L’arte millenaria dell’arazzo incontra l’arte contemporanea in una mostra a Forlì

Da Piero Dorazio a Omar Galliani, da Antonio Marras a Francesca Müller: la mostra che intreccia l’arte dell’arazzo alle espressioni della creatività contemporanea alla Fondazione Dino Zoli è tanto ricca quanto curiosa

Tradizione e innovazione. La mostra “Trame Esplorative” alla Fondazione Dino Zoli di Forlì è un viaggio attraverso l’arazzo ed un’ampia disamina dell’arte tessile in Italia, con alcune incursioni internazionali, dagli Anni Cinquanta ad oggi. L’esposizione, curata da Nadia Stefanel, rientra nell’ampia pianificazione culturale della Fondazione, che dal 2017 propone percorsi di ricerca, residenze d’artista e progetti curatoriali legati al tessuto e alla luce. Il progetto vuole portare all’attenzione dei visitatori come il mezzo tessile, tradizionalmente visto come un’arte decorativa, sia diventato, nel corso del tempo, una forma espressiva innovativa e plurale, che intreccia storie, culture e tecniche

La mostra “Trame esplorative” sull’arazzo a Forlì

Parole come filo, trama, ordito, intrecci e tessuto sono utilizzate spesso per evocare suggestioni di percorsi, idee, relazioni, convivenze e collegamenti. Una tecnica antica incontra, con l’arte, la contemporaneità, e insieme, danno vita a rappresentazioni di emozioni” commenta Monica Zoli.
Si tratta di un viaggio attraverso le arazzerie italiane e non solo, un’opportunità per comprendere come l’arte e l’artigianato possano collaborare, tramite l’esperienza di alcuni dei più importanti maestri del secondo Novecento – tra cui Sonia Delaunay, Gino Severini, Alexander Calder, Afro, Piero Dorazio, Riccardo Licata, Eros Bonamini – e quella, attuale, di vari artisti, quali Maurizio Donzelli e Loredana Longo, e delle designer Nathalie du Pasquier e Francesca Müller. 

Arazzi e arte contemporanea alla Fondazione Dino Zoli

Con uno sguardo alla tradizione troviamo in mostra Piero Dorazio (Roma, 1927 – Perugia, 2005) che, attratto dalla trasposizione in tessuto, realizzò diversi progetti per tappeti e arazzi, in sinergia con Elio Palmisano, quali gli arazzi Quadricolore. Nel 1989 sviluppò la serie “Colore d’Oriente”, per Artep Italia: cinque progetti grafici ispirati alle tonalità orientali nei quali gli esemplari furono realizzati in villaggi dell’Anatolia Orientale, recuperando le antiche tecniche di colorazione manuale e di lavorazione artigianale tradizionali delle donne di origine curda. Legata al Novecento italiano anche l’opera Senza titolo di Niki Berlinguer (Rieti, 1905 – Roma, 1994), moglie di Mario Berlinguer (vedovo, politico e antifascista, padre di Enrico). Conosciuta come la grande signora italiana degli arazzi, era una delle figure più emblematiche dell’arte della tessitura artistica italiana del Novecento e ha saputo coniugare sapiente tecnica manuale e linguaggi moderni.

Il design tessile di Nathalie Du Pasquier

Colpisce immediatamente, forse anche per i suoi splendidi colori, Europa di Nathalie Du Pasquier (Bordeaux,1957), figlia di Jacqueline Du Pasquier, curatrice del MAD di Bordeaux e poi direttrice della Revue de Sèvres, crebbe in un ambiente familiare culturalmente ricco di stimoli. Nel 1979 si stabilì a Milano, mentre attorno a Ettore Sottsass si andavano raccogliendo giovani designer e architetti di ogni nazionalità e provenienza culturale, animati dal desiderio di scuotere dalle fondamenta il mondo del design, per sovvertirne regole e assunti teorici e formali.Quella di Memphis, alla cui fondazione ha contribuito, è stata per Nathalie una stagione molto felice, che l’ha portata a disegnare una miriade di oggetti: arredi, tappeti, tessuti per interni, lampade, vasi, vassoi, orologi e molto altro. Tra il 1985 e il 1989 ha disegnato 11 tappeti, due sotto l’egida di Memphis, gli altri nove per una propria produzione, tra cui quello in mostra, eseguiti da Elio Palmisano.

Tradizioni e innovazione degli arazzi

Invitano a riflettere sull’importanza di non perdere gli antichi saperi le opere dello Studio Pratha, nel quale le idee di un gruppo di designer vengono tradotte in arazzi dalle sapienti mani delle Maestre di telaio della Barbagia, ultime depositarie di un savoir-faire salvato dall’oblio solo grazie alla loro passione e tenacia e fedeli alla tradizionale tecnica di tessitura su telaio verticale, che lavorano in modo manuale, senza alcun ausilio di strumenti meccanici e utilizzando lana di pecora sarda.In mostra opere quali I Danzatori di stelle, che trae ispirazione dalle atmosfere della Sardegna ancestrale narrata nel romanzo di Sergio Atzeni.  Alcuni temi di attualità vengono affrontati in questo percorso, come il riciclo, al centro delle opere dello stilista Antonio Marras cheha realizzato un progetto che congiunge la Sardegna e l’Afghanistan con le proprie tradizioni, i colori e i saperi. Il risultato sono tappeti/arazzi che Marras ha creato intervenendo in assoluta libertà su kilim tradizionali afghani in lana ritorta a mano, fatti tessere da Amini in tre colori base: nero, bordeaux, ecrù. I frammenti che lo stilista ha impiegato sono gli interni delle giacche, le fodere e quanto di solito è destinato a essere buttato e che invece è stato ripreso, utilizzando anche elementi preziosi, pescati nelle scatole del suo archivio.

L’arazzo tra intrecci, migrazioni e tecnologia

Le tre opere della serie Trasguardi di SISSI, Daniela Olivieri, invitano a riflettere su un mondo sempre più in rapido mutamento, in cui si tende a perdere la propria individualità e al contrasto, in un’epoca caratterizzata dal sopravvento del digitale sull’analogico, tra la velocità tipica del mondo digitale e i tempi lenti dell’antica arte del telaio.  Terribilmente attuale anche l’installazione di Armida Gandini che seleziona immagini della storia dell’arte legate alla migrazione – come il Riposo durante la fuga in Egitto – e le trasferisce nei tappeti, dove le sagome raccontano storie, in riferimento alle immagini culturali da cui derivano. Molto poetiche, tra i tanti talentuosi artisti presenti, le opere Tessiture e orditi di un angelo assorto di Omar Galliani – nel quale i fili del disegno si annodavano tra le piume di un angelo assorto davanti ad un mondo senza nome – e gli otto piccoli arazzi inediti che costituiscono Reverie di Elena El Asmar. L’artista, di padre libanese e madre toscana, unisce le due culture con efficacia: i ricordi della sua casa di famiglia in Toscana e la finestra da cui guardava la campagna si mescolano fino a diventare indistinguibili con il separé con disegni libanesi che si trovava in mezzo. La mostra si conclude con l’arazzo Metapolis di Francesca Müller, che unisce la complessità artigianale della tessitura con grafiche ispirate dall’intelligenza artificiale.  “L’arazzo, come linguaggio visivo contemporaneo, ci racconta di sperimentazioni e innovazioni tessili, di collaborazioni tra artisti e artigiani, tra tradizione ed esperimenti moderni, in dialogo con le tendenze artistiche contemporanee (in primo luogo l’astrattismo) e il design industriale. Un percorso di ricerca che attraversa l’Italia, con alcune incursioni europee, proponendo un momento di riflessione su identità e tradizione”, commenta Nadia Stefanel. 

Giulia Bianco

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Giulia Bianco

Giulia Bianco

Ha frequentato a Milano il Master Economia e Management per l'Arte e la Cultura della 24Ore Business School. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Catania con tesi dal titolo “I contratti nel mondo dell’arte”, è specializzata in diritto…

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