“Togliete l’opera di Nanni Balestrini dalla mostra sul Futurismo”. Gli eredi mai avvisati dell’inserimento 

Intervista al curatore Marco Scotini che spiega perché gli eredi di Nanni Balestrini, scomparso nel 2019, vogliono ritirare l’opera dell’artista dalla mostra romana Il Tempo del Futurismo: "l’inserimento del lavoro è l’ennesima cialtronaggine di questa organizzazione”

Non c’è pace per la mostra Il Tempo del Futurismo e a seguito di una organizzazione che ha fatto discutere sotto moltissimi fronti, emergono altre possibili magagne. A pochi giorni dalla inaugurazione del progetto, gli eredi di Nanni Balestrini (Milano, 1935 – Roma, 2019), l’Archivio dell’artista e il curatore Marco Scotini (curatore anche del Disobedience Archive alla Biennale Arte di Venezia appena conclusasi) e direttore scientifico della Fondazione Balestrini che detiene l’Archivio, chiedono a gran voce il ritiro dell’opera della serie Non capiterà mai più, presentata peraltro in forma menomata. Ecco perché. 

Perché avete richiesto di ritirare l’opera? Cosa è accaduto, in tutti i suoi passaggi? 
Domenica scorsa ricevo un WhatsApp dalla scrittrice Rossana Campo – compagna di Nanni Balestrini – che mi chiede se so qualcosa della partecipazione di Balestrini alla famigerata mostra Il Tempo del Futurismo di Simongini presso la GNAM/C di Roma. Io cado dalle nuvole… Avevo seguito da un po’ di tempo il polverone attorno alla mostra, compresi i felici articoli comparsi su Artribune, ma l’ultima cosa che mi sarei aspettato mi arrivava proprio a poche ore dall’opening della kermesse espositiva voluta dal precedente Ministro Gennaro Sangiuliano. Cosa fare? Cerco online ma nessuna lista degli artisti compare. Non trovo neppure nessun referente della mostra a me familiare a cui chiedere. Né mi viene in mente alcun collezionista che avrebbe potuto prestare le opere.  

Chi ha prestato l’opera dunque? 
È solo dalla press preview che riesco a ricevere, tramite un amico giornalista, una inquadratura con un collage a fondo nero della fine degli Anni ’60 e inizio Anni ’70, parte della serie “Non capiterà mai più”. Ente prestatore: il Museion di Bolzano.  Con la Fondazione Balestrini – composta dal figlio Giacomo, Rossana Campo e me – cerchiamo subito di fare un post su Instagram con cui ci dissociamo dall’intera operazione: “Soltanto oggi la Fondazione Balestrini è venuta a conoscenza che Nanni Balestrini è stato inserito tra gli artisti presenti nella mostra appena aperta, Il Tempo del Futurismo, curata da Gabriele Simongini e promossa dalla GNAM/C di Roma, diretta espressione delle politiche culturali dell’attuale governo. La Fondazione Balestrini non solo si dissocia da suddetta operazione espositiva ma vorrebbe chiedere di rimuoverne l’opera”. Questo, di fatto, è quello che stiamo facendo adesso. Siamo mille miglia distanti da una richiesta d’attenzione di tipo particolaristico. Vorrei togliere qualsiasi dubbio su questo. “Quando il saggio indica la luna lo stolto guarda al dito”: ecco la nostra posizione è esattamente opposta. Altro che caso particolare, il problema è generale. 

Marco Scotini
Marco Scotini

Quali sono state le risposte che avete avuto da parte degli organizzatori della mostra, ad oggi e come si sta evolvendo la situazione? 
Gli organizzatori della mostra non si sono mai fatti vivi. In questi giorni ci siamo sentiti più volte con il direttore Bart van der Heide e i curatori di Museion ma, in tali casi, si accorda il prestito solo a partire da verifiche di tipo logistico (sicurezza, validità dell’istituzione richiedente, ecc.). Mentre spetta al curatore o agli organizzatori interpellare gli eredi sui contenuti del progetto specifico. Il curatore Simongini (o chi per lui) doveva informarci. 

Un’altra superficialità, dopo le molte che abbiamo sottolineato… 
È stata l’ennesima cialtroneria di questa macchina organizzativa. L’opera di Balestrini è stata poi privata della sua intera serie: le 12 tavole che sono parte dell’Archivio di Nuova Scrittura e della donazione di Paolo Della Grazia. In questo senso, avvalendoci del diritto morale che spetta agli eredi, come Fondazione stiamo chiedendo il ritiro dell’opera da parte dell’istituzione altoatesina. 

Perché la vostra posizione più che di carattere culturale (non si tratta di una posizione sul Futurismo) è, a vostro parere, politica? 
A suo tempo, ho visto la bella mostra curata da Germano Celant, “Futurismo Futurismi” del 1986 a Palazzo Grassi e, generazionalmente parlando, ho assistito alla ricerca di sottrazione culturale del Futurismo alle complicità con il Fascismo. Anche se personalmente non mi stanco mai di citare la conclusione di Benjamin all’”Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” del 1936 in cui il filosofo tedesco denuncia l’estetizzazione della guerra da parte di Marinetti.  Pur lontano da queste premesse, Balestrini – quale uno dei massimi rappresentanti della neoavanguardia italiana – si riconnetteva esplicitamente, sia letterariamente che visivamente, alle istanze futuriste. Ma qui, alla GNAM/C la posta in gioco è totalmente diversa.  

Perché? Qual è il problema secondo voi? 
È certo che, a fronte di una mostra senza nessuna novità di ricerca da rivendicare, senza apporto critico ulteriore né scoperta, ma sostanzialmente populista e divulgativa (formato famiglia è stata definita), l’urgenza de Il Tempo del Futurismo è dettata da un’operazione che cerca di legittimare (se non costruire) un retroterra culturale alla destra attuale. Di casi in pochi mesi ne abbiamo visti fin troppi, senza doverli citare di nuovo. C’è stata addirittura la proposta di un Gramsci di destra ma nessuno di noi ora vuole aspettarsi un Balestrini non solo di destra ma neppure trasformato in un liberal-democratico. Sono anni questi in cui l’ingerenza della politica sulla cultura egemonica sta arretrando a periodi di barbarie storica e dobbiamo agire subito. Basta vedere il caso della censura in questo momento e le sue espansioni a ogni latitudine. L’intollerabile è ormai dietro ogni angolo. 

Cosa avrebbe detto Nanni Balestrini (parlavi anche di Beck e Malina del Living Theatre…) in questa situazione? 
Posso immaginare cosa avrebbe detto, ma è meglio limitarsi a quello che Balestrini ha realmente detto. Dunque, tra tutte le sue opere cito “Parma 1922”, un’opera meno nota, un radiodramma del 1973 sulle 5 giornate di Parma dell’agosto ’22, quando i rioni popolari della città emiliana, organizzati da Guido Picelli e dagli Arditi del popolo, resistettero in armi con barricate e sbarramenti contro le camicie nere di Balbo. Del Living Theatre mi viene in mente “Sette meditazioni sul sadomasochismo politico” del 1975. Non dimentichiamo che per la sua opposizione Balestrini ha pagato sette anni di esilio senza essere colpevole di nulla. Sarà bene cominciare a fare chiarezza…. 

Santa Nastro 

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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