L’altro lato della maternità. Ne parlano le artiste in 4 progetti da Londra a Biella
Sono molte le artiste che si confrontano con il tema della maternità. Nella pratica, nei gesti quotidiani, nella gestione del lavoro. Il corpo della donna diventa un luogo sovversivo nel quale affrontare le istanze della pratica e tematiche di gender equality
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Lo sguardo dell’arte sulla maternità si sta allargando, andando ad accogliere sempre più numerose esperienze. Sono molte soprattutto le artiste, che hanno nuovamente portato alla luce il tema, offrendo una immagine concreta e disincantata, lontana dall’impianto tramandato dalla storia dell’arte. Pioniere in questo senso sono state Dyana Gravina e Paola Lucente, la prima artista e curatrice, la seconda curatrice, rispettivamente fondatrice e direttrice del Procreate Project, del quale abbiamo già parlato ampiamente in queste pagine, che dal 2016 si è dotato del The Mother Studios, un progetto all’avanguardia che supporta le mamme artiste nei primi anni di vita del bambino, offrendo uno spazio di lavoro, un luogo di cura, un team dedicato a sostegno. Oltre che la possibilità, impagabile, di stare insieme e condividere esperienze.
Il progetto di Cristina Cusani
Nel frattempo, l’artista Cristina Cusani (Napoli, 1984) nell’ambito di Strategia Fotografia 2024, presenta la seconda tappa del progetto Lost in Motherhood, di cui The Docks è partner. Un primo appuntamento a Napoli si tiene il 27 febbraio alle ore 19 nella libreria Dispaccio, a pochi passi dal Madre, un talk che racconta con Irene Alison, Sara Barcaroli, Martina Cirese, Giulia Iacolutti, guardando a forme di maternità o a strategie non sempre discusse e riconosciute e sulle quali vige ancora una ferrea omertà. Parlare di tecniche di riproduzione assistita, adozione, allattamento, o del trauma dell’aborto (qui nello specifico si parlerà della funzione delle bambole Reborn) è ancora oggi, infatti, un tabù. Il progetto, che aveva già visto confrontarsi la fotografa Kristina Varaksina, impegnata nel raccontare il tema dell’infertilità di coppia, Helen Knowles, curatrice della Birth Rites Collection, collezione d’arte focalizzata sul tema del parto, e Karni Arieli, fondatrice della piattaforma Eye Mama Project, in un precedente dibattito, vedrà nei prossimi mesi svilupparsi il progetto fotografico della Cusani.
Il progetto di The Glorious Mothers
“Il lavoro”, spiega l’artista, “si focalizza sul senso di smarrimento che accompagna il percorso verso la maternità̀. Quello sdoppiamento che avviene prima nel corpo e poi nella mente creando una forte crisi identitaria iniziale, attraversata da tutte le donne ma di cui non si parla quasi mai. Il progetto si articola come un libro diviso in 40 capitoli (come le settimane di gestazione) e affronta temi legati al corpo come il concepimento, l’infertilità, l’aborto spontaneo, le tecniche di riproduzione assistita, la gravidanza, il parto, il trauma del taglio cesareo, l’allattamento al seno, la deprivazione del sonno, e temi legati alla mente come, il baby blues, la depressione post partum, la crisi di identità̀, l’insicurezza, la paura di sbagliare, la pressione della responsabilità̀, la discrepanza culturale con le generazioni precedenti”. Non a caso, Cusani fa parte del collettivo The Glorious Mothers (Sara Basta, Cristina Cusani, Mariana Ferratto, Francesca Grossi, Vera Maglioni, Giulia Iacolutti, Caterina Pecchioli, Lorena Peris, Dafne Salis, Miriam Secco), nato informalmente nel 2020, durante il primo lockdown, per rispondere all’esigenza di fornire occasioni di confronto, dialogo, supporto reale alle artiste nelle sfide quotidiane tra lavoro e genitorialità, poi evoluto in un progetto strutturato di discussione e sostegno.
La residenza a Biella con Cittadellarte
Lo scorso luglio 2024, il gruppo si è riunito a Biella, presso Cittadellarte Fondazione Pistoletto, nella Residenza Dialogues Towards a Manifesto con Lydia Pribisova (curatrice) e Margherita Perugini (educatrice museale), con l’obiettivo di sviluppare un documento su arte/maternità/femminismo. Come sempre nelle residenze di The Glorious Mothers, il momento di cura viene messo a sistema, offrendo alle madri artiste l’opportunità di partecipare insieme ai loro figli, sottolineando inoltre la difficoltà per una artista nell’accedere ad altre opportunità di residenza laddove non sia previsto un grant che si allarghi al nucleo familiare. In questo caso però oltre alla presenza, ai bambini – spesso nel nostro settore inascoltati – è stato richiesto di offrire il proprio punto di vista, all’interno di una tenda-gioco realizzata dalle artiste insieme all’educatrice. I temi sollecitati sono stati quello relativo alla relazione con le proprie madri e al loro lavoro, unitamente al rapporto che ingaggiano con esso. A rispondere sono stati: Agostino (10 anni), Alice (3 anni), Agata (6 anni), Alan (6 anni), Andrés (4 anni), Bianca (9 anni), Carlo (10 anni), Cosimo (5 anni), Federico (5 anni), Martin (7 anni), Orlando (7 anni), Piera (3 anni), Sebastiano (8 anni), Teodora (5 anni).
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La residenza da Pistoletto: il punto di vista dei bambini
Interessanti i loro punti di vista: Alla domanda perché la tua mamma fa l’artista? seguono le risposte: non lo so; perché le piace l’arte; perché le piace pitturare; non lo so, so che però non le piace colorare, le piace più disegnare; perché è un lavoro che l’appassiona; perché deve lavorare. Mentre alla domanda, perché la tua mamma lavora? Segue il senso pratico in cui i bambini sono protagonisti assoluti: perché così diventa gentile; per guadagnare i soldi così diventa una brava artista; Perché sennò non possiamo comprare le cose da mangiare e i giochi. E infine, per citare solo tre dei molti quesiti posti ai bambini: Da grande vorresti fare l’artista?: si come mamma; no no, ho già deciso, voglio fare il gelataio e l’archeologo. una volta faccio il gelataio e poi l’altra volta l’archeologo; si da una parte si dall’altra no: No, perché è un lavoro in cui serve molta pazienza e molto tempo. Si perché è un lavoro molto bello. Dalla residenza è scaturita anche (insieme a molti altri progetti) la serie fotografica Affezioni, 2024, che mostra il corpo della donna madre come “corpo sovversivo”: segnato dai cambiamenti dettati dalla natura, diventa qui piattaforma per i segni e disegni che i bambini realizzano sulla pelle nuda delle madri. Torna anche, in un lavoro in progress, il tema della cura che unisce arte e maternità e che resta alla base di molte ricerche delle madri gloriose, utilizzando i gesti del quotidiano come base per una coreografia di gruppo.
Il progetto di Mariantonietta Bagliato a Bari
Sul tema della maternità sta riflettendo anche Mariantonietta Bagliato (Bari, 1985). L’artista che da sempre introduce il lato autobiografico nel proprio lavoro, racconta “l’altro lato della maternità”, con il progetto Per sempre tua.
Nelle trame cucite realizzate dall’artista, il senso materno della dolcezza si scontra con la paura che ogni donna affronta durante questa esperienza: paura di non essere all’altezza, del senso di responsabilità che comporta la piena dipendenza di un altro essere da te, del mantenimento di sé stessi, preservando la propria vita e il proprio corpo per essere più presenti come genitori e paura per il futuro dell’umanità. I risultati di questa ricerca profonda e tenerissima saranno in mostra dall’8 marzo in una grande installazione ambientale, promossa da Vettor Art Project nella città di Bari.
Santa Nastro
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