La luce, il tempo, i bar. La bella mostra di Salvo alla Pinacoteca Agnelli di Torino 

Mentre l’arte contemporanea riscopre la pittura, una mostra alla Pinacoteca Agnelli offre un importante percorso retrospettivo nell’opera di Salvo. Tra arte concettuale, dibattito con l’Arte Povera, luce, architettura e letteratura

Parte dalla Sicilia, dove nasce nel 1947, la storia in pittura di Salvo, pseudonimo di Salvo Mangione (Leonforte 1947 – Torino, 2015), approdando poi a Torino nel 1956, all’età di nove anni. E non è un caso che proprio la Torino adottiva, che però l’artista sposerà pienamente, mettendovi radici, gli dedica una importante mostra presso la Pinacoteca Agnelli, la più ampia mai realizzata (seguendo di due anni l’esposizione più contenuta, ma sicuramente efficace Autoritratto come Salvo dedicatagli dal Macro di Roma sotto la direzione di Luca Lo Pinto). Arrivare in tempo è il titolo, ed è proprio il tempo, tempo delle ore che scandisce l’orologio, tempo meteorologico a far ticchettare le lancette del percorso espositivo costruito da Sarah Cosulich, che l’istituzione dirige, e Lucrezia Calabrò Visconti

La mostra dedicata a Salvo alla Pinacoteca Agnelli 

È una retrospettiva dall’alba al tramonto si potrebbe dire, che sottolinea la convivenza nella pratica del maestro, tra istanze concettuali e sguardo figurativo. È la luce, infatti, a fare da guida digradando da un quadro all’altro.  I bar di notte, con il loro popolo di avventori, i luoghi della città, grande protagonista delle sue tele, la sera e i tramonti, le solitudini e l’immanenza degli spazi, inabitati eppure così vicini, una finestra con una luce accesa che lascia immaginare le storie e le narrazioni che vi si svolgono all’interno. 

Salvo, Fabbriche, 1987, Courtesy collezione privata
Salvo, Fabbriche, 1987, Courtesy collezione privata

Salvo: lapidi, architettura, eterno 

E ancora il chiarore della luna e l’oro del mattino, il caldo del Mediterraneo e l’architettura, passione insistente negli impianti delle sue tele. Fino alla letteratura, tra il ritratto del poeta Aleksandr Blok, realizzato nel 1980 e l’amicizia con Giuseppe Pontiggia, che ambientò uno dei capitoli del romanzo La Grande Sera in una delle mostre di Salvo. Amore quello per la parola scritta che riecheggia anche dalla serie delle lapidi, apparentemente amica, invece in dissidio aperto con le istanze dell’Arte Povera: sulle lastre in un materiale nobile eterno tramandato dalla storia dell’arte e dalla classicità, riecheggiano motti estratti dalla poesia, linguaggio che l’artista frequentava. 

Salvo: San Giorgio e opere concettuali 

Ma a Torino, in Pinacoteca, si ripercorrono anche pietre miliari della sua carriera, dal 1973, anno di due importanti mostre, la prima alla John Weber di New York, con opere Autoritratto (come Raffaello) del 1970 e i 7 autoritratti dell’anno precedente, entrambe riflessioni sul ruolo dell’artista nella società, la seconda, dove l’artista si rivela nel suo essere pittore, presentando alla Toselli di Milano le sue tele San Giorgio il drago e San Michele, opere di grande formato che sorprendono il visitatore avvezzo all’arte di Salvo sia per le dimensioni quanto per la trama, Paolo Uccellesca, così come per soggetto e tavolozza. Motivo, quello di San Giorgio, indagato anche da Raffaello, artista molto amato da Salvo, e ricorrente nella sua pittura, che qui viene messo a confronto anche con le opere della Collezione della Pinacoteca Agnelli, al culmine del percorso espositivo e salendo verso l’alto, andando verso la luce, stavolta del sole, in una fusione tra architettura, pittura e realtà. 

Santa Nastro 

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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