A Oslo grande mostra fotografica sul femminismo radicale italiano
Da Lisetta Carmi a Pippa Bacca fino a Chiara Fumai, la mostra ripercorre l’avventura del femminismo radicale nella fotografia, riflettendo su quanto ancora resta da fare in termini di conquiste sociali
Per la prima volta in Norvegia un’ampia selezione di opere fotografiche provenienti dalla straordinaria collezione di Donata Pizzi, con prestiti dagli archivi Fumai, Mocellin, Vaglieri; insieme costituiscono La Passione, un progetto di ricerca ospitato da Fotogalleriet sul femminismo radicale italiano e la sua stretta relazione con la fotografia. Fino al 29 dicembre 2024.
Una mostra sull’arte italiana alla Fotogalleriet di Oslo
L’Italia degli anni Settanta, pur insanguinata dal terrorismo rosso e nero riesce ad ottenere alcune importanti conquiste in termini di libertà civili, fra cui il divorzio e l’interruzione di gravidanza; due conquiste che allargano principalmente l’orizzonte delle donne, sinora costrette a ruoli sociali e familiari ben definiti e immutabili; lentamente, grazie soprattutto all’impegno delle femministe radicali, si cerca di far passare il messaggio per cui la cura della famiglia e della casa non sono soltanto appannaggio delle donne, ma devono equamente essere divise all’interno della coppia. La donna cerca quindi di guadagnare parità sociale e maggiori possibilità di emancipazione, soprattutto in termini di carriera lavorativa. E la maternità viene presentata non più come un dovere ma come una libera scelta. Tutti concetti ovvi per una società civile, ma all’epoca non facili da presentare. Fondamentale in questo cammino civile è stato il contributo della fotografia, a cominciare dallo sguardo di Lisetta Carmi, impegnato a superare “quelle pratiche sociali che costituiscono il corpo come oggetto docile e rassicurante”, come ha osservato anche Rosi Braidotti.
Il titolo della mostra richiama sia la forza e l’abnegazione con cui le donne hanno lottato negli anni Settanta, sia la sofferenza (in senso cristiano) che questo percorso ha loro purtroppo portato.
Le esperienze degli anni Sessanta e Settanta
La mostra prende le mosse dagli anni Sessanta, con il lavoro di Lisetta Carmi fra la comunità dei travestiti genovesi, dove fra echi di Goya e Velasquez, emerge una riflessione sulla femminilità non strettamente biologica, una discussione su cosa significhi sentirsi donna, anche in corpi biologicamente diversi; il femminismo è sempre stato inclusivo, un atteggiamento rivoluzionario per l’epoca, ma che ancora oggi, a mezzo secolo di distanza, suscita il sospetto dei cosiddetti benpensanti. La rottura degli schemi e il superamento dei ruoli assegnati dalla società patriarcale è sempre stata appannaggio del femminismo radicale, anche con i lavori di Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna) e del Gruppo del mercoledì, che mettono in discussione stereotipi maschilisti e allargano di prepotenza quei ristretti orizzonti domestici che la società patriarcale voleva imporre loro. E con ironia, Marcella Campagnano reinterpreta la moda barocca del Seicento e la “regalità domestica” cui le donne sono confinate. Ironia che appartiene anche a Lucia Marcucci, esponente della poesia visiva, la quale, giocando anche con il linguaggio, crea momenti di doppio senso per ridicolizzare gli stereotipi maschili.
Pippa Bacca alla Fotogalleriet di Oslo
La mostra di Oslo è una riflessione sulle conquiste ottenute con tanta fatica, ma purtroppo in gran parte perse, se si osserva con un minimo di attenzione non soltanto la cronaca quotidiana, ma la situazione dei rapporti fra generi in Italia. Violenza e discriminazioni contro le donne sono purtroppo ancora oggi una diffusa realtà. Per cercare di rompere queste barriere e per aprire un dialogo con il mondo Pippa Bacca ha sempre usato la metafora del viaggio, anche nelle opere dell’omonima serie in mostra; ogni persona incontrata, in famiglia come nel mondo, a volerla conoscere offre l’opportunità di un viaggio in un’altra mentalità, in differenti punti di vista, fino a intraprendere lei stessa quel viaggio dall’Italia alla Palestina che, interrottosi in Turchia, le è costato la vita. E alla sua memoria, la regista turca Bingöl Elmas ha realizzato My letter to Pippa, mediometraggio in cui prosegue quel viaggio tragicamente interrottosi nel 2004 a Gebze, per mano di un folle assassino. Nel suo incedere attraverso la Turchia interna, incontra una società patriarcale ancora ben salda, dove la donna è costretta a ruoli marginali, e dove i pregiudizi e gli stereotipi sono ancora radicati; ma ascoltando le conversazioni con i tanti turchi incontrati da Bingöl Elmas, vi si riscontra una mentalità non troppo diversa da quella italiana, a dimostrazione di come anche da noi la situazione sociale sia profondamente regredita negli ultimi 20 anni.
Violenza sulle donne; la mostra a Oslo
Una piccola sezione di documenti, con libri e cataloghi sul femminismo radicale; desta particolare interessa una pubblicazione del 1975 da parte di Edizioni delle Donne, Un album di violenza, con estratti da Paese Sera sui delitti e gli atti di violenza contro le donne. A mezzo secolo di distanza, la situazione è purtroppo peggiorata. Lo dimostra l’opera che chiude la mostra, Everyday Dicks, realizzata da Silvia Giambrone, mettendo insieme i video pornografici ricevuti per alcuni anni da uno stalker rimasto anonimo e impunito: scene di masturbazione inviate alla donna a scopo di minaccia, offesa, o quant’altro, accompagnate dalla lettura da parte dell’artista dei commenti ricevuti da amici (uomini e donne) ai quali aveva raccontato lo spiacevole episodio. Un’opera che fa riflettere, perché alcuni commenti sono simili a quelli che Bingöl Elmas ha avuto durante il suo viaggio in Turchia. Ma soprattutto fa pensare che nel 2024 esistano ancora persone dall’intelletto disturbato che la legge lascia però a piede libero non considerandole pericolose. Ed è anche questa un’offesa verso le donne.
Il futuro della questione femminile
Nonostante il taglio di ricerca storica, la mostra è particolarmente attuale, per il modo in cui sottolinea la prosecuzione di una lotta civile per l’uguaglianza che dopo oltre mezzo secolo non è stata, purtroppo, ancora vinta, come dimostrano i vergognosi episodi quasi quotidiani di donne assassinate in tutta Italia, i non meno orribili crimini sessuali e le discriminazioni sul lavoro di cui le donne sono ancora oggi vittime. La mostra è anche una riflessione sulle costrizioni e gli stereotipi del corpo femminile, in un momento storico in cui l’ipocrisia e la retorica che ruotano attorno a concetti quali la famiglia tradizionale e le relazioni di genere, opprimono molto spesso le donne (ma non solo) con una sorta di “dittatura” sociale che impone ruoli e comportamenti, in una sorta di regresso sociale rispetto al libertarismo degli anni Settanta. La “questione femminile” riguarda però anche tante altre società nel mondo, a cominciare dalla Turchia, dove Pippa Bacca è stata assassinata, e dove il patriarcato opprime ancora decine di migliaia di donne
Niccolò Lucarelli
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