Visite virtuali e virtuose. Le mostre online tra punti di forza e criticità
Sempre più spesso mostre e musei si dotano di versioni online che recano memoria di allestimenti per loro natura effimeri, alla cui documentazione riservano di solito scarsa attenzione i tradizionali cataloghi cartacei. Ma ci sono anche delle criticità
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“Non voglio nemmeno sentir parlare di visita virtuale di un museo!”, tuonava nel 1996, dalle colonne del Giornale dell’Arte, la direttrice del Poldi Pezzoli Alessandra Mottola Molfino, lamentando la scarsa qualità delle riproduzioni digitali disponibili all’epoca. Da allora sono stati fatti passi in avanti giganteschi da questo punto di vista, e la visita a distanza del museo costituisce un piacevole passatempo e un utile strumento di studio e di ricerca: soprattutto quando, come ci ha mostrato il cataclisma pandemico, le istituzioni culturali non sono raggiungibili o sono costrette a chiudere i battenti. Sempre più spesso anche le mostre si dotano di versioni online, tanto più significative perché recano memoria di allestimenti per loro natura effimeri, alla cui documentazione riservano di solito scarsa o nulla attenzione i tradizionali cataloghi cartacei. Si prenda ad esempio la versione digitale della mostra su Pier Francesco Foschi (28 novembre 2023 – 14 aprile 2024), accessibile sul sito della Galleria dell’Accademia di Firenze: si può ripercorrere l’intero percorso della rassegna, soffermandosi sulle singole opere, fruibili in riproduzioni ad alta risoluzione.
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Le mostre virtuali per conoscere gli allestimenti dei musei del passato
Un’opzione molto interessante, e forse finora non sfruttata quanto ci aspetteremmo, è quella di visitare virtualmente musei e collezioni che sono distanti non solo nello spazio, ma anche nel tempo, ossia allestimenti del passato che non ci sono pervenuti, o perché stravolti da riallestimenti successivi, o perché gli spazi in cui si dispiegavano sono andati distrutti. Un esempio in questo senso ci è fornito dalla Zeitreise messa a punto dallo Städel Museum di Francoforte sul Meno nel 2016, in occasione dei duecento anni del museo: un grosso lavoro su fonti iconografiche (piante, sezioni, vedute degli interni) e testuali ha consentito di ricreare l’aspetto delle sale che ospitavano le raccolte dello Städel in tre momenti della sua storia. Il visitatore può attraversare le stanze dell’abitazione di Johann Friedrich Städel nel 1816, visitare l’edificio sulla Neue Mainzer Strasse che a partire dal 1833 è stato la seconda sede della prestigiosa istituzione, ammirare le sale della sede attuale del museo, ma nell’allestimento che avevano nel 1878. Si ha così modo di indagare e anzi esperire in prima persona tutta una serie di aspetti (dai criteri che sono alla base dei diversi allestimenti, alla volontà di creare rimandi e abbinamenti, alle variazioni del gusto) che sarebbero più difficili o impossibili da apprezzare con metodi più tradizionali.
Mostre virtuali: il caso di Stoccolma
Un progetto analogo è in corso di realizzazione per la collezione di dipinti già esposta nel Palazzo Reale di Stoccolma e poi migrata nel Museo Nazionale di Belle Arti, di cui si vogliono ricostruire gli allestimenti nel 1795 e nel 1843.
Tornando al di qua delle Alpi, occorre segnalare l’interessante ricostruzione di un luogo mitico del collezionismo rinascimentale, lo studiolo mantovano di Isabella d’Este. Grazie al “virtual studiolo”, sbarcato in rete nel 2023, all’interno del progetto IDEA (Isabella D’Este Archive), l’utente ha la possibilità di aggirarsi nei due ambienti del Palazzo Ducale di Mantova in cui Isabella aveva riunito i frutti più preziosi della sua passione collezionistica, lo studiolo vero e proprio e la grotta, ammirandoli nel momento del massimo splendore, con i dipinti di Mantegna, Lorenzo Costa, Perugino e Correggio al loro posto. Benché solo una minima parte delle gioie e delle sculture collezionate da Isabella sia riprodotta e perfettibile appaia la resa delle varie superfici, lo studiolo virtuale può costituire un utile strumento e la base di partenza per ricostruzioni sempre più raffinate e complete.
I punti deboli dei “riallestimenti digitali”
Naturalmente l’affidarsi al digitale ha i suoi punti deboli: tutti noi incappiamo in link che non sono più attivi e in pagine che non si caricano. Il discorso vale anche quando l’ausilio multimediale non è pensato per una fruizione da remoto, ma per essere utilizzato lungo il percorso espositivo. Nella prima sala delle Gallerie dell’Accademia di Venezia è stato installato un totem sull’allestimento del vasto ambiente nel 1817, quando vi erano esposti non, come oggi, i fondi oro, ma dipinti dei maestri del Cinquecento veneziano (Assunta di Tiziano compresa): quando ho visitato il museo, qualche mese fa, lo schermo su cui si doveva godere della ricostruzione virtuale della sala così come appariva un tempo era spento, e desolantemente nero. Questi strumenti necessitano di una continua manutenzione: se non funzionano, meglio rimuoverli, perché non servono a niente, e anzi deturpano ambienti di straordinaria bellezza.
Fabrizio Federici
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