Arte contemporanea in carcere. Dopo il Padiglione a Venezia, nuovo progetto del Vaticano per il Giubileo 2025
Dopo il Padiglione della Santa Sede a Venezia, prosegue l'impegno della Chiesa nel coinvolgere gli artisti come leva di inclusione e partecipazione degli emarginati, a partire dai detenuti. A Roma, il primo intervento di Marinella Senatore e presto un nuovo spazio espositivo alle porte del Vaticano
Quanto la Chiesa di Papa Francesco sia vicina all’arte è chiaro dalle relazioni che il pontefice, a più riprese, ha cercato di stabilire con gli artisti e le istituzioni del settore, culminate nel discorso rivolto alla comunità artistica nell’estate 2023, in Cappella Sistina. Qualche mese fa, Francesco è stato il primo papa a visitare la Biennale d’Arte di Venezia, in concomitanza con il ritorno, dopo molti anni di assenza, del Padiglione della Santa Sede (nel carcere femminile della Giudecca) alla manifestazione lagunare, in occasione dell’edizione appena conclusa. Una presenza dedicata ai mondi marginalizzati e al tema dei diritti umani, proprio come la nuova iniziativa che porta “l’arte contemporanea in carcere” su progetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede. Un’idea che si concretizza, non a caso, a pochi giorni dall’apertura dell’Anno Santo, con l’obiettivo di veicolare attraverso l’arte quella Speranza che sarà simbolo del Giubileo 2025. La sfida più grande, però, è quella di individuare come terreno di confronto tra l’arte e la collettività un contesto complesso come quello carcerario, proseguendo sulla strada aperta alla Giudecca.
Il ruolo dell’arte in carcere
Il nuovo progetto, di cui il Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, si fa portavoce, si concretizzerà dunque in occasione dell’apertura della seconda Porta Santa, che Papa Francesco ha scelto di collocare all’interno del carcere romano di Rebibbia. La cerimonia si svolgerà il 26 dicembre, svelando anche la prima tappa della più articolata operazione per coinvolgere la popolazione carceraria nella produzione d’arte, insieme a grandi artisti di fama internazionale.
Quanto questo momento sia importante lo sottolinea Giovanni Russo, Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria: “Ai detenuti vanno riconosciuti tutti i diritti, devono essere rieducati e occorre farsi carico del ricongiungimento dell’attività punitiva con il fine ultimo a cui la detenzione è preposta: la riabilitazione“. Tanto più, spiega Russo, che “una delle accuse principali mosse all’istituzione carceraria denuncia il processo di “disculturazione”: in carcere, detenuti e detenenti corrono il rischio di disabituarsi alla cultura e alla riflessione. Dobbiamo lavorare perché non succeda”.
Il progetto nelle carceri a cura di Cristiana Perrella
Si comincia da Rebibbia, quindi, ma nei prossimi mesi e per tutto l’anno giubilare altri istituti penitenziari italiani saranno coinvolti nel progetto, che utilizza la porta come simbolo di nuove possibilità, portale aperto sul futuro. A curare l’operazione per la Santa Sede è Cristiana Perrella, che ha tenuto e tiene i rapporti con gli artisti coinvolti e curerà il nuovo spazio d’arte Conciliazione 5, pronto a inaugurare a febbraio 2025 in Via della Conciliazione, a Roma, sul percorso che conduce i pellegrini e i turisti verso Piazza San Pietro. Sarà però il lavoro site specific di arte partecipata realizzato da Marinella Senatore con i detenuti di Rebibbia – e visibile solo alla comunità carceraria e ai familiari dei detenuti – a inaugurare l’iniziativa.
L’opera di Marinella Senatore con i detenuti del carcere di Rebibbia
L’opera Io contengo moltitudini è una struttura verticale autoportante, alta circa 6 metri e dal diametro di circa 3, composta da luminarie ispirate alle feste del Sud Italia ed elementi che riportano frasi in diverse lingue e dialetti, scelte tra quelle scritte da detenuti della sezione maschile e femminile in seguito a un workshop per circa 60 partecipanti, a partire dal tema della Speranza. L’opera sarà installata nel piazzale antistante la chiesa della Casa circondariale di Roma Rebibbia, a partire dal 21 dicembre 2024, e resterà allestita fino alla metà di febbraio. “Quando si parla di arte partecipativa si parla di un processo che vede l’arte mettere al centro la persona e la vita” spiega Senatore “Tutti abbiamo una capacità creativa, più o meno sviluppata. Non è la prima volta che lavoro con la popolazione carceraria: quando si offre alle persone la possibilità di esprimersi nella loro individualità ma all’interno di un discorso collettivo, allora l’emancipazione si realizza. E l’arte è un bisogno ancestrale, un’espressione naturale. In carcere è importante mettersi in gioco tutti, a livello paritario“. Lavorare a Rebibbia, durante un periodo di malattia che ha colpito l’artista in modo inaspettato e severo, è stata la conferma di quanto la condivisione di progettualità possa avvicinare le persone: “I detenuti hanno fatto di tutto per aiutarmi a portare avanti il progetto mentre stavo male. Era diventato il nostro progetto. E ritornerò a lavorare con loro, perché si sono create relazioni di fiducia a cui voglio rispondere“.
Conciliazione 5 a Roma. Uno spazio per l’arte che affronta le urgenze del presente
Quando inaugurerà, Conciliazione 5 sarà invece una finestra aperta 24 ore su 24 su Via della Conciliazione, all’interno del quale gli artisti invitati interverranno, dialogando poi anche con altri spazi di prossimità. Quattro sono gli artisti che si avvicenderanno per lavorare sui temi urgenti del nostro tempo: le migrazioni, la povertà, lo sfruttamento delle risorse umane e naturali. A inaugurare lo spazio, a febbraio, sarà Yan Pei-Ming, che realizzerà un corpus di nuovi lavori sul carcere di Regina Coeli, svelato in occasione del Giubileo degli Artisti (15-18 febbraio 2025). “Un progetto come questo” spiega Perrella “nasce da una piena fiducia nell’arte e nella sua possibilità di misurarsi sui grandi temi del presente in modo libero e profondo, generando cambiamento. La decisione di proseguire il lavoro sul carcere chiama nuovamente l’arte a dare voce agli invisibili“.
Le Porte della Speranza nelle carceri d’Italia e del mondo
Fa eco a queste iniziative il progetto Le Porte della Speranza. In analogia con la porta artistica realizzata a Rebibbia, in diverse carceri in Italia e nel mondo saranno aperte alcune Porte della Speranza, installazioni affidate ad altrettanti artisti di fama internazionale che in dialogo e in collaborazione con i detenuti realizzeranno queste opere da collocare fuori dai penitenziari, visibili dunque anche alla città, quali interventi di arte pubblica. Davide Rampello sarà curatore artistico del progetto: “Il carcere è a volte considerato un luogo abbandonato dalla speranza: luogo dis-sperato. Aprire ai valori della speranza la ragione, il cuore è indicare una meta, riproporre un progetto di vita. Vogliamo affidare questo delicatissimo compito alla sensibilità, alla cura di artisti che condivideranno con noi questa missione, affinché ne facciano movimento e manifesto“. Si tratta, chiosa Rampello, “di un’operazione straordinariamente politica nel senso del bene che procura alla polis, e religiosa, perché rimette al centro la vita“.
Livia Montagnoli
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