magistrale con lode in Storia dell’Arte con un tesi sulla fortuna critica di Correggio nel Settecento presso la terza università. Subito dopo…

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