È normale che il Futurismo crei polemiche. Pensieri a partire dalla mostra di Roma
Si è parlato tanto e con animosità delle relazioni tra Futurismo e Fascismo, delle ingerenze della politica, delle controverse installazioni contemporanee. Le polemiche erano inevitabili e forse Marinetti ne sarebbe divertito. Ma ecco perché quella alla GNAMC di Roma è una mostra da non perdere
Prendete una galleria dotata di un’ottima collezione, nel bel mezzo di una fase di transizione, metteteci una mostra sul Futurismo, periodo senza dubbio contradditorio, e un artista contemporaneo emergente, proveniente dal mondo della pubblicità e che non ne nega le radici, e il gioco è fatto e la polemica è servita.
La GNAMC di Roma e la distanza tra pubblico e arte contemporanea
La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (GNAMC) di Roma, uno dei poli museali più importanti del Paese, si trova attualmente nel bel mezzo di una fase di transizione. Custode della più completa collezione di arte italiana dal XIX Secolo ad oggi, con circa 20mila opere, la GNAMC non figura tra i musei più visitati d’Italia. La neodirettrice Cristina Mazzantini è chiamata a rilanciarla, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico all’arte contemporanea. Oltre a conservare, è necessario innovare per attrarre visitatori e suscitare l’interesse di un pubblico italiano che sembra ostinatamente ignorare l’arte contemporanea. Le recenti polemiche sui social intorno all’opera Comedian di Maurizio Cattelan hanno evidenziato quanto l’arte contemporanea sia ancora un territorio lontano per una larga fetta della popolazione, per la quale l’arte si ferma al Rinascimento.
La mostra sul Futurismo e le polemiche
La mostra sul Futurismo rappresenta un’occasione perfetta per il rilancio della galleria, ma anche in questo caso le polemiche ideologiche, prima ancora che artistiche, non sono mancate. Sebbene il movimento futurista fosse intrinsecamente provocatorio, le attuali letture ideologiche amplificano la controversia. Etichettare come fascista un movimento che annovera tra i suoi esponenti chi scriveva: “Lenin, anche oggi / è più vivo di tutti i viventi… E da questa bandiera, / da ogni sua piega, / ecco, di nuovo vivo, Lenin ci chiama”, risulta riduttivo. Eppure, così è stato, e senza nemmeno guardare la mostra, si sono schierate le truppe. La mostra si inserisce dunque in un contesto complesso, dove la comprensione del Futurismo si intreccia con il rischio di strumentalizzazioni politiche che ne oscurano l’eredità artistica e la rivoluzione del linguaggio.
L’installazione di Lorenzo Marini alla GNAMC
Ad introdurre il percorso espositivo, e a rafforzarne il carattere innovativo, è l’installazione di Lorenzo Marini, artista proveniente dal mondo della pubblicità che da tempo esplora le connessioni tra arte visiva e comunicazione. Marini, che ha ottenuto riconoscimenti internazionali, con mostre a Los Angeles e in Cina, si inserisce perfettamente in un contesto che non teme di mescolare arte e industria. Il Futurismo, superando i canoni accademici, in un continuo confronto con il presente, ha gettato le basi per la pubblicità moderna, vedendo in essa uno strumento di innovazione e progresso. In linea con questa tradizione, Marini porta avanti una ricerca che si concentra sul linguaggio delle lettere, intese come segno visivo, creando un ponte tra la comunicazione contemporanea e l’eredità di un movimento che ha fatto della rottura delle convenzioni il proprio credo. L’installazione di Marini è concepita come site specific, un intervento appositamente pensato per il contesto della mostra, che accoglie il visitatore con un “portale d’ingresso” al Tempo del Futurismo.
Lorenzo Marini e il Futurismo
Il Futurismo ha abbattuto le barriere linguistiche e ambientali, facendo dell’ibridazione e della polisemia la propria estetica, e trova oggi nelle installazioni il linguaggio più adatto. Le lettere di Marini, con cui la mostra dialoga, non sono solo forme fonetiche, ma segni che si fanno “manifesto” di un’arte che vuole essere comunicazione immediata, coinvolgente ed emozionale. Un ritorno all’origine primigenia della scrittura, per cui “tracciare significa già dire“, come sottolinea Carlo Sini, e che in qualche modo era stato anticipato dallo stesso Marinetti. È questo il senso profondo del suo Paroliberismo e Marini con la sua Typeart esplora le lettere come significanti segnici. Il tratto, per Marinetti come per Marini, è un gesto che configura il mondo e lo rende leggibile. La scelta delle lettere di Marini come introduzione alla mostra si connette perfettamente con un movimento che nasce come letterario prima che visivo, creando così un vero e proprio “portale” che attrae il visitatore e lo guida attraverso il percorso espositivo. Ed è proprio il visitatore, come dovrebbe essere sempre, il vero punto di riferimento dell’esposizione, che ha una funzione “didattica” di narrazione di un periodo cruciale nella nostra storia dell’arte. La galleria non dimentica, anzi, enfatizza il suo ruolo di conservazione e trasmissione.
La mostra sul Futurismo alla GNAMC di Roma
La mostra, curata da Gabriele Simongini, ha un carattere narrativo che, lungi dall’essere una debolezza, la salva da un impianto cervellotico, rendendola accessibile a tutti. Il percorso è costruito con un’impostazione chiara, comprensibile anche per chi non possiede una preparazione specifica in storia dell’arte. Si parte dalla sala dell’Ottocento, dove viene raccontato, alla maniera dei Salon, il contesto culturale e iconografico che dominava il panorama visivo, segnato dal naturalismo e dall’epica risorgimentale, da dove prende avvio la rivoluzione futurista. Prosegue con un “vestibolo”, uno spazio di passaggio, una “scossa” visiva, rappresentata dall’installazione di Marini, che introduce al cuore dell’esposizione vera e propria. Il movimento si proponeva come potente forza di innovazione dell’Italia agricola e le prime sale si concentrano sugli aspetti tecnologici e scientifici che hanno determinato il cambiamento radicale del mondo durante l’era futurista: velocità, elettricità e onde radio. Fattori di cambiamento che rendono quel periodo sorprendentemente assimilabile al nostro, dove la rivoluzione digitale e l’Intelligenza Artificiale stanno ridisegnando il nostro presente. Del resto con grande lungimiranza, Marinetti aveva previsto che un giorno avremmo scritto “su libri di nichel” e parlato “con telefoni senza fili”, e mai previsioni furono più precise.
Il Futurismo e la pubblicità
La contaminazione con la pubblicità, parte integrante della cultura futurista, è ampiamente esplorata, mostrando come il linguaggio pubblicitario sia stato per il Futurismo uno strumento di rottura e di spinta verso la modernità. Depero, e lo stesso Marinetti, utilizzano consapevolmente il linguaggio della pubblicità: “l’arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria”, scriveva Depero nel 1931 nel Manifesto dell’Arte Pubblicitaria Futurista. Il linguaggio pubblicitario era funzionale al ruolo rivoluzionario del Futurismo. Rivolta contro la morale borghese (da non perdere la sezione dedicata alle pubblicazioni futuriste, dove domina Elettricità Sessuale); provocazioni come le Serate futuriste e la ricerca della “rissa”; energia e movimento, ben visibili nei “quadri cinetici” in mostra, sono alcuni dei temi sviluppati nella esposizione.
Il Futurismo polimaterico e ludico in mostra a Roma
Accanto a questa dimensione movimentista, rivoluzionaria e intellettuale, che rompe con la tradizione non solo culturale ma anche visiva – pensiamo all’Italia vista dall’alto e all’aeropittura, ben raccontata anche grazie all’esposizione dell’idrovolante – si trova una poli-matericità che anticipa discorsi molto contemporanei dell’arte post-bellica. La mostra si propone come riflessione sulla rivoluzione della sintassi visiva, che inserisce il Futurismo nel filone della rivoluzione post-impressionista delle grandi avanguardie e rivisitazione semantica che ha permesso di superare il naturalismo, aprendo la strada alle installazioni dell’arte contemporanea. Originale è la sezione dedicata ai giocattoli futuristi, che sottolinea la dimensione giocosa e, in un certo senso, infantile del movimento, simbolo di gioventù e di un nuovo modo di vedere il mondo, che si esprime nella gioia. Temi come la gioia e le emozioni che sono evidenti nelle due installazioni introduttive e di passaggio (Marini e Magister Art), che commentano l’esposizione.
La mostra sul Futurismo e le polemiche inevitabili
Ciò che ha nociuto alla mostra è stata una lettura politica erronea, che ha mescolato Futurismo e Fascismo, indirizzando i commenti in una direzione distorta. Eppure, Gramsci definiva il Futurismo un filone “nettamente rivoluzionario”, arrivando a definirlo “assolutamente marxista”. Si potevano evitare le polemiche? Forse no. Le polemiche sono parte integrante del movimento stesso e probabilmente Marinetti, che le fomentava con le sue serate, le avrebbe apprezzate. La mostra, che si sviluppa in 26 sale con 400 opere, è accessibile anche a chi non possiede un retroterra critico, ma vuole semplicemente avvicinarsi a un periodo di cui magari ha solo sentito parlare. Le due installazioni contemporanee rappresentano un valore aggiunto, un punto di attrazione che, come un ponte, porta noi, uomini e donne del computer, a guardare con occhi freschi oggetti e iconografie che, cento anni fa, hanno cambiato per sempre il nostro modo di fruire le immagini e leggere l’arte. Nonostante le inevitabili polemiche politiche, la mostra sul Futurismo alla GNAMC offre un’opportunità unica di avvicinarsi a un movimento che “ci chiama” ancora oggi a guardare al futuro con occhi nuovi.
Domenico Ioppolo
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