Elena Salmistraro dipinge paure e mostri interiori. La mostra a Milano
La galleria Antonio Colombo presenta la prima mostra personale di Elena Salmistraro. Con opere popolate da figure ibride, a metà tra il reale e l’onirico, che sfidano le convenzioni
Da bambini, tutti abbiamo conosciuto la paura dei mostri sotto il letto. Crescendo, una delle promesse dell’età adulta era che quei mostri, prima o poi, sarebbero svaniti come per magia. E in parte è stato così. Ma le paure, come spesso accade, evolvono, diventando ombre più sottili e impalpabili. Oggi, i mostri che temiamo non sono più entità separate da noi, ma pensieri annidati nella profondità della nostra mente: la paura del rifiuto, dell’esclusione, di essere relegati ai margini.
L’universo onirico di Elena Salmistraro. La mostra a Milano
Questa riflessione si materializza nelle opere di Elena Salmistraro (Milano, 1983) che trasforma le sue paure in nuove visioni. Fino all’8 febbraio 2025, infatti, la galleria milanese Antonio Colombo Arte Contemporanea ospita Alchimie nel Vuoto, la prima mostra personale dell’artista e product designer che svela il suo lato più intimo, raccontando il proprio mondo interiore attraverso il disegno e la pittura. Le sue opere creano un universo immaginifico popolato da figure ibride a metà tra il reale e l’onirico, con un linguaggio che attinge dal realismo magico e dalle correnti neo-primitiviste e surrealiste. “È un esempio di arte totale”, ci spiega la curatrice Silvana Annicchiarico. “Una mostra che abbatte le barriere tra arte, artigianato e design”.
Elena Salmistraro e la paura dell’horror vacui
Alchimie nel Vuoto è un viaggio introspettivo, un’esplorazione delle paure più intime di Elena Salmistraro. “I personaggi che abitano le mie opere sono bizzarri, imperfetti, perché, in fondo, anche io a volte mi sento così”, ci racconta. “Ma nonostante le loro stranezze, questi mostri, se così li vogliamo chiamare, desiderano solo essere accettati”. Nelle sue opere, la designer esorcizza la paura dell’horror vacui riempiendo ogni centimetro con segni netti e colori brillanti. La scelta di non lasciare spazi vuoti, in contrasto con le tendenze minimaliste contemporanee, è un atto di liberazione: “Non mi interessa il giudizio degli altri. Voglio fare ciò che mi fa stare bene”, confessa.
Il concetto di “monstrum” come metafora della diversità
I suoi “mostri” sono figure di confine, creature ibride che oscillano tra l’umano e l’animale, tra realtà e astrazione. Dagli uomini con la coda di sirena all’elefante con i tacchi a spillo fino allo specchio carnivoro, queste deformi e bizzarre presenze sono manifestazioni della diversità. Le loro sembianze richiamano icone del cinema horror, come le gemelle di Shining (1980) o i mostri di Freaks (1932) e Creature from the Black Lagoon (1954). Eppure, la loro espressione non è mai minacciosa. Piuttosto, riflette il desiderio di accettazione e il dolore di chi si sente alieno. Il concetto di “monstrum” diventa centrale nell’arte di Elena Salmistraro. Il freak è, per definizione, colui che vive al di fuori della norma, ma proprio per questo ci costringe a riflettere su come accettiamo o respingiamo ciò che è diverso. In un’epoca in cui ogni individuo è incasellato in schemi rigidi e preconfezionati, la diversità genera inquietudine. Il corpo perturbante del diverso, che sfida le convenzioni, diventa oggetto di fascino e repulsione. “Disegnare questi mostri in modo quasi ossessivo mi ha aiutato a comprendere il mio linguaggio artistico”, racconta Elena. “Alla fine, sono diventati quasi degli amici, dei compagni di viaggio”. Oltre ai grandi dipinti su tela, la mostra presenta un tappeto prodotto da TaiPing, due totem e tre vasi realizzati da Bosa Ceramiche, tutti dipinti a mano dall’artista, e una scultura lignea prodotta da Scapin.
Cecilia Moltani
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