L’arte? È una forma di resistenza. La mostra al Museo Novecento Firenze
Si apre con il retro di un’opera di Guttuso la mostra al museo di Firenze che attraverso le opere dei maestri della collezione Alberto Della Ragione racconta i retroscena della resistenza italiana, tra dissidenti e “silenziosi”
Che la città di Firenze abbia avuto un importante ruolo nella Resistenza italiana è cosa nota. Ma ribadirlo, attraverso le immagini, le opere, le storie degli artisti, tra forti prese di posizione e quel non chiederci la parola invocato dai poeti, mette a 80 anni di distanza il punto, al di là dei tentativi di riscrittura e di eventuali revisionismi.
La mostra Retroscena al Museo Novecento
La mostra Retroscena al Museo Novecento è un discorso politico. I curatori Sergio Risaliti, anche direttore dell’istituzione, Eva Francioli e Chiara Toti costruiscono un racconto sulla relazione tra arte e potere (filo conduttore della programmazione del Museo), attraverso le opere della Collezione Alberto Della Ragione. Donata dall’ingegnere fiorentino nel 1970 al Comune e dal 2013 nelle raccolte del Museo della città dedicato all’arte contemporanea, la collezione offre una importante testimonianza dei decenni tra il 1920 e il 1945. Attraverso le opere che la compongono molteplici sguardi sulla storia dell’epoca sono possibili e l’arte italiana di quel periodo emerge in tutto il suo splendore grazie all’intuito del mecenate che la mise insieme.
Il percorso espositivo al Museo Novecento
L’opera che apre il percorso espositivo è emblematica, così come la scelta operata dai curatori. Si tratta del Ritratto di Alberto Della Ragione di Renato Guttuso. Scardinando gli assetti cronologici e le convenzioni in termini di display si mette in evidenza il telaio che celebra la fine del regime fascista (25 luglio 43, Fine del fascismo), gesto che accomuna artista e committente in un abbraccio dissidente. Ma dissidenti erano anche Antonietta Raphael, che da Kaunas porta a Roma i suoi fiori sofferenti, e Mario Mafai, che con Guttuso, Mirko Basaldella, Mazzacurati parteciperà nel 1944 alla mostra epocale Arte contro la barbarie. Artisti romani contro l’oppressione nazifascista. Noto è l’impegno politico dell’artista siciliano Renato Guttuso, presente in mostra con Il massacro, che della violenza della guerra ha tutto il sentore, e Natura morta con giornale. O di Carlo Levi, l’autore del libro Cristo si è fermato ad Eboli che ha aperto di fatto la riflessione in Italia sulla questione Meridionale. Scrittore e pittore, Levi dopo il confino in Basilicata e l’esilio in Francia, approda a Firenze nel 1941, diventando anche qui un attore protagonista della Resistenza (Maria Luigia Guaita ne documenta l’impegno nelle sue memorie con precisione) fino a essere arrestato nuovamente.
L’impegno antifascista nell’arte
Ma l’impegno antifascista segue altre volte anche la strada dell’azione artistica o del silenzio. E non bisogna incorrere nell’errore che se il tema non viene affrontato allora non c’è o non esiste, Se Ennio Morlotti non ha militato, è anche vero che la sua pittura materica, carica di dolore nella quale la luce combatte per farsi strada tra le pieghe della sofferenza, costituisce l’immagine fedele di un’epoca travagliata. Il Vitello squartato di Bruno Cassinari è il ritratto della prevaricazione dell’uomo sull’uomo. Scipione morto a soli 29 anni di tubercolosi non fa in tempo a conoscere il regime e le sue conseguenze nella loro pienezza, ma la sua Apocalisse in mostra è quasi una profezia, così come i soggetti biblici evocati nell’impianto perfetto delle opere di Emilio Vedova. È un discorso silenzioso, intimo e personale. L’arte trova il suo spazio nella realtà, la interpreta, la modifica, la anticipa, la stravolge. È un invito a guardare al presente e alle sue minacce, mentre la storia incalza e le vicende si ripetono.
Santa Nastro
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