La rigenerazione culturale degli ex mattatoi in Europa

Continuiamo la nostra ricognizione dei casi di trasformazione dei mattatoi in centri di aggregazione e produzione culturale. In questo secondo appuntamento, guardiamo alle esperienze di Milano, Cagliari, Madrid, Tolosa e Porto

Per la loro posizione strategica all’accesso delle grandi città e per i loro ampi ambienti industriali, i mattatoi sono stati riconosciuti come perfetti edifici da riqualificare e rivitalizzare come spazi culturali. In un articolo pubblicato recentemente sulle nostre pagine, si approfondivano il processo storico di questa rigenerazione e l’esperienza del Mattatoio di Roma. Ora è la volta di altri casi studio italiani e internazionali, da Milano a Madrid, da Cagliari a Porto e Tolosa.

Milano e il suo ex macello, tra riattivazioni temporanee e ambizioni carbon neutral

Non sono mancate le code per accedere, in occasione della Milano Design Week 2023, all’ex macello milanese di viale Molise, nel quartiere sud-orientale di Calvairate. Forte del successo delle edizioni precedenti, per il suo quinto anno il format espositivo Alcova nell’aprile 2023 è approdato nello stabilimento di circa 150mila mq risalente agli inizi del XX Secolo, proseguendo la fortunata serie di riattivazioni temporanee in complessi novecenteschi dismessi. Con il suo peculiare mix di rovine, memorie e strutture di pregio, il sito ha risposto con efficacia alle richieste del duo curatoriale formato da Valentina Ciuffi (Studio Vedèt) e Joseph Grima (Space Caviar), imponendosi come una delle destinazioni irrinunciabili della kermesse milanese in quell’anno. Dismesso a partire dagli Anni Novanta e in forma definitiva dal 2005, teatro di varie esperienze di uso, l’ex macello è stato ufficialmente proiettato verso il suo futuro in seguito alla scelta del Comune di Milano di candidarlo alla seconda edizione del programma Reinventing Cities. La gara è stata vinta nell’estate 2021 dal progetto ARIA, dopo 13 manifestazioni di interesse e cinque progetti finalisti (sviluppati da Atelier(S) Alfonso Femia, Snøhetta Oslo AS con Barreca & La Varra, Onsitestudio, Mario Cucinella architects e Arup Italia, Progetto CMR). Capofila dell’operazione è Redo Sgr società benefit per conto del Fondo Immobiliare Lombardia Comparto Uno (FIL1), con CA Ventures, E.ON, Deltaecopolis, CCL come ulteriori investitori; lead architect del programma di riattivazione è lo studio norvegese Snøhetta, affiancato da una équipe di professionisti che comprende Barreca & La Varra, Stantec, CZA Cino Zucchi Architetti, Chapman Taylor Architetti, Mpartner, la Fondazione Housing Sociale e altri partner.

Il futuro del quartiere ARIA a Milano

In parte già aperto, grazie alla convenzione comunale, con usi temporanei promossi in un’ottica di riconnessione tra l’area, la comunità locale e il quartiere circostante, nel prossimo futuro ARIA sarà un quartiere multifunzionale. Il piano prevede il recupero del 15% delle preesistenze e il 35% di nuove superfici residenziali (viene considerato come il principale intervento di social housing in corso nel contesto italiano). Alle funzioni espositive, commerciali, ricettive, agli uffici e laboratori spetterà oltre il 40% dello spazio complessivo, mentre la restante quota verrà riservata del campus IED Milano, a uno studentato, nonché a servizi medici. L’ambizione, infine, è rendere l’ex macello “la prima Area Carbon Negative di Milano grazie al distretto energetico ectogrid™ che, con il fotovoltaico delle Comunità Energetiche Rinnovabili, sottrae CO2eq dal resto della città”, puntando quindi sull’ottenimento di specifiche certificazioni per gli edifici e su un vasto ricorso alle piante e al verde.

Trent’anni di riattivazione per l’ex mattatoio di Cagliari. E ora?

Sono già trascorsi tre decenni da quando, il 16 ottobre 1993, inaugurava l’EXMA – Exhibiting an Moving Arts, il primo centro comunale di arte e cultura di Cagliari. Sede delle mostre temporanee promosse dall’assessorato alla cultura del capoluogo sardo, il polo occupa gli spazi del dismesso mattatoio cittadino, a sua volta eretto a partire dal 1845 nell’antico quartiere di Villanova. Originariamente circondato da aree coltivate, l’impianto sorse per porre fine alle modalità di macellazione fino a quel momento in uso, portatrici in loco (come altrove in Italia) anche di infezioni. Il progetto, inizialmente curato e diretto dal Cav. Domenico Barabino (maggiore del Genio Militare), puntava dunque a regolamentare la pratica mattatoria in città, ma non ebbe vita facile. Ultimato nel 1852 e “minacciato” di sostituzione da un nuovo stabilimento da erigere in zona Playa, venne ristrutturato a partire nel decennio conclusivo dell’Ottocento, per poi rimanere in uso fino agli Anni Sessanta del XX secolo. La successiva realizzazione dell’impianto sito in Via Po ha condotto al temporaneo impiego come autoparco della nettezza urbana e deposito comunale del primo macello di Cagliari. Un destino interrotto negli Anni Ottanta, sulla scia della volontà dell’amministrazione comunale di dotarsi un luogo per la produzione e la fruizione culturale.

La rigenerazione del mattatoio di Cagliari

Il progetto dell’architetto Libero Cecchini e dell’ingegnere Arturo Gentili Spinola ha così permesso di riattivare il sito, la cui gestione è assegnata a soggetti privati tramite bando pubblico. In occasione dell’apertura, l’allora sindaco Giua e l’assessora ai beni culturali Giovanna Vicini Colombo, così tenevano a battesimo l’EXMA: “L’Ex Mattatoio rinasce in un’altra dimensione e con altre finalità rispetto alle sue originarie, vuole rappresentare non solo un pregevole bene culturale restituito alla città, quello che nella metà dell’Ottocento era il macello cittadino, ma uno spazio da vivere, un luogo di cultura, di arte e di incontro posto al centro della città. Una città che nell’arte e nella cultura ha sempre profuso grandi passioni e che vuole riappropriarsi della sua dimensione più vera. Nell’edificio principale, quello che un tempo era l’“Ammazzatojo del bestiame grosso”, troveranno collocazione mostre e manifestazioni culturali, così come gli altri spazi, dalla passeggiata sopraelevata alle sale di collegamento, agli edifici perimetrali, all’anfiteatro, si riempiranno di attività che caratterizzeranno la polifunzionalità del Centro”. A breve è previsto l’affidamento dell’incarico per la sua curatela e gestione nei prossimi anni.

Madrid in festa per il secolo di vita del suo Matadero

Fino al 17 novembre 2024, la capitale spagnola celebra i cento anni di vita del suo monumentale mattatoio municipale. Mostre sulla storia del sito, tavole rotonde inerenti l’architettura e l’urbanistica, concerti, spettacoli, laboratori e proiezioni di film concorrono ad articolare il programma ospitato negli spazi di quello che, a partire dal 2006, è divenuto il Centro de Creación Contemporánea del Área de Cultura, Turismo y Deporte dell’Ayuntamiento de Madrid. Ultimata nell’ottobre 1924, la costruzione del vasto impianto cittadino per la macellazione e dell’annesso mercato del bestiame si deve all’architetto madrileno Luis Bellido. Prendendo a riferimento il modello dei macelli berlinesi dell’epoca, all’inizio del XX Secolo il progettista sviluppò un programma planimetrico declinato in 48 edifici (per complessivi 165.415 mq); rimasti in attività per quasi sessant’anni (fino al 1995), hanno poi passato il testimone al moderno polo alimentare e logistico Mercamadrid. Ma sul Matadero di Madrid le luci non si sono mai completamente spente e nel giro di un decennio il suo percorso di rigenerazione si è imposto come riferimento virtuoso su scala europea. Un successo consacrato anche dai prestigiosi riconoscimenti architettonici ricevuti nel tempo, incluso il Mies van der Rohe Award for Emerging Architect. In parallelo anche l’obiettivo probabilmente più ambizioso per questo tipo di iniziative, ovvero far germogliare luoghi in grado di divenire parte integrante nella quotidianità della comunità di riferimento, è stato raggiunto. Alla ristrutturazione dei singoli padiglioni hanno concorso numerosi progettisti di base nella capitale spagnola, invitati ad abbracciare un approccio comune che privilegia il principio di reversibilità e il rispetto dei volumi esistenti, pur dovendo misurarsi con le richieste tecniche delle eterogenee funzioni previste.

Innovare conservando il passato: il Matadero di Madrid

La volontà di conservare la leggibilità degli involucri storici e favorire la nascita di spazi permeabili, potenzialmente capaci di accogliere successive trasformazioni, ha dunque spinto gli architetti coinvolti a sviluppare proposte ad hoc, che hanno finito per rendere il Matadero un “campionario” di visioni, soluzioni, sperimentazioni. Inaugurata nel 2007, su progetto di José Antonio García Roldán, la Central de Diseño adotta per esempi materiali riciclati nei suoi interni, inclusi pannelli industriali realizzati con paraurti di automobili nella pavimentazione. Sede di mostre, festival e laboratori, si colloca frontalmente al polo teatrale di 5.900 mq ricavato nei cosiddetti naves 11 e 12. Autentico “esperimento nell’esperimento”, questa zona per le arti teatrali e performative costituisce l’esito della collaborazione interdisciplinare tra il regista Mario Gas, lo scenografo Jean Guy Lecat, lo scenografo Francisco Fontanals e l’architetto comunale Emilio Esteras. Anche in questo caso, la flessibilità ha guidato la mano del team in modo da consentire allo spazio di supportare innumerevoli configurazioni sceniche, sempre senza offuscare la leggibilità dell’intervento contemporaneo negli storici padiglioni. Luogo “manifesto” dell’intera opera di rigenerazione e dello spirito dinamico che attraversa il sito è Plaza Matadero, a sua volta rinata nel 2011 per opera degli architetti Ginés Garrido, Carlos Rubio e Fernando Porras. Assieme al Calle Matadero, costituisce il “foro” del centro culturale madrileno: un ecosistema di aree vuote (e quindi ad alto grado di adattabilità), divenuto una risorsa per l’intera città, che infatti qui si ritrova per manifestazioni all’aperto, concerti, festival e mercati.

La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il Matadero di Madrid

Nel recente passato, infine, la storia del Matadero si è intrecciata con quella della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Attiva dal 1995, l’istituzione torinese scelse di estendere la propria azione nel contesto spagnolo, proponendosi come soggetto promotore di iniziative formative, educative e in sostegno della generazione emergente di artisti. Un proposito concretizzatosi, nel settembre 2017, con la nascita della Fundación Sandretto Re Rebaudengo Madrid. Sua sede designata era la Nave 9 all’interno del centro madrileno, previa ristrutturazione affidata all’architetto David Adjaye (fondatore dello studio Adjaye Associates), insieme all’architetto Arturo Franco. Mostre, laboratori, convegni, oltre all’esposizione in rotazione di opere della Collezione Sandretto Re Rebaudengo, avrebbero dovuto animare lo spazio, ufficialmente concesso dal Comune di Madrid in comodato alla fondazione italiana nel febbraio 2016. Ma di quel progetto, a distanza di sette anni, sembrano essersi perse le tracce…

Les Abattoirs è la casa delle arti di Tolosa

Fulcro dell’Occitania, Tolosa è una delle più sorprendenti destinazioni di Francia. Bagnata dalla Garonna, conserva testimonianze storico-artistiche di pregio, come il Convento dei Giacobini, ed è considerata l’hub di riferimento del settore aerospaziale in Europa. Proprio in questa città, quasi 25 anni fa si è scelto di “testare” una forma di fusione tra istituzioni culturali: un tentativo, ormai prossimo al traguardo del primo quarto di secolo, che ha generato incoraggianti ricadute. Nello storico quartiere di Saint-Cyprien, Les Abattoirs è sinonimo arte, cultura, socialità. I macelli cittadini, risalenti al XIX secolo e dismessi sul finire degli Anni Ottanta, su impulso comunale, regionale e poi ministeriale, sono infatti rinati. Riuniscono quelle che originariamente erano tre realtà indipendenti: il museo di arte moderna, il centro per l’arte contemporanea e il FRAC (Fonds régional d’art contemporain de la region; Regional contemporary art holdings). Riconosciuto come Musée de France, il nuovo soggetto si è insediato in una superficie di 3mila mq (su circa 9mila complessivi), ma estende la sua mission anche al di fuori delle mura del riattivato stabilimento, con particolare riguardo per i centri d’arte nel resto dell’Occitania. Con un focus temporale sui secoli XX e il XXI, la collezione permanente di Les Abattoirs, Musée – Frac Occitanie Toulouse include circa 4mila opere; nel tempo è stata ampliata dalle donazioni dei collezionisti privati, oltre a rinnovarsi con acquisizioni e riscoperte. All’iniziale prospettiva mediterranea, si sono progressivamente così integrate le traiettorie artistiche dell’Africa e dell’America meridionale; l’obiettivo della parità nella rappresentanza maschile e femminile viene perseguito sia con l’accrescimento del patrimonio che attraverso le mostre temporanee promosse.

Les Abattoirs, Musée - Frac Occitanie Toulouse. Credits Les Abattoirs
Les Abattoirs, Musée – Frac Occitanie Toulouse. Credits Les Abattoirs

La natura sfaccettata di Les Abattoirs a Tolosa

Non solo museo, a partire dal 2013 Les Abattoirs è sede di un programma multidisciplinare, con concerti, conferenze, spettacoli, proiezioni ed esposizioni, che accanto alla presenza stabile di servizi di interesse collettivo (come l’archivio, le sale per riunioni e laboratori, l’auditorium, la biblioteca) rendono questo luogo un multiforme centro d’arte, dotato dell’immancabile area food. Interpretando le richieste della committenza pubblica, l’équipe di progettisti guidata da AARP – Atelier Architecture Rémi PAPILLAULT e Antoine Stinco a partire dalla metà degli Anni Novanta si è misurato con il sito per valorizzarne il valore patrimoniale, “cercando di cancellare le tracce di morte e di sangue così presenti durante le nostre prime visite” come precisano gli architetti. È stata quindi conservata l’articolazione simmetrica del complesso, che esprime anche il linguaggio neoclassico proprio dell’architetto locale Urbain Vitry: fu lui, a partire dal 1825, a realizzare il polo unitario in cui Tolosa scelse di raggruppare i suoi mattatoi. All’esterno si è privilegiata la definizione di un sistema di “corti-giardino” permeabili alla città; all’interno, nonostante le necessarie trasformazioni tecniche e le richieste connesse con gli apparati museografici, l’intervento ha mirato alla conservazione della leggibilità degli ambienti storici.

Kengo Kuma & Associates e OODA per il rilancio del mattatoio di Porto

Lunga 107 metri e larga 15, la struttura curva che caratterizza l’intervento di ristrutturazione del CAM – Centro de Arte Moderna Gulbenkian, nella Fundação Calouste Gulbenkian di Lisbona, agisce da filtro tra i rinnovati spazi espositivi, disegnati circa quarant’anni fa dall’architetto britannico Leslie Martin, e il nuovo giardino progettato da Vladimir Djurovic Landscape Architecture. Con quest’opera, tenuta a battesimo lo scorso 20 settembre, la capitale portoghese diviene la prima destinazione del Paese a ospitare un’opera permanente dello studio Kengo Kuma & Associates che, invitato nel 2019 dalla Gulbenkian a prendere parte a un concorso privato, ha chiesto allo studio portoghese OODA di collaborare in qualità di architetti associati. Quella di Lisbona tuttavia è una condizione temporanea: infatti, prima che dell’esperienza del concorso a Lisbona, nel 2018 lo studio portoghese OODA aveva invitato KKAA a partecipare al concorso internazionale per la rivitalizzazione del Matadouro Industrial di Porto. Inaugurato nel 1932, questo sito è stato dismesso dalla fine degli Anni Novanta. Con una pelle lignea all’interno e un rivestimento esterno in ceramica, lo scenografico portico lisbonese del CAM, ispirato all’elemento architettonico nipponico dell’engawa, strizza l’occhio alla maxi copertura immaginata come il landmark nella rigenerazione del dismesso mattatoio, secondo il progetto con cui OODA e KKAA hanno vinto la gara.

Kengo Kuma and Associates, OODA. Render del Matadouro di Porto
Kengo Kuma and Associates, OODA. Render del Matadouro di Porto

Il progetto di riqualificazione dell’ex mattatoio di Porto

La riconversione del mattatoio di Porto, intrapresa nel dicembre 2022 e relativa a circa 26mila mq di superficie lorda, è stata promossa per riabilitare il patrimonio edilizio esistente (in parte “compromesso” dalla vicinanza con l’autostrada interna alla città), integrare nuovi manufatti e avviare, nel quadrante orientale della città, un programma funzionale diversificato ed attrattivo. A curarlo sarà Mota-Engil Real Estate Portugal, la società aggiudicatrice della concessione per trent’anni. Analogamente a quanto avvenuto a Lisbona, anche nel cosiddetto M-ODU (Matadouro Outro Destino Urbano) un tetto variamente ondulato si candida al ruolo di fulcro fisico e paesaggistico dell’intervento architettonico. Modellato, perforato, tecnologico, svetterà al di sopra dei volumi esistenti sostenuto da esili pilastri: come spiegato dall’architetto Kuma “è stato modellato a partire dal termine giapponese komorebi, che si riferisce alla luce che filtra attraverso gli alberi in una foresta”. Di conseguenza garantirà porzioni di ombra agli spazi vuoti che insistono tra un edificio all’altro, oltre ad agire come una “leggera membrana frangisole” per l’intero complesso, evocando in parallelo lo slancio che fu proprio del comparto industriale di questo territorio. Senza dubbio, inserirà un’immediata impronta contemporanea nel distretto di Campanhã, ponendo le basi per il suo rilancio in termini economici e di coesione sociale.

Una rigenerazione che coinvolge tutto un quartiere

Il processo rigenerativo in atto intende infatti riscrivere il destino dello stabilimento e dell’area circostante, facendo leva su arte, cultura, lavoro e servizi anche a carattere educativo e ricreativo. Mantenendo la memoria storica e architettonica dell’impianto, si punta a far convergere qui realtà aziendali e commerciali, oltre a soggetti pubblici; rilevante sarà la quota riservata alle attività a carattere artistico ed espositivo. Sono infatti attesi il Museu da Convergência (focalizzato su studio, valorizzazione e diffusione dell’articolata Collezione Távora Sequeira Pinto), l’estensione della Galeria Municipal do Porto, atelier e laboratori artistici. Alla ristrutturazione della decina di fabbricati disegnati dall’ingegnere Monteiro de Andrade nel 1910 si affianca la nascita di un sistema di percorsi pedonali, anche al coperto, che proiettano l’operazione verso la definizione di un sistema urbano integrato alla città. In termini di “progetto pionieristico per la nostra epoca” si è espresso Kuma, che con il suo team è chiamato al rispetto di un cronoprogramma serrato, messo a punto dopo eventi, anche avversi, che hanno generato battute d’arresto nel percorso finanziato con 40 milioni di euro alla base del M-ODU, risalente già al 2017: da alcune vicissitudini burocratiche alla pandemia, fino ai conflitti, nota causa dell’incremento dei prezzi nelle materie prime. Si guarda dunque con fiducia al 2025 per l’ultimazione del cantiere della Galeria Municipal (e di una serie di altri ambienti), mentre il 2026 dovrebbe invece essere l’anno del Museu da Convergência, l’istituzione pubblica destinata ad approfondire le connessioni transculturali tra popoli e aree geografiche diverse, con particolare attenzione per quelle generate dagli spostamenti intercontinentali dei portoghesi.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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