Visitare una mostra cercando di non cadere. 4 giovani artisti alla Manifattura Tabacchi di Firenze
Quattro artisti, dopo sei mesi di residenza a Firenze e in Toscana, coordinati da una curatrice in residenza, abitano il Caveu di uno spazio industriale con corpi, presenze, tracce che scompaiono, vibrazioni
Il risultato di una residenza artistica è sempre una attività frutto di contrattazione e compromesso, di chimiche che si creano oppure no, di incontri e di scontri. È filata liscia l’esperienza del gruppo di artisti, coadiuvati dalla curatrice Benedetta Casini, nell’ambito del progetto Wonderful! alla sua prima edizione. Voluta dal Museo Novecento Firenze e dal suo direttore Sergio Risaliti, la residenza, con la cura di Stefania Rispoli, è stata sostenuta dalla filantropa Maria Manetti Shrem ed è stata realizzata con la collaborazione della Fondazione Claudia Cardinale. Gli artisti Friedrich Andreoni, Lucia Cantò, Benedetta Fioravanti e Giovanna Repetto hanno, per loro scelta, occupato gli spazi più ruvidi della Manifattura Tabacchi, andando ad abitare l’ex Caveau, ancora non interessato da un processo di ristrutturazione, con opere, presenze fantasmagoriche, tracce che presto spariranno.
La mostra delle residenze Wonderful!
Anche in un castello si può cadere è il titolo scelto da Casini, dove l’opera implica un inciampo, l’occasione è un incidente, un imprevisto; può far nascere opportunità, mutare il corso delle cose, creare traumi e tensioni. Ed è infatti un percorso accidentato quello che il visitatore si trova ad affrontare, alla ricerca dei lavori tra le testimonianze ingombranti del passato dello spazio prestato all’esposizione. È dunque l’affermazione del corpo, fisico, emotivo, metaforico, scenico, misura del mondo a guidare offrendo le coordinate con la sua presenza. “È sintomatico”, spiega infatti Casini, “che ad unire i lavori in mostra sia proprio l’attenzione, talvolta indiretta, mai scontata, verso i segnali del corpo. Un corpo in tensione, scisso fra la possibilità̀ di un ripiegamento nell’io e nell’affermazione individuale, e la predisposizione alla porosità̀, ad un atteggiamento permeabile agli stimoli esterni”.
Le opere della residenza Wonderful!
Nel video I still love you di Benedetta Fioravanti (Ascoli Piceno, 1995), il corpo urta altri corpi, il sonoro accompagna, sembra guidare una narrazione che invece si fa sempre più irriconoscibile, talvolta paranoide. Ciò che apparentemente sembra essere un montaggio di storie quotidiane di ragazzi va invece ad intersecarsi con presenze offerte da YouTube, tra reale e finzionale, tra esperienza diretta e estrazione dal web. La sempre più matura artista Lucia Cantò (Pescara, 1995) spazia con grande disinvoltura tra i materiali dell’arte. Chi la conosce per la sua pratica che unisce la scultura con la ceramica, qui la vedrà alle prese con la sensualità dell’alabastro e con una sperimentazione che ha coinvolto i maestri vetrai. Ne Il problema dei due corpi porta infatti all’estreme conseguenze la pratica artigianale proponendo una doppia soffiatura. Ciò che nasce per essere solo si sdoppia. Il fare diventa relazione, con i suoi possibili effetti, la buona riuscita o il fallimento. Giovanna Repetto (Padova, 1990) popola lo spazio di presenze fantasmagoriche. Frasi, motti, messaggi, che vanno a confondersi con le segnaletiche persistenti del Caveau, realizzate con l’artemisia essiccata utilizzata nella medicina cinese, vengono sottoposte ad un gesto performativo ed incendiate. L’opera è ciò che resta, una traccia nella terra, un ricordo.
Progetti site specific alla Manifattura Tabacchi
“Darling Tongue”, spiega la curatrice, “riprende il concetto di mother tongue, che fa riferimento al linguaggio acquisito nei primi anni di vita attraverso il suono della voce materna”. Infine, Friedrich Andreoni (Pesaro, 1995) con l’installazione sonora What to do with our dreams? prosegue con la propria ricerca tra sound art e installazione. Le architetture che contraddistinguono la sua pratica tornano anche in questo frangente, ma con un approccio site specific. In questa occasione l’artista ripropone infatti le esatte proporzioni, in scala, della Chiesa di San Miniato al Monte, rielaborando i canti sacri gregoriani fino a renderli irriconoscibili. L’obiettivo non è l’ascesi, ma scardinare la percezione. Il linguaggio si perde, le parole scompaiono, ciò che è divino diventa pura vibrazione.
Santa Nastro
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