Mixta, il collettivo di curatori che lavora in modalità context-specific
Particolarmente attivo nel territorio ligure, il collettivo Mixta è un team di giovani curatori che prestano grande attenzione al contesto in cui lavorano. Gli abbiamo chiesto di parlarci della loro attività e del festival Divago, da loro organizzato a Genova
È coordinato da Silvia Mazzella (1993) e Arianna Maestrale (1996) insieme a Sabrina Deiana (2000), Giacomo Saccomanno (1999) e Lorenzo Ramos (1994) Mixta, il collettivo curatoriale con base a Genova che dal 2019 collabora con musei, gallerie e istituzioni per realizzare interventi in contesti e spazi pubblici. Mixta è un organismo ibrido che promuove la creazione artistica intervenendo nell’intermezzo che accoglie comunicazione visiva, project management e ricerca accademica.
Il collettivo cura ogni aspetto di eventi complessi e compositi, che spesso vanno ben oltre i confini fisici e concettuali della semplice “mostra”. Da sempre, infatti, l’obiettivo di Mixta è quello di facilitare la divulgazione dei linguaggi artistici contemporanei di artiste e artisti emergenti, focalizzando l’attenzione sia sull’innovazione del panorama internazionale sia sull’accessibilità e l’apertura del mondo dell’arte a pubblici che ne rimangono spesso esclusi.
Il collettivo Mixta e la Liguria
L’area di interesse è principalmente il territorio ligure, in cui i curatori propongono interventi d’arte contemporanea che costituiscano finestre di scambio e dialogo tra gli operatori del settore e i cittadini. A ogni progetto espositivo è per questo affiancato un apparato di talk, laboratori e visite guidate studiato per il contesto e pensato per coinvolgere il pubblico non solo nella fruizione degli eventi ma, soprattutto, nella realizzazione. L’approccio, dunque, è ben più radicale del semplice site-specific: ogni luogo nel quale interviene Mixta ha tante storie da raccontare e altrettante persone che lo abitano e lo rappresentano. Ecco perché gli interventi proposti possono più propriamente essere definiti context-specific e molte volte anche community-based, come nel caso del festival Divago, in programma tra il 26 e il 29 settembre 2024 a Genova. Ce ne parlano i componenti di Mixta nelle prossime righe.
La nuova edizione di Divago a cura del collettivo Mixta
“È dai tempi dell’Accademia che ci siamo rese conto di avere tanti strumenti da mettere in campo e poco spazio per poterci mettere in gioco in una città, Genova, che fatica visibilmente a reggere il passo della cultura e dell’arte globalizzata. Il nostro lavoro infatti è spinto sia dal tentativo di riscatto del nostro territorio e sia dal desiderio di studiare e approfondire un contesto così complesso e ricco del panorama contemporaneo che è l’arte negli spazi pubblici. Nella prassi, il nostro intento è quello attivare nuove modalità di interazione, dialogo e sostenibilità in quei ritagli di spazio urbano che possiamo definire zone grigie. Le zone grigie su cui lavoriamo da anni sono Via del Campo e l’ex ghetto ebraico di Genova: luoghi connotati da una forte storia, simboli (turistici) di una Genova di mare, bella e forte, dove la prostituzione incontra la poesia e la povertà suona poetica come i testi di De Andrè. Ma Via del Campo, se vai a visitarla, delude tutte queste aspettative turistiche. Ciò che trovi nei fatti in via del Campo è un ambiente socialmente problematico. Quotidiani locali e talvolta nazionali denunciano malavita, spaccio e prostituzione, e i cittadini se possono ne stanno lontani. Via del Campo è oggi una zona periferica in pieno centro, spesso militarizzata, quotidianamente attraversata da squadre di poliziotti e plotoni di croceristi confusi. Questo mix di simboli e narrazioni genera un sottovuoto di senso che ci affascina e ci guida nella nostra avventura di arte pubblica, da sempre rivolgendo l’attenzione a ciò che più conta di un territorio: gli esseri umani che lo vivono. La ricerca di Divago è una pratica che fonde artisti, curatori, interlocutori e pubblico e approfondisce il potenziale delle zone grigie, libere di essere sperimentate collettivamente attraverso nuovi significati”.
L’intervento di Elias Cafmeyer per l’edizione 2024
“L’affissione del grande manifesto 6x3m in Via Cantore a Genova è parte dell’operazione dell’artista belga Elias Cafmeyer (1990). SCAM è un manifesto che rappresenta un finto annuncio pensato appositamente per sollecitare la sensibilità e accendere gli animi di chi difende tradizioni e identità territoriali dall’avanzata del consumo di massa generalizzato e indistinto. Quello delle aperture dei supermercati, a Genova, è un nervo scoperto nell’opinione pubblica, e l’intento dell’artista è di rendere evidente quanto a volte sia facile la polarizzazione nel dibattito. “Un nuovo supermercato in via del Campo. Il marchio è una “truffa” artistica, ma sembra vero nella città delle grandi catene” recita il titolo del recente articolo di Repubblica, e il tenore dei commenti sul post Facebook di Good Morning Genova varia da “Continuate a votare Bucci, che con i supermercati continua a dare da mangiare ai maiali” a “se un contenitore da 250 gr di fragole mi costa 2.99 all’Eurospin e 5 euro nel negozio di vicinato, io dove vado”. L’operazione è naturalmente molto delicata, e al di là della provocazione nasconde una sottile ricerca artistica che affronta i campi dell’informazione e delle polarizzazioni politiche nel terreno spesso dato per scontato dello spazio visuale pubblico e dei social network. SCAM è uno dei nove progetti artistici selezionati per questa edizione di Divago, che quest’anno ha come focus principale la valorizzazione delle identità presenti sul territorio, siano genovesi o straniere. Su questo e altri temi si interrogano gli artisti della terza edizione, che sono stati in residenza nell’antico ghetto ebraico questa primavera per restituire ora alla cittadinanza una visione partecipata e viva del quartiere, delle culture che ospita, e delle contraddizioni che rappresenta”.
Caterina Angelucci
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