Nell’arte ora è tempo di pensieri indisciplinati

Una riflessione a partire dal lavoro degli artisti Andrea Caretto e Raffaella Spagna per interrogarci sull’effettiva utilità di un sistema disciplinare a compartimenti stagni

Lo scorso 9 ottobre 2024, nella sede del CNR di Milano nell’Area di ricerca territoriale Milano1, si è tenuto un incontro con gli artisti Andrea Caretto Raffaella Spagna in partnership con Munlab, l’ecomuseo dell’Argilla di Cambiano, sul tema della “ricerca indisciplinata”, termine coniato dagli artisti per definire il loro approccio metodologico a una ricerca transdisciplinare. Tra i presenti, Elena Carena di Munlab, Alba L’Astorina di CNR, diversi ricercatori del dipartimento e le curatrici del libro Bright Ecologies, Experiences, Forms, Materials, Francesca Comisso, Cecilia Guida e Alessandra Pioselli. Il testo ricco di saggi e immagini raccoglie e sistematizza il lavoro ongoing di oltre vent’anni dei due artisti, pubblicato con il sostegno DGCC del Ministero della Cultura, Italian Council, (Viaindustriae, 2024). 

Caretto/Spagna, oltre le discipline

Si è trattato di un incontro istituzionale “transdisciplinare”, aperto agli studenti e a tutti gli interessati.  I diversi percorsi di studio, in scienze biologiche di Andrea Caretto e in architettura di Raffaella Spagna, rappresentano un primo confronto oltre i confini delle rispettive discipline, sul terreno più accogliente dell’arte.  Una ricerca che nasce come esplorazione dei luoghi, della Terra come territorio, come paesaggio, suolo, sottosuolo e in seguito come pratica laboratoriale dove ci si chiarisce le idee raccontandole e scambiandole con gli altri.
Oltre vent’anni di lavoro permettono di tracciare un primo bilancio e di evidenziare alcune caratteristiche della loro ricerca, presenti dalla prima ora. Cosa vuol dire percepire il mondo? Vuol dire – nelle parole di Tim Ingold, antropologo sociale dell’Università di Aberdeen, maître à penser dei due artisti – prestare attenzione più che al significato delle parole, alla presenza fisica di ciò che vediamo/ascoltiamo/esperiamo in tempo reale. 

Tim Ingold e l’equilibrio ecologico

Prima di ogni altra cosa viene l’ambiente relazionale in cui siamo immersi. La consapevolezza di vivere nello stesso contesto di relazioni dotate di senso, secondo Ingold, costituisce il livello basico della socialità.  Perché la musica, le arti, la danza hanno senso per noi? Perché risuonano con l’universo. La parola e il canto sono prima di tutto voce, soffio, respiro, il respiro del mondo.
Le tesi di Tim Ingold costituiscono una critica radicale all’approccio scientifico occidentale, poco empatico a suo dire con il procedere del mondo. La scienza “estrattiva”, sempre più rivolta al futuro, assomiglia a una navicella spaziale impazzita, mentre la Terra dalla quale è partita scompare, sempre più piccola e lontana da noi. 

È giusto essere scettici nei confronti del metodo scientifico?

Queste tesi conducono verso una ecologia senziente, una conoscenza informale e intuitiva che i popoli hanno dei loro territori, spesso impossibile da trasmettere al di fuori dei contesti specifici.
Tuttavia uno scetticismo così radicato verso i procedimenti della scienza “occidentale” appare oggi davvero temerario e rischia di relegare ogni conseguente ragionamento a una di quelle anse culturali che rivendicano diritti senza confini e presunte verità senza possibilità di verifica. Le diverse scienze sono sempre criticabili per procedure e assunti, ma un attacco frontale al metodo scientifico tout court è a mio parere controproducente, soprattutto in un mondo oggi minacciato nei suoi equilibri ambientali e dipendente in gran parte da soluzioni che non potranno essere soltanto un ritorno al sapere intuitivo degli antichi.  Se troveremo delle soluzioni alcune potranno venire dalle culture dei popoli del mondo e dal loro rapporto intuitivo con la Natura, laddove queste popolazioni esistono ancora e non vivano soprattutto nell’immaginario degli antropologi. Ma le principali soluzioni energetiche per 8 miliardi di abitanti dovranno provenire in gran parte da soluzioni fondate sulla ricerca delle comunità scientifiche del mondo (e non solo dell’occidente) auspicabilmente in collaborazione con le comunità locali.  

Il ruolo dell’arte e degli affetti secondo Tim Ingold

Laddove Ingold parla di intuizione e di poetiche dell’abitare, ci si trova su un altro terreno, quello dell’arte, dell’empatia e degli affetti. L’intuizione, infatti, è innegabilmente alla base delle nostre vite quotidiane, fa parte della biologia umana, spiega le nostre reazioni immediate, per esempio tra l’aggressione e la fuga, che passano attraverso i sensi e soltanto in seguito attraverso la mente.  Nell’ambito delle scienze e delle neuroscienze è in atto una rivalutazione degli affetti, delle emozioni e dei sentimenti (ciò che Antonio Damasio chiama feelings proprio come Ingold, ma con una diversa accezione), ai quali oggi vengono riconosciuti una funzione importante. 
L’importanza di una visione composita, contestualizzata richiede oggi di recuperare le competenze e la sensibilità dovute all’esperienza all’interno di una cornice scientifica. Già nel 1978 Bruno Latour si poneva la domanda “Come si fa scienza oggi?”. La risposta che si sono dati Latour e Woolgar nel testo Laboratory Life, studiando ciò che succede in un laboratorio è che anche la scienza è un processo “sporco”.  Forse un avvicinamento tra scienza e arte potrà dare nuova dignità alla funzione fondamentale dell’intuizione che potrà salvarci da inutili utopie antiscientifiche.

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Domande al Corpo Glaciale, 2021 nell’ambito di Caretto/Spagna “Segnali dal Corpo Glaciale”, 2021-2022, Parco Nazionale del Gran Paradiso, Valle d’Aosta

Caretto/Spagna e i processi dell’abitare

La pratica artistica di Caretto e Spagna è fondamentalmente una sorta di rieducazione al vivere attraverso la frequentazione della Natura, l’abitudine, la conoscenza empirica, i sensi, un processo laboratoriale “sporco” ed esistenziale.  Delle vere e proprie “tranche de vie” di processi relazionali vissuti insieme agli altri dagli esiti spesso imprevedibili che acquisiscono senso attraverso la dimensione estetica.  La Camminata degli artisti, che non cerca necessariamente sempre nuovi lidi da conquistare perché potrà scoprirne ovunque, in ogni fessura di una roccia, è già una ricerca estetica consolidata, di grande rinnovamento e che riguarda la nostra percezione del paesaggio. 
L’osservazione della vita della materia, la forza dei materiali, l’energia compressa nelle cose pronta a sprigionarsi, ci permette di comprendere come la “rettificazione” di un fiume impoverisca gli ecosistemi fluviali, non per una rinuncia alla fredda osservazione scientifica, ma piuttosto per un’intuitiva osservazione sincronica degli eventi. Il lavoro degli artisti è prezioso perché mette in atto un lavoro di “ecologi sul campo” che pochi oggi praticano. Ossia un’esplorazione della coincidenza degli eventi come una sorta di analogia o corrispondenza tra fenomeni diversi che potrà essere colta soltanto intuitivamente. 

Relazionarsi con altre forme di intelligenza

Tale intuizione viene narrata nella Céromancie: Sept questions au fleuve Rhône (2011), ossia una conversazione con il fiume Rodano che si avvale dell’antica tecnica divinatoria della ceromanzia. In questo percorso artistico, il metodo divinatorio che utilizza i rituali e l’oracolo rappresenta il rinnovamento di una metafora arcaica che oggi parte dal Cammino come esperienza rituale, “divagando con il corpo”, affiancando creature chthonie, ossia del sottosuolo (alla Haraway), per approdare a una verità che rimane ermetica.  Come scrive Giusi Diana in Bright Ecologies si tratta di un modo di procedere e di pensare per campi relazionali a-causali, utilizzando l’alea ossia un criterio di casualità caro alle avanguardie.  Non si tratta tuttavia solo del caso, ma di una sottintesa interdipendenza degli eventi. Il pensare per campi è anche un’esperienza di relazione con altre forme di intelligenza. L’oracolo dà forma all’intuizione, laddove la dimensione estetica dà forza a un’ecologia che rovescia l’inerzia. 
Piccoli gesti, secondo Raffaella Spagna, di riattivazione, di re-condivisione nel quotidiano.  Come antidoto all’autoannientamento. Pratiche di ricerca, rimesse in circolo per aprire varchi, nuovi ma anche antichi.

Anna Detheridge

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