L’arte gentile di Davide Benati in mostra a Reggio Emilia dopo vent’anni
La mostra celebra l’artista reggiano ed è una sorta di reportage della sua avventura artistica lunga cinquant’anni. Non esponeva nella sua città dal 2003
La sensazione, nel passeggiare tra le stanze di Palazzo da Mosto a Reggio Emilia, è quella di trovarsi dentro una sorta di giardino segreto, pieno di fiori, steli, di verde, di rosso e di giallo zafferano. Uno spazio sospeso, fatto di colori materici, di ampie superfici vuote e poi di improvvisa luce. È il “giardino segreto” dentro cui ci fa passeggiare la personale (visitabile fino al 31 marzo 2025) che la Fondazione Palazzo Magnani dedica a Davide Benati (Reggio Emilia, 1953). Con la sua poetica artistica e con il suo universo ricco di forme fluttuanti, transitorie e fugaci espresse attraverso una pittura colta fatta di suggestioni e di memorie, l’artista ci racconta e ci ricorda l’inafferrabile consistenza che hanno le cose.
Luce, lavoro e ricerca di Daniele Benati
“Ogni mattina, alle 7, apro le finestre del mio studio e osservo la luce del nuovo giorno che sta nascendo e per me, quello, è l’inizio del lavoro quotidiano” - ha detto l’artista alla presentazione alla stampa. Sarà. Perché tutta quella luce la si vede riflessa negli acquerelli di Benati, dove gesto e colore dialogano nella costruzione di immagini appese tra figurazione ed astrazione, tra memorie d’Oriente e di Occidente, tra il concettualismo di ieri e la ricerca pittorica che porta avanti oggi.
La mostra Encantadas a Reggio Emilia
Nella personale dal titolo Encantadas, tratto dall’omonima serie pittorica che Benati ha realizzato negli ultimi anni, c’è tutta l’avventura ormai cinquantenne dell’artista reggiano, partendo dalla produzione dei primi Anni Ottanta, quella che ha gli ha dato notorietà, cioè dagli acquerelli di grande formato con immagini eteree che uniscono sogno e realtà, fino alle produzioni più recenti e alle grandi tele realizzate tra gli Anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio, in cui la pratica del dittico e del trittico diventa per lui centrale.
Le opere di Daniele Benati alla Fondazione Palazzo Magnani
Il percorso della mostra, curata da Walter Guadagnini, è composto da una cinquantina di opere che provengono da collezioni pubbliche e private e dallo studio dell’artista. Gli elementi che accompagnano tutta la personale di Palazzo da Mosto sono pochi ed essenziali: l’utilizzo dell’acquerello sulla carta nepalese che l’artista utilizza da decenni (fogli fatti con piante macerate che accolgono il colore e ne esaltano la luce) ed uno spirito installativo che si manifesta in diverse delle opere esposte. E poi ci sono le immagini che l’artista sceglie e che spesso appartengono ad una memoria sia personale che collettiva. Per chi non conosce, o conosce poco, il linguaggio di Benati, Encantadas è una mostra rivelatrice perché di lui, all’interno, c’è davvero tutto: i suoi quadri più noti, altri presentati solo diversi anni fa in gallerie italiane e internazionali ed alcuni invece mai esposti.
Daniele Benati e gli spazi vuoti
Si comincia dai suoi primi lavori caratterizzati da molti spazi vuoti, quasi che per l’artista fosse necessario liberarsi dalle sovrastrutture iconografiche e mentali per lasciare libera l’immaginazione in un gioco di composizioni e di scomposizioni. Spesso i contorni delle forme non sono definiti. Sono nitidi, si, ma sfuggono alla definizione ed hanno una forte componente astratta. I soggetti che finiscono sulla tela sono apparentemente riconoscibili ma non modificabili in modo assoluto. “Mi considero un pittore astratto”, spiega Benati, particolarmente emozionato anche dal fatto che ad ospitare una mostra così importante sia la sua Reggio Emilia, dove ha scelto di tornare a vivere e a lavorare dopo gli anni milanesi.
L’allestimento dialoga a meraviglia con gli spazi quattrocenteschi del palazzo fino alla parte finale del percorso dove una serie di grandi trittici inediti testimonia la continuità dell’ispirazione di questo artista. “La struttura del trittico che mi sono imposto – dice Benati – esprime il mio desiderio di rompere lo schema costruttivo del lavoro che perseguivo negli anni Ottanta”.
A completare la mostra ci sono poi alcune composizioni di carte e di taccuini di viaggio, appunti privati in cui in pochi centimetri di carta e in poche gocce di acquerello, si condensano gli studi delle opere esposte.
Chi è Davide Benati
Il nome di Davide Benati tra la fine degli anni Settanta ed i primi Ottanta è comparso in una serie di mostre che hanno contribuito a creare un clima nuovo nel mondo dell’arte italiana. Oggi, a quarant’anni di distanza da quelle prime apparizioni, le opere dell’artista reggiano riprendono vita tra le mura, a lui tanto care, “di casa”.
Francesca Galafassi
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