Sfida a tre per curare il Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2025
Credibilità, concretezza ed effettiva fattibilità: questi i criteri che hanno portato all'esclusione di sette progetti, stilando la terna finale da cui sarà selezionato il curatore che rappresenterà l'Italia alla 19esima Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia
A poco più di 200 giorni dall’apertura al pubblico della 19. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia, il percorso di selezione pubblica internazionale per la curatela del Padiglione Italia non si è ancora concluso. Siamo però arrivati– se non altro! – al rush finale dell’iter in due fasi promosso lo scorso 15 marzo dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. A dare l’ufficialità è arrivato il MiC e a curare il Padiglione Italia 2025 sarà uno tra questi tre architetti italiani: Massimo Alvisi, Cherubino Gambardella e Guendalina Salimei.
Alvisi, Gambardella, Salimei: chi curerà il Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2025?
La commissione presieduta dal Direttore generale Creatività Contemporanea e Commissario del Padiglione Italia Angelo Piero Cappello, che include Claudio Varagnoli, Paolo Desideri, Margherita Guccione e Renata Cristina Mazzantini, ha stilato la terna finale dopo l’esame delle 10 proposte (sulle 48 complessivamente pervenute) ammesse alla seconda fase. Anche la valutazione in termini di “credibilità, concretezza ed effettiva fattibilità“, precisa la nota, ha portato alla rosa dei prescelti, dalla quale sono esclusi gli altri 7 progetti ammessi alla seconda fase, presentati da Laura Andreini (Gruppo SEDIMENTA con Isotta Cortesi), Aldo Aymonino (con Valerio Paolo Mosco), LABICS + SPAZIO TAVERNA, Dario Costi, Michele De Lucchi – AMDL CIRCLE (con Angelo Micheli, Davide Angeli, Nicholas Bewick), Alfonso Femia e Luca Galofaro (con Domitilla Dardi, Annalisa Metta, Emanuele Quinz). L’ultima parola spetta ora al neo Ministro Alessandro Giuli, al quale il Commissario Cappello ha sottoposto gli esiti del lavoro della commissione. Giuli, indica il MiC, “individuerà la proposta curatoriale più idonea, che restituisca una visione particolarmente innovativa e non convenzionale del panorama dell’architettura italiana contemporanea“. Da notare che l’età media dei tre finalisti è superiore ai 60 anni.
I progetti di Alvisi, Gambardella, Salimei per il Padiglione Italia 2025
Esponenti della medesima generazione di architetti italiani (Alvisi è nato nel 1967, Gambardella e Salimei nel 1962) e senza dubbio noti nel contesto nazionale, i tre finalisti hanno sviluppato i rispettivi progetti curatoriali individuando quelle che, almeno da quanto possiamo cogliere dai titoli, sembrano essere due “macro-traiettorie tematiche”: da una parte potrebbe configurarsi un padiglione che affronta la (sempre centrale) questione abitativa nel contesto italiano; dall’altra si collocherebbero due distinte analisi della relazione tra il nostro Paese e la sua dimensione marina, in una fase storica segnata dal rinnovato interesse verso la progettazione degli waterfront e dall’urgenza di rispondere, tre le altre conseguenze della crisi ambientale, anche all’innalzamento dei livelli del mare. Nell’ovvia impossibilità di conoscere i dettagli delle loro candidature (ma con l’auspicio che al termine della selezione vengano resi noti i dieci brief), ci limitiamo a queste ipotesi suggerite dai titoli, unico dato diffuso al momento dal MiC. Dunque Homeness: Abitare visibile per cittadini invisibili è il progetto con cui concorre il gruppo curatoriale Habitus del quale, oltre a Massimo Alvisi, fanno parte Marilena Baggio, Marco Biraghi, Gianpiero Borgia, Roberto Fioretti, Vittorio Gallese, Christian Iaione, Pisana Posocco e Davide Ruzzon. Gambardella e Salimei sono rispettivamente in lizza con ITALIAMARE. Viaggio nell’architettura del razionalismo mediterraneo, che potrebbe avere una declinazione anche a carattere storico, e con TERRÆ AQUÆ. L’Italia e l’intelligenza del mare. Un titolo quest’ultimo che “strizza l’occhio” alle intelligenze già chiamate in causa da Ratti con il suo Intelligens. Natural. Artificial. Collective.
Il Manifesto di Economia Circolare della Biennale Architettura di Carlo Ratti
Nell’attesa della decisione di Giuli, i cui tempi non sono stati annunciati, di certo c’è che chiunque curerà il Padiglione Italia dovrà attenersi alle linee guida del Manifesto di Economia Circolare, diffuse dalla Biennale nei giorni scorsi. Redatto con Arup e il contributo di Ellen MacArthur Foundation, definisce sette principi da seguire nella progettazione, realizzazione e nel disallestimento delle strutture espositive: dal “massimizzare l’uso di materiali di recupero, riciclati o rinnovabili o di esposizioni/risorse già esistenti” al “progettare in un’ottica di decostruzione facile, puntando al 100% di riciclo o di riutilizzo dei materiali“, per citare due aspetti. Come aveva preannunciato nell’intervista ad Artribune, Carlo Ratti intende dunque rendere la Biennale Architettura da lui diretta una “Mostra autenticamente circolare” e per riuscirci chiama a raccolta le intelligenze globali coinvolte: “Sfruttando l’intelligenza della natura, dove nulla viene sprecato, questo Manifesto Circolare è un appello estremo a idee coraggiose, sperimentazioni ingegnose e collaborazioni sincere, con lo scopo di proporre soluzioni scalabili e realizzabili per un ambiente edificato che sia più sostenibile. Vogliamo creare e catalizzare un effetto reale anche quando la Biennale Architettura 2025 sarà terminata“. E chissà che non ci riesca davvero…
Valentina Silvestrini
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