A Napoli il progetto di arteterapia per portare l’arte negli ambulatori
Dopo l’inaugurazione del primo Museo Ambulatorio d’Italia al CTO di Napoli, aumentano gli spazi espositivi e le iniziative dedicate alla riabilitazione delle persone in fragilità attraverso l’arteterapia
Una volta entrati nel CTO di Napoli, lo scenario sembra essere quello di qualsiasi ospedale d’Italia: una fila di persone che aspetta il suo turno al Pronto Soccorso mentre gli infermieri si muovono a ritmo spedito da una parte all’altra della struttura. Ma basta fare qualche passo verso la corsia di sinistra per immergersi in un’area silenziosa, colma di opere d’arte da contemplare o con cui interagire. È il primo Museo Ambulatorio d’Italia, un’iniziativa di Cur’Arti, rete europea che unisce aziende ospedaliere e luoghi di cultura per promuovere l’integrazione dell’arteterapia nella riabilitazione delle persone in condizione di fragilità.
La nascita del progetto Cur’Arti
“In questi spazi progettati per potenziare il benessere ci si cura meglio e si guarisce prima”, dice Francesca Barrella, medico chirurgo specializzata in Medicina Interna con una passione spasmodica per l’arte, come testimonia la sua laurea in Beni Culturali. L’embrione del progetto Cur’Arti muove i primi passi nel 2020 proprio dalla sua tesi di laurea e viene molto apprezzato dal Ministero della Cultura, tanto da entrare nel registro delle opere pubbliche tutelate. Le tre stanze del Museo Ambulatorio, inaugurato a luglio 2024, sono dedicate alla terapia riabilitativa di persone con autismo, disabili, malati di Alzheimer, ma anche al personale sanitario. Rientrano nelle attività finanziate dal bando della regione Campania Dall’ombra alla luce, vinto da Cur’Arti come capofila di un’ATS (associazione temporanea di scopo) composta da più associazioni che hanno poi realizzato diversi progetti dedicati all’arteterapia.
L’opera di Zehra Doğan per Cur’Arti
Un lungo corridoio inaugura la zona dedicata alle illustrazioni della Scuola Italiana di Comix, con opere esposte al Museo Archeologico Nazionale ispirate alle divinità partenopee. La sala successiva sfoggia la collezione Cur’Arti, un catalogo di creazioni donate da autori italiani e internazionali che riflettono il loro rapporto con l’inclusione e gli obiettivi di questo progetto. Spicca su tutti la riproduzione – l’originale è custodito nei magazzini di Cur’Arti – di Reheval, una grande tela realizzata da Zhera Doğan, l’artista e giornalista curda arrestata e condannata in Turchia per aver denunciato la distruzione della città di Nusaybin dopo gli scontri tra forze dell’ordine e insorti curdi dipingendo la bandiera turca su edifici distrutti. Reheval è stata realizzata con curcuma, caffè, acquerello e feltro su tela, materiali simili a quelli utilizzati in maniera ingegnosa durante la sua prigionia per continuare a dipingere.
La sala multisensoriale
Proseguendo, il museo aumenta progressivamente il suo grado di accessibilità e interazione. Su una serie di fotografie donate dall’Unione Astrofili Napoletani, i non vedenti e gli ipovedenti possono seguire la linee tracciate da un pannello tattile, che anticipano le opere della stanza dell’inclusione, quando il percorso sta per volgere al termine. Manca solo una sala, quella multisensoriale, il fiore all’occhiello dell’iniziativa che “è il contrario di virtuale perché nel virtuale in qualche modo siamo passivi e veniamo sollecitati, invece nel multisensoriale siamo attivi stimolando tutti i nostri sensi”, dice Barrella. All’interno l’atmosfera si fa sognante ed evocativa. Le uniche luci provengono dal video dell’artista californiano Todd Williamson proiettato sulla parete (Painting Mental/Calm, A Polyphony of Color and Sound), dal fascio di fibre ottiche in cui avvolgersi dopo essersi distesi sui tappetini, e dal bubble tube, una colonna che al tatto rilassa i sensi con una leggera vibrazione e cambia colore. Sono soluzioni studiate per il benessere dei pazienti e adattate alle loro patologie, che serviranno anche da base per raccogliere dati scientifici e unire l’aspetto artistico a quello medico, con l’idea di realizzare in futuro un protocollo. “Immagini e suoni possono superare ogni barriera, come dimostrato da tutti i pazienti affetti da demenza, perché nelle aree profonde del cervello alcune zone sono preservate ed è l’unico modo per mantenere in contatto queste persone con una vita che altrimenti sarebbe veramente nemica”, afferma Cosimo Maiorino, direttore sanitario del CTO.
L’espansione del progetto Cur’Arti
Oltre all’azienda dei Colli, che rappresenta il CTO e gli ospedali Cotugno e Monaldi, anche l’ASL 2 di Napoli, che comprende tutti gli istituti ospedalieri del nord della città, ha aderito all’iniziativa e ospitato nella sua sede una spazio di Cur’Arti. “Un percorso di miglioramento dell’assistenza ai malati”, lo definisce Maiorino, “diverso da quello farmacologico, psicologico, neurologico e più completo e olistico nei confronti della persona”.
Istituzionalizzare l’arteterapia
“C’era un bimbo autistico. L’ho fatto rilassare con la musica e gli ho detto: ‘Chiudi gli occhi’. Oggi tutti hanno bisogno di questi momenti. In un futuro la struttura potrà essere aperta anche al territorio. Noi abbiamo anche colleghi di musica che hanno fatto musicoterapia, colleghi di educazione fisica che hanno fatto psicomotricità”. La professoressa Monica Lemetre è entusiasta dell’accoglienza riservata al nuovo spazio di Cur’Arti aperto nell’Istituto comprensivo statale Tito Livio-Fiorelli. È composto da due stanze, un’aula circondata da opere della Scuola Comix, con una cattedra e alcuni banchi disposti a formare un rettangolo, e un’altra sala multisensoriale con pareti bianche che gli studenti dipingeranno dando sfogo al loro potenziale artistico. Si tratta del secondo museo aperto all’interno di una struttura educativa, dopo quello nel Dipartimento di scienze mediche, motorie e del benessere dell’Università degli Studi di Napoli Parthenope. Una rete che si allarga in maniera capillare nel territorio per rafforzare l’obiettivo primario del progetto Cur’Arti: istituzionalizzare l’arteterapia e renderla strutturale: “In Italia ci sono solo bellissime situazioni isolate però l’idea è di farla diventare qualcosa di istituzionalizzato. Questi sono musei permanenti in luoghi pubblici. Qui verrà fatta produzione scientifica applicata all’arteterapia. Si avvieranno dei progetti con i laboratori di raccolta di dati, di monitoraggio, quindi è un livello più avanzato”, dice Barrella.
Anche l’architettura fa la sua parte
Uno degli strumenti per raggiungere questo scopo riguarda il coinvolgimento interdisciplinare di diverse figure, come gli architetti: “Le professioni possono essere inserite a largo raggio in questo progetto. Gli assistenti sociali, i medici, gli psicologi, tutte le persone che hanno a cuore un determinato tipo di approccio possono trovare lavoro”, sostiene l’architetta Mariella d’Elia. L’Ordine di Napoli e provincia ha promosso Cur’Arti nell’ultima edizione di Arkeda, il salone dell’architettura, edilizia, design e arredo del capoluogo campano, e svolgerà un ruolo importante anche nel concepimento degli spazi espositivi e nei vari progetti messi in campo. “L’arte offre quella dimensione che non soltanto è curativa per la persona, ma aiuta nelle relazioni, perché ogni persona, nel momento in cui si conosce un po’ di più, si apre anche all’altro e quindi i luoghi diventano luoghi inclusivi di tolleranza. Il secondo passaggio fondamentale è questo delle scuole, delle università”, afferma l’architetta Maria Rosaria Rocco, un’altra sostenitrice del progetto.
La formazione e le altre iniziative di Cur’Arti
Il progetto Cur’Arti non si ferma solo agli spazi espositivi ma si impegna anche nella formazione, come nell’iniziativa Ability-not Disability!, che offre un percorso professionalizzante destinato a giovani guide con disabilità tra i 18 e i 30 anni, in collaborazione con l’associazione La Scintilla. In futuro si lavora a un master con l’Università Parthenope per formare la figura dell’arteterapeuta in vari ambiti, come quello medico, culturale, educativo. Stesso istituto dove si è svolto un laboratorio di arteterapia per 15 studenti durato 36 ore che ha unito teatro, danza, mindfulness, yoga, scrittura, disegno, fotografia, poesia, narrativa e musicoterapia. “La nostra convinta partecipazione e adesione a questo progetto si traduce nell’idea che gli studenti e soprattutto gli educatori debbano essere presenti nei luoghi di cura”, afferma la professoressa Maria Luisa Iavarone.
Cur’Arti ha inoltre attivato sportelli di ascolto grazie alla collaborazione con il Corpo internazionale di soccorso, che ne ha aperto uno all’interno dell’Istituto comprensivo Elena di Savoia-Diaz per fornire informazioni sull’inserimento scolastico, i servizi sociali, i diritti delle persone con disabilità, e Cittadinanza Attiva, che ne ha dedicato un altro alle famiglie. Molte iniziative continueranno a nascere anche nei prossimi mesi. Barrella prevede di includere percorsi di riabilitazione attraverso la digitalizzazione, come nel caso della realtà aumentata, e sta lavorando a una collaborazione con il Dipartimento umanistico di pedagogia sperimentale della Federico II, che ha svolto una attività di monitoraggio per il progetto Dall’ombra alla luce. Nel frattempo, gli spazi serviranno da sede di convegni, conferenze, punti d’incontro per rafforzare lo scambio tra diverse professionalità e competenze.
Alessandro Leone
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