Joseph Cornell. Ecco chi era cacciatore di immagini, a 52 anni dalla morte
Il 29 dicembre 1972 moriva Joseph Cornell, uno dei più importanti, influenti, sperimentali artisti visivi. Ecco chi era e perché la sua arte è stata così rivoluzionaria
Joseph Cornell (Nyack, Stato di New York, 24 dicembre 1903 – New York, Queens, Bayside, 29 dicembre 1972) è stato uno dei più importanti artisti visivi e registi sperimentali statunitensi del ‘900, i suoi splendidi Assemblaggi e i suoi film, creati giuntando e alterando footage di scarto, lo iscrivono, senza dubbio, tra i principali artisti del Movimento Surrealista. Autodidatta, molto colto, ha passato la maggior parte della esistenza isolato, in una piccola casa in legno, prendendosi cura della madre e del fratello Robert, gravemente disabile. A 52 anni dalla sua scomparsa Cornell è ancora poco noto in Italia.
La storia di Joseph Cornell
Si dice che il nome che ci viene assegnato alla nascita abbia una qualche misteriosa influenza sullo srotolamento della nostra vita, nel caso di Cornell, non è il nome, è il luogo. L’artista ha vissuto la gran parte dell’esistenza in un sobborgo del Queens, New York, Bayside, in Utopia Parkway, che sarebbe come dire che ha vissuto sul Viale dell’Utopia. Famiglia agiata, che alla morte del padre, nel 1917, è obbligata a vivere in ristrettezze, la madre, lettrice compulsiva, vende maglioni e dolci fatti in casa, Joseph, dopo due anni alla Phillips Academy di Andover (1917 – 1919, studi in Lingue Romanze e Scienze) abbandona e inizia a lavorare, fa il venditore porta a porta nel quartiere di Lower Manhattan. Percorre a piedi la città per oltre dieci anni, tra un appuntamento e l’altro rovista nei negozi di libri usati e di robivecchi (negli USA sono detti Dime-Store, termine di difficile traduzione letterale, che significa Negozio da Dieci Centesimi), inizia una bizzarra, surrealista, collezione di libri, cartoline, dischi, giornali, riviste stampe, merchandising strampalato, meccanismi spaiati, cimeli teatrali, metraggi di vecchi film di serie B.
Come Cornell diventa un artista
Frequenta le gallerie d’arte, i musei, la sera si reca al Balletto o all’Opera. Nel 1929 la famiglia riesce ad acquistare la casa del Viale dell’Utopia, il seminterrato diviene lo studio di Cornell, lì è stata creata l’intera opera dell’artista.
Nel 1931, venditore di frigoriferi porta a porta, Joseph Cornell capita al 602 di Madison Avenue, alla galleria d’arte di Julien Levy; Joseph osserva il gallerista intento a disimballare oggetti e dipinti Surrealisti in arrivo dalla Francia, tra cui alcuni collage di Max Ernst. Cornell ha 28 anni.
L’incontro con Max Ernst e con la poetica Surrealista muta la sua vita. La pazzesca collezione di reperti pescati nei Dime-Store genera le prime “Shadow Boxes”, le Scatole dell’Ombra sono vere e proprie scatole, dove vengono assemblati oggetti disparati senza un apparente senso logico, Cornell le chiude con un vetro. Presente e passato si mescolano, l’artista le definisce “archivi della memoria” e “piccoli rifugi della poesia”.
Le Shadow Boxes di Cornell
Si diceva “senza un apparente senso logico”, in realtà è sufficiente osservarne una per essere colpiti dal loro indefinibile fascino e dalla loro bellezza. Si potrebbe affermare che le Shadow Boxes siano una molto innovativa interpretazione della tecnica Surrealista del Cadavere Squisito o Eccellente che dir si voglia (Cadavre Exquis), che consta nel creare un testo o un’immagine attraverso un lavoro di gruppo, in cui ogni partecipante ignora i contributi degli altri. Ma Cornell è da solo, con i suoi ritrovamenti neo-archeologici. Le prime Scatole sono costruite per il fratello malato. Quando le mostra a Julien Levy, il gallerista lo invita a partecipare, nel 1932, alla prima mostra surrealista di New York.
Cornell e il Surrealismo
Cornell ha giurato e spergiurato di non essere un Surrealista, riteneva che i Surrealisti lavorassero, magnificamente, con una tecnica filosoficamente assimilabile alla “magia nera” mentre lui praticava la “magia bianca”. Ma Surrealista è.
Tra il 1932 e il 1936 Cornell lavora con diversi tipi di scatole prefabbricate, per finire a costruirle lui stesso. In quel periodo incontra Marcel Duchamp, Max Ernst, Roberto Sebastián Matta, Robert Motherwell ed espone alla mostra “Arte fantastica, Dada, Surrealismo;” al MoMa di New York. Nel 1936 realizza il suo primo film, costruito con un collage di footage di scarto comperato nei magazzini del New Jersey, principalmente dal film “East of Borneo”, giuntato, in parte virato al blu, rallentando la velocità di proiezione da 24 a 16 fotogrammi al secondo; la star del b-movie era la attrice Rose Hobart, così si intitola il film di Cornell. “Rose Hobart” si muove lentamente, per la diminuzione della velocità’ di proiezione, il viraggio blu ne accentua l’effetto straniante e magico, il film chiude con le riprese di un’eclissi solare abbinate ad una palla bianca che cade, naturalmente al rallentatore, in una pozza d’acqua. Si narra che Salvador Dalì, che assisteva alla prima nella galleria di Julien levy, si alzò in piedi gridando e affermando che Cornell gli aveva rubato l’idea dal cervello.
La cinematografia di Joseph Cornell
I film di Cornell hanno profondamente influenzato il Cinema Sperimentale, dal geniale Stan Brakhage ai nostri Alberto Grifi e Gianfranco Baruchello. In arte, non è improprio affermare che le sue Shadow Boxes siano state prodromiche ai celebri dipinti-oggetti di tre grandi maestri della Pop art: Jim Dine, Robert Rauschenberg, Jasper Johns.
Tornando all’Utopia, trascrivo un breve testo che Motherwell scrisse, nel 1953, per la introduzione ad un catalogo dedicato a Cornell e mai pubblicato (quindi inesistente, immaginario, utopico):
“Che uomo è questo, che da vecchie foto su cartone trovate in negozi di libri di seconda mano ha ricostruito per il proprio occhio interiore l’ottocentesco grand tour dell’Europa, in modo ancor più vivace di quanto avessero fatto coloro che il tour l’avevano fatto; che a quel tempo non era ancora nato e non è mai stato all’estero; che sa quale aspetto aveva il Vesuvio in una data mattina del 1879, e conosce i balconi in ferro di quel particolare hotel a Lucerna? […] Che […] è in grado di instillare questo senso del passato in qualcosa che può essere stato concepito solo nel presente, destinato a rimanere come regalo di questo presente al futuro: che uomo è, dicevamo?”
I libri su Joseph Cornell
Su Cornell sono reperibili diverse pubblicazioni, a mio parere la più completa è “Joseph Cornell – Master of Dreams” di Diane Waldman (2002, Abrams, New York), ma la piu’ straordinaria e geniale è un breve libro del poeta e saggista Charles Simic, pubblicato nella Piccola Biblioteca Adelphi con il titolo “Il cacciatore di immagini – L’arte di Joseph Cornell” (2005, Adelphi Edizioni). Titolo che ho clonato per questo breve scritto. Scrive Simic:
“Da qualche parte nella città di New York ci sono quattro o cinque oggetti ancora sconosciuti che si appartengono. Una volta insieme faranno un’opera d’arte. Questa è la premessa di Cornell, la sua metafisica e la sua religione […] Marcel Duchamp e John Cage usano un’operazione casuale per sbarazzarsi della soggettività dell’artista. Per Cornell è il contrario. Sottomettersi al caso è rivelare sé stessi e le sue ossessioni”.
Joseph Cornell muore per un attacco cardiaco, nella casa di legno di Bayside, il 29 dicembre del 1972, 52 anni or sono. Adelphi ha elaborato, per il libro di Simic, un titolo perfetto, diverso dal bellissimo titolo originale che è sostanzialmente intraducibile, essendo “Dime-Store Alchemy – The Art of Joseph Cornell”. In italiano suonerebbe come “La Alchimia del robivecchi” o del rigattiere, suonerebbe male, ma il termine Alchimia è essenziale per comprendere l’opera di questo straordinario artista.
Stefano Piantini
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