A Roma la mostra d’arte contemporanea dedicata al ponentino, il famoso vento della Capitale
"Le opere d'arte hanno un'anima?" Questa la domanda all'origine della mostra "In una brezza leggera", nuovo capitolo del ciclo di esposizioni a cura di Smarrelli che da dieci anni offre una panoramica degli artisti attivi a Roma
È il ponentino, vento fresco, estivo, leggero che, dal mare, spira tipicamente a Roma, il protagonista del decimo capitolo di Conversation Piece; ciclo di mostre a cura di Marcello Smarrelli che ogni anno, alla Fondazione Memmo, fa il punto sullo stato degli artisti a Roma. Già perché, con tutti i suoi difetti, Roma rappresenta ancora nel panorama artistico internazionale, una meta ambita, luogo nevralgico dell’arte e della cultura e per questo scelto come città di elezione da molti artisti italiani e stranieri. Così, fino al 30 marzo 2025, la Fondazione ospita la mostra In una brezza leggera che, al di là del riferimento al lieve vento, parte da una domanda piuttosto impegnativa: “le opere d’arte hanno un’anima?”
Alla Fondazione Memmo di Roma l’arte tocca la trascendenza
Un quesito sorto sulla scia del dibattito contemporaneo, per cui, come ha spiegato il curatore Marcello Smarrelli, “oggi si parla di un nuovo animismo, evidente in ambito artistico nell’attitudine ancestrale di considerare le opere non tanto come oggetti quanto come soggetti”. Tendenza incline a estendere il concetto di anima, oltre i confini dell’umano, arrivando persino alle cose. Tema su cui il curatore ha invitato gli artisti a riflettere, con una mostra che unisce opere site specific ad altre esposte per la prima volta a Roma, realizzate da artisti diversi per generazione e background.
Gli artisti della decima edizione di “Conversation Piece” alla Fondazione Memmo
I protagonisti di questa nuova edizione di Conversation Piece sono: Enzo Cucchi (1949, Italia) con un’opera collettiva realizzata insieme ad Andrea Anastasio, Francesco Arena, Marc Bauer, Elisabetta Benassi, Carlo Benvenuto, Domenico Mangano; Sidival Fila (1962, Brasile); Richard Mosse (1980, Irlanda. Philip Guston Rome Prize 2024-2025 presso American Academy in Rome); Vanessa Garwood (1982, Regno Unito); Bianca Bondi (1986, Sudafrica. Pensionnaire 2024-2025 presso Accademia di Francia a Roma – Villa Medici). Confermando l’apertura e l’interesse del curatore e della Fondazione Memmo per le realtà legate alle Accademie e alle Istituzioni internazionali.
A partire dal titolo, tratto dal racconto biblico in cui il profeta Elia incontra Dio in una brezza leggera, gli artisti si sono misurati con un tema che, come di consueto, pur avendo un carattere universale è strettamente legato alla Capitale e carico di simbologie. I riferimenti, infatti, vanno dalla creazione dell’uomo nella Genesi che, plasmato nella polvere, fu poi animato da un alito divino; alla mitologia greca, in relazione alla personificazione di Zefiro, vento che come il Ponentino romano spira da ovest; fino ad arrivare alla filosofia che interpreta lo pneuma come l’origine di tutte le cose.
Un percorso che porta a riflettere nella Fondazione Memmo
Lungo il percorso disegnato dal curatore anche la domanda all’origine della mostra suona più chiara. Tutte le opere condividono una riflessione sul tema declinata in toni diversi, che vanno dal serio al faceto. Scirocca, scultura creata nel 2005 da: Andrea Anastasio, Francesco Arena, Marc Bauer, Elisabetta Benassi, Carlo Benvenuto, Domenico Mangano, invitati da Enzo Cucchi ad intervenire su un blocco di marmo della Maiella, “per il suo essere figlia del caso, un ibrido curioso nato dal gioco di più artisti” ha affermato il curatore Smarrelli, “si può considerare come il manifesto della mostra“. Con la site-specific Pneuma Bianca Bondi reagisce alla fugacità della vita cristallizzando il respiro. Mentre, Vanessa Garwood invade pareti e soffitto con il dipinto espanso Give me a hand to say yes. Un invito alla danza, ispirato ad un affresco pugliese del VI secolo che nel titolo richiama ironicamente un famoso stornello romano. Richard Mosse, utilizzando la pellicola ormai fuori produzione Kodak Aerochrome, si sofferma con la serie fotografica Infra sulle sofferenze vissute dagli abitanti del Congo, a cui restituisce – per quanto possibile – un soffio di vita brutalmente tolto loro da meri interessi commerciali. Infine, il frate minore francescano Sidival Fila, restituisce nuova vita a stoffe antiche immettendole nei suoi lavori.
Per concludere, tornando alla domanda, se l’anima è tale per il suo sopravvivere alla morte del corpo, allora non saranno “anima” anche le opere d’arte che sopravvivono ai loro autori? Del resto, indipendentemente dal credo religioso è indubbio che l’arte, nelle sue manifestazioni più alte, sopravviva nel tempo raggiungendo una concreta immortalità per diventare, come ha osservato il curatore, “la testimonianza di un processo spirituale e metafisico, di una koinè culturale trasmessa alle generazioni future”.
Ludovica Palmieri
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