Nel sistema dell’arte non c’è spazio per un artista scomodo. Parla Pino Boresta

Quanto sono ancora necessarie le fiere d’arte? Parte da qui l’artista Pino Boresta per narrare le sue ultime (brutte) esperienze con questi attori del mercato. Da Arte Fiera ad Artissima, fino a Roma Arte in Nuvola, tra minacce e pedinamenti. Ecco il suo racconto

E se le fiere d’arte contemporanea fossero diventate inutili?

  • Fiere d’arte che non servono più ai giornalisti, il cui press pass, in alcune fiere, è stato confinato ad un unico giorno solo per loro, e per questo motivo quel giorno l’evento va totalmente deserto. Dimostrazione di quanto scelta più bislacca e sbagliata sia mai stata fatta da un’organizzazione fieristica.
  • Fiere d’arte che non servono più alle gallerie, molte delle quali si lamentano che non vendono nulla, e sicuramente non come una volta.
  • Fiere d’arte che non servono più a critici e curatori che considerano queste, solo una vetrina di opere già viste, trite e ritrite. Opere scelte e mostrate con l’unico scopo di essere vendute, e così svuotare i magazzini. Per cui pur recandovisi, non riescono a costruire nessun progetto espositivo di buona qualità.
  • Fiere d’arte che non servono alle riviste di settore, che spesso bistrattate, partecipano svogliatamente e solo per cortesia visto che, è stata comprata qualche pagina di pubblicità.
  • Fiere d’arte che non servono ai collezionisti, stanchi della solita, bassa e scarsa qualità dell’offerta di opere e artisti presenti solo per amichettismo o familismo. Per questo si impigriscono ed evitano di imbarcarsi in viaggi infruttuosi.
  • Fiere d’arte che non servono agli artisti, che fra centinaia e centinaia di altri loro colleghi, spesso anche mediocri, diventano invisibili. Esattamente come il loro quadruccio attaccato chi sa dove? Proprio come se avessero attaccato un adesivo in giro per la città insieme a un milione degli altri stickers che già vi si trovano, e che ormai nessuno guarda più. Artisti che magari, hanno fatto pure qualche sacrificio per dividere le spese con il compiacente gallerista, che mi chiedo io se sia realmente interessato a loro lavoro.
  • Fiere d’arte che non servono neanche alla formazione del personale impiegato per organizzarle, come: le segreterie, il press office, le hostess, la sicurezza etc. le quali essendo figure completamente avulse dal mondo dell’arte, si comportano come degli automi ignoranti e sgarbati, anche se si trovassero di fronte a Pablo Picasso in persona.  
  • Fiere d’arte che non servono ai talk e ai dibattiti, sempre meno seguiti nelle aree a loro assegnate.
  • Fiere d’arte che non servono più al pubblico dell’arte e al normale cittadino che a causa dei prezzi del biglietto sempre più alto si orienta diversamente, e frequenta altri luoghi.

Le fiere d’arte sono necessarie?

Ma allora a chi e a che cosa servono tutte queste fiere che prolificano in tante città italiane? Forse servono solo a chi le organizza per una forma di prestigio personale? Alla politica per vantarsi di occuparsi di cultura? A qualche furbacchione per accedere a fondi statali o comunali? A quelle gallerie che non pagano a scapito di quelle che pagano, o pagano di meno? Ad illudere dei poveri artisti che i loro impegni e sforzi vengono così finalmente riconosciuti e premiati? A spacciarle come offerta culturale, quando tali non sono, e tentare di farsi belli con l’Europa? A far giocare annoiati personaggi che non saprebbero cosa altro fare nella vita?

Dove è andata a finire la platea dell’arte?

Qualche giorno fa sono andato al cinema a vedere il film Pissarro il padre dell’Impressionismo. Allora, non ci crederete ma in sala eravamo in due, io e la mia dolce metà. Ma qualcuno non ha detto che la platea dell’arte è sempre più vasta? Eppure, considerate che l’Impressionismo è la corrente d’arte più famosa al mondo, il cui solo nome è conosciuto anche da chi di arte non si interessa. Ebbene, quando durante la proiezione viene detto che ai tempi di Pissarro partecipare al Salon “ufficiale” era l’unico modo per un artista per essere considerato tale, ho pensato che, probabilmente anche oggi, c’è qualcuno che pensa che partecipare alle fiere d’arte, specialmente quelle più blasonate, sia l’unico modo affinché qualcuno ti riconosca come artista di valore e degno di considerazione. 

Le fiere non sono certificati di qualità

Ma aimè, se forse una volta vi era qualcosa di vero, ormai non è certamente più così. Ne sono la prova le centinaia se non migliaia di artisti che in più di trent’anni ho visto passare negli stand delle gallerie presenti a queste fiere, spacciati come i nuovi artisti emergenti più interessanti del panorama corrente. Niente di più falso, anche perché chi prima, chi dopo, sono tutti spariti e caduti nell’oblio più assoluto, a scapito delle tasche di chi ha creduto a quello che gli veniva detto, e che hanno accumulato in cantina, in soffitta o qui o lì opere e opere di questi artisti. 

Fiera con poco pubblico
Fiera con poco pubblico

Il sistema dell’arte e gli artisti outsider

Mentre io, che mai mio quadruccio è stato appeso a queste sfavillanti fiere, sono sempre qui con voi, ma se mi desiderate, affrettatevi, perché non so per quanto ancora potrò fermarmi qui con voi. È per questo motivo che già dal 2003 con il progetto L.C.A. Libri in Cerca d’Autore (ma anche prima con altri progetti) mi sono risoluto a donare, senza chiedere nulla in cambio, piccole opere che facciano conoscere una parte della mia ricerca artistica, o che perlomeno incuriosiscano in tal senso. Ma questo, pare dia fastidio a molte persone del sistema dell’arte intero, le quali credono, impedendomi di dare sfogo al mio estro artistico, di avvantaggiarsi di chi sa quali prodigiosi enormi frutti.  

La concorrenza delle fiere minori

Siamo così sicuri che questo schiacciamento delle fiere d’arte più blasonate nei confronti del Sistema dell’Arte non vada a loro discapito? Non rischiano che accada anche a loro quello che successo con il Salon des Refusés che divenne più importante di quello ufficiale? E che quindi, fiere minori che si tengono in concomitanza con quelle più importanti, per esempio: Flash Back, The Others, List Art Basel, ed altre che stanno nascendo sempre con nuove formule, finiscano per rubargli totalmente la scena?

Bombe a mano o libri?

Quello che è successo a Bologna ad Arte Fiera ve l’ho raccontato qui. Mentre a Torino durante Artissima 2024 non negandomi l’accesso mi è stata comunque riservata un’attenzione particolare, sia a me che al mio progetto, incaricando due o tre hostess di eliminare immediatamente, ovunque li trovassero, i miei libri. Fortunatamente lavorando in tandem ce ne siamo subito accorti e abbiamo perso (se così si può dire) solo 3 o 4 libri, che chi sa dove saranno andati a finire? Probabilmente in un cestino dell’immondizia? Ho poi, con una delle ignare hostess a cui era stato dato questo ingrato compito, la quale pensava di agire in incognito, giocato un po’ porgendole direttamente uno dei miei libri. Questa inaspettata azione l’ha impaurita, ed ha rifiutato di prendere il libro agitando le mani come se le stessi porgendo una bomba a mano (forse queste mie opere sono proprio questo, e non ne avevo coscienza?). Da quando è accaduto, non so perché, ogni qual volta lo racconto, pensando alla faccia che ha fatto quella ragazza, non riesco a trattenermi dal ridere. Forse, il motivo risiede nel fatto che è piuttosto emblematico ed indicativo riguardo quello di cui stiamo parlando? 

“Sorvegliato speciale” come Sylvester Stallone?

Per quel che concerne invece la fiera di Roma Arte in Nuvola, pur non avendo nessuna intenzione di mettere in atto la mia azione di book crossing artistico, volevano negarmi l’accesso. Dopo una lunga e scortese anticamera mi hanno fatto entrare dicendomi: “Vabbè! Faccia il suo giretto e poi vada”. Nel pieno di quell’unico giorno dedicato alla stampa la fiera era praticamente deserta, “Questa sì che è una super idea” mi sono detto. Ma mentre mi aggiravo velocemente tra gli stand, giusto per dare uno sguardo e scappare via presto (in quanto Jannik Sinner e compagni di Coppa Davis mi aspettavano in diretta tv), mi sono accorto, neanche fossi un pericoloso terrorista, che mi stavano facendo seguire da diversi addetti alla sicurezza che si alternavano tra loro. Se n’è accorta anche la mia amica curatrice Barbara Martusciello direttrice di Art a Part of culture (una delle poche giornaliste addette ai lavori presente) che volendo scherzare e fare una battuta, mi ha detto: “Ah! Ah! ti stanno seguendo”, e io gli ho detto “No! Guarda lo stanno facendo davvero”, e lei quasi non voleva crederci. 
Gli ho poi spiegato che l’intento del mio progetto, che per altro non volevo attuare, era questo: “L’idea di questo mio progetto con i libri consiste nel mettere nell’immediata disponibilità, di un pubblico che non se lo aspetta, delle opere non opere, che grazie al fascino che i libri esercitano su tutti noi, abbatta le barriere di incomunicabilità che esistono fra fruitore e artista. Io credo che l’arte debba accendere la vita con nuove forme di solidarietà e collaborazione anche con quegli spettatori professionisti che ormai tutti noi siamo diventati, e scardinare quei codici precisi che qualcuno vorrebbe imporci, e trasformare invece gli ambienti in: ‘fuori luogo’, ‘fuori schema’, fuori dal coro’”.

Roma Arte in Nuvola e i maltrattamenti a Pino Boresta

E pensare che la direttrice artistica di Arte in Nuvola è la stessa che, quando nel 2019 lo era di Artverona mi aveva invitato a partecipare ufficialmente, presentando e realizzando per i giorni della fiera proprio il mio progetto LCA (che per l’occasione era diventato AV.LCA; Il progetto LCA è stato compiuto anche per un mese interno al MACRO Asilo invitato da Giorgio de Finis). Ma? Va a capire come funzionano queste cose. Quella stessa direttrice che l’ultimo giorno di questa fiera di Roma si è voluta scusare con me in quanto, pur essendo io in possesso di più di un biglietto omaggio (uno addirittura VIP), uno zelante (non si è capito poi bene a chi) addetto alla sicurezza ha cercato a tutti costi di impedirmi l’accesso sostenendo e dicendomi che ero persona non gradita. Pensate che questi, pur avendo io rinunciato ad entrare in fiera, è arrivato fino al punto di minacciarmi seguendomi anche fuori dalla Nuvola fino a quasi dove avevo parcheggiato la macchina. Minacce che si sono poi concretizzate, quando tornando alla fiera, perché mi avevano inviato un nuovo codice d’accesso, questi ha trovato il modo, di sua iniziativa con la cassiera, di invalidarmi anche questo nuovo pass. Sono poi arrivati anche tre poliziotti in borghese amici suoi, che senza volermi spiegare il motivo, senza volermi dire chi li avesse mandati, senza mostrarmi un tesserino di riconoscimento e senza rilasciarmi nessuna ricevuta di avvenuto controllo, a brutto muso, hanno voluto prendere i miei estremi a seguito della presa visione di un documento. 

Il limite tra sicurezza e libertà negata è sottile

Ora ho motivo di credere che questi agenti di polizia non si sarebbero così comportati se avessero saputo la reale ragione della loro azione, che consta essenzialmente nel fatto che io in passato regalavo libri. E non ce l’ho neanche con l’addetto alla sicurezza, che probabilmente esagerando, stava comunque facendo il suo lavoro. Ma io credo che non si debba prendere troppo alla leggera fatti come questi, perché gli artefici e i responsabili di quello che accade a noi ed alla nostra Nazione di appartenenza siamo soprattutto noi. Solo responsabilizzandoci in prima persona possiamo evitare che succedono brutte cose come in altri Paesi, dove mettendo persone non idonee o arroganti in posti di responsabilità causano danni e limitano le libertà dei loro stessi cittadini. Vedi il caso del ragazzo che negli Stati Uniti è stato incaprettato dai poliziotti e trattato indecentemente per non aver fatto nulla. E se vogliamo esagerare; un Giulio Regeniche semplicemente combatteva per una causa che riteneva giusta. Forse, quello che cerco, in piccolo, di fare pure io? Mi chiedo, è forse questa la battaglia che sto cercando di portare avanti? Questo becero Sistema dell’Arte italiano non sta forse esagerando? 

Dichiarazione di pace di un artista scomodo

Credo che sia molto triste che un artista, ostracizzato e osteggiato in ogni maniera dal sistema dell’arte debba arrivare fino al punto di doversi scusare con qualcuno per avergli gentilmente inviato un invito omaggio, e giustificarsi per il suo lavoro di “artista scomodo”, che aveva dichiarato di non aver nessuna intenzione di effettuare, così come è poi stato: parlo del mio lavoro di book crossing artistico. Perché, come ben tutti sanno, regalare libri è reato. Ma pare che, qualcuno avesse messo in giro false dicerie e maldicenze sul mio conto (e credo anche di sapere chi sia stato), pur di sostenere e pompare artisti insignificanti e assecondare gallerie/galleristi invidiosi di come io con il mio “arco e frecce” riesca ad inventarmi come tenere testa a quel “super, super carrarmato” che è il Sistema Arte. Mi diffamano, e sono disposti ad arrivare a creare un caso che sfiori quello di artisti come Mia Martini o Marco Masini. Per cui lo voglio dire qui a favore di tutti i direttori, e non solo delle fiere: ArteFiera, Artissima, Miart, ArtBasel ma anche della Quadriennale di Roma, della Biennale di Venezia ecc. Il mio progetto dei libri L.C.A., nella sua forma clandestina e sovversiva è terminato, e anche se a più di qualcuno mancheranno, non vi infastidirò più con questi miei lavori. 

Pino Boresta

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Pino Boresta

Pino Boresta

Pino Boresta nasce Roma e vive a Segni (Roma). Sulla scia di valori dei Situazionisti, di cui condivide impostazioni e finalità, realizza un’arte fatta di coinvolgimenti a tutto tondo, di se stesso e dei fruitori consapevoli o inconsapevoli delle sue…

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