Nelle Marche il nuovo Archivio Claudio Cintoli per riscoprire un artista chiave degli Anni ’60 e ‘70
L'associazione battezzata a Jesi nasce con l'intento di preservare l’eredità dell’artista romagnolo scomparso prematuramente nel 1978, condividere notizie, mostre, e iniziative sul suo lavoro. E per esplorare l'impatto che ha avuto nella storia dell'arte
Era il 1978 quando Claudio Cintoli, artista romagnolo fortemente legato alle Marche, scompariva prematuramente all’età di 43 anni. Nato a Imola nel 1935 – nello stesso anno di Pino Pascali, che come lui seppe farsi acuto interprete della scena artistica degli Anni Sessanta, e con lui condivise amicizia e stima, colpito da una morte ancor più prematura, nel ’68 – Cintoli trascorse l’infanzia a Porto Recanati durante la guerra (suo nonno materno, il recanatese Biagio Biagetti, fu esponente di spicco dell’arte sacra del primo Novecento, oltre che primo direttore del Pontificio Laboratorio per il Restauro delle Gallerie Vaticane), prima di trasferirsi a Roma per studiare pittura in Accademia. Dunque non stupisce che, a distanza di quasi 50 anni dalla sua scomparsa, siano proprio le Marche – con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi – a battezzare la nascita dell’Archivio Claudio Cintoli, associazione artistico-culturale che si propone di catalogare e valorizzare la sua cospicua produzione.
La vita e l’opera di Claudio Cintoli
Cintoli fu artista prolifico, in origine alle prese con il mondo delle animazioni pubblicitarie (proprio come Pascali), ma già sul finire degli Anni Cinquanta pittore affermato sulla scena romana con opere di derivazione neodada e informale (la sua prima personale in città, nel 1958, è allestita alla Galleria La Medusa). Al 1964 data il pannello a muro dipinto per il Piper, Giardino per Ursula, che esplicita una svolta verso il pop, naturale preludio al suo periodo newyorkese: di là dall’Atlantico, in uno studio approntato a Manhattan, Cintoli rimane tra il 1965 e il ’68, approfondendo ulteriormente la tecnica del collage pittorico su grandi tele (la serie dei Giardini, da Flamingos a Maternità vietnamita, denuncia contro la guerra) più improntata, però, a una poetica surrealista. Dopo il rientro a Roma, l’artista romagnolo rielabora le molteplici suggestioni degli ultimi anni: il 7 dicembre del 1972, la performance Crisalide presentata a palazzo Taverna, nell’ambito della rassegna Mappa 72 curata da Achille Bonito Oliva, lo vede rinchiuso in un sacco di juta appeso al soffitto con un gancio metallico, ripreso da una telecamera fissa per 13 minuti mentre cerca di uscirne tagliando la juta con un coltello, a simboleggiare una sorta di rinascita.
Un artista eclettico. Il racconto nei suoi Diari
Cintoli, del resto, scelse di farsi guidare dall’eclettismo, e pur in un ristretto arco di tempo toccò tutte le tendenze del suo tempo – nuovo dadaismo, nouveau realisme, Fluxus, pop art, arte povera, iper-realismo, arte concettuale – senza appartenere veramente a nessuna, con il desiderio di guardare sempre avanti, attraversando i movimenti artistici più importanti degli anni Sessanta e Settanta, e sfuggendo a ogni inquadramento. Funzionale a questo approccio fu la commistione di generi che seppe sperimentare, tra pittura, scultura, scrittura critica, muralismo, performance, ready-made, fotografia e video, tanto in grandi spazi e su tele enormi, che su piccole superfici. Ricca fu anche la sua produzione cartacea, testimoniata dai Diari (oggi nei Fondi storici della GNAM di Roma), su cui annotava idee per progetti futuri, citazioni, riflessioni, disegni e schizzi, ritagli di articoli e recensioni delle sue mostre, spesso attraverso giochi di parole, aforismi, brevi racconti ironici. Dei tredici taccuini conservati, l’ottavo, unico a essere stato pubblicato (nel 1971, dalla galleria Artestudio di Macerata, introduce il personaggio del Micromegalomane, figura immaginaria ma vagamente autobiografica (l’artista inventerà un vero e proprio alter ego, Marcanciel Stuprò, qualche anno più tardi); mentre il nono, riporta l’esperienza di Cintoli come docente di Figura Disegnata al neonato liceo artistico di Latina, dove insegnò dal ’69 al ‘77 introducendo una forma di didattica sperimentale. Dopo la sua scomparsa, la Biennale di Venezia lo omaggerà con una sala alla memoria, proprio nel 1978.
La nuova associazione Archivio Claudio Cintoli
Nata su iniziativa dell’AMIA (Associazione Marchigiana Iniziative Artistiche), con il sostegno di Giancarlo Cintoli e di Paola Douglas Scotti Cintoli, l’associazione Archivio Claudio Cintoli – presieduta da Paola Ballesi – si avvarrà della collaborazione dell’Accademia delle Belle Arti di Macerata, e saranno proprio i suoi studenti, guidati dai docenti, a svolgere buona parte del lavoro. Presentata al Palazzo Bisaccioni di Jesi, che nel 2020 ospitò un’importante retrospettiva su Cintoli, l’Associazione si costituisce infatti come Centro Studi, con l’obiettivo di promuovere ricerche e approfondimenti sul percorso storico-artistico dell’artista, ma anche di censire raccogliere, catalogare e rendere accessibili al pubblico le opere, i documenti e i materiali biografici man mano reperiti.
Livia Montagnoli
Libri consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati