Ripensare la comunicazione dell’arte: oltre i modelli tradizionali

Giulia Silvia Ghia, assessore alla cultura del Primo Municipio di Roma, partecipa alla riflessione sulla comunicazione dell’arte, sottolineando l’importanza di trasformare il concetto di fruizione per aumentare il coinvolgimento di tutti i cittadini a partire dai più giovani

La bellezza, nella sua essenza più profonda, è un linguaggio universale. E l’arte nelle sue molteplici espressioni può essere portatrice di bellezza, percepita se si hanno gli strumenti per riconoscerla. Eppure, paradossalmente, oggi l’arte rischia di diventare un codice sempre più esclusivo, compreso da pochi e distante dalle nuove generazioni. Il problema non è la mancanza di interesse, ma la formazione fin da piccolissimi e l’assenza di canali adeguati a trasmettere la potenza e il valore della produzione artistica, sia antica che contemporanea, attraverso i linguaggi del presente. Dopo gli articoli di Spadaro e Cuccia e gli altri della serie che ha preso il nome ‘Il Martello di Michelangelo’ su Artribune, ecco una riflessione maturata dall’esperienza sul campo, soprattutto in questi ultimi tre anni di guida dell’assessorato cultura, scuole, giovani e sport del centro storico di Roma.

Raccontare l’arte: la sfida per musei, gallerie e istituzioni culturali

I musei, le gallerie e le istituzioni culturali si trovano di fronte a una sfida cruciale: riuscire a raccontare l’arte in modo che continui a parlare a tutti, senza perdere la sua autenticità e profondità. Soprattutto nell’era digitale che appiattisce tutto. Tutti sanno tutto, tutto è mostrato ad un livello superficiale e “lieto” nulla è riportato alla realtà di fatica e impegno.
Se pensiamo ai modelli tradizionali di fruizione dell’arte, il museo è il primo luogo che viene in mente. Ma quante persone, soprattutto giovani, si sentono realmente coinvolte dall’esperienza museale? Spesso le opere sono percepite come distanti, inaccessibili, chiuse in una narrazione che esclude piuttosto che accogliere. Eppure, l’arte è emozione, è racconto, è esperienza. Perché, allora, non trasformare il museo in luogo dove poter vivere in maniera esclusiva esperienze simili alla visione di una serie televisiva, dove ogni opera diventa il fulcro di una narrazione immersiva? Ogni dipinto, ogni scultura, ogni installazione porta con sé storie affascinanti, intrecciate con la storia dell’umanità e con le vite di chi le ha create, di chi le ha commissionate, di chi ne è il soggetto o ancora storie legate ai tempi che hanno attraversato per arrivare a noi. Se riuscissimo a raccontarle con la stessa forza con cui oggi le serie TV catturano milioni di spettatori, potremmo abbattere quel muro che ancora separa il pubblico dall’arte. Federico Zevi diceva “non ci si chiede mai di storicizzare il testo creativo” di contestualizzarlo nel momento della sua creazione ma anche di contestualizzarne la sua narrazione nella contemporaneità.

Lavorare sulla mediazione culturale per ridisegnare la comunicazione nell’arte

Il patrimonio culturale è un’eredità che non può restare confinata in schemi rigidi. Deve essere tradotto nei linguaggi contemporanei per restare vivo, per evitare di trasformarsi in una reliquia del passato priva di significato per le nuove generazioni. È dunque sempre più fondamentale un’opera di mediazione culturale che sappia traghettare l’arte nel futuro, adattandola senza snaturarla. Questo potrebbe significare l’utilizzo di tecnologie immersive, come la realtà aumentata e il metaverso, o l’integrazione di formati narrativi innovativi, capaci di coinvolgere un pubblico sempre più abituato a fruire contenuti in modo dinamico e interattivo magari anche al di fuori di un museo, come ad esempio il podcast.

Van Gogh Experience

Il ruolo delle scuole nella comunicazione dell’arte e della cultura

In un paese come l’Italia cosa si aspetta ad inserire curricolarmente nelle scuole un giorno, due giorni al mese le lezioni all’interno dei siti e delle istituzioni culturali: la scuola va al museo non solo per visitarlo e conoscerlo ma per svolgerci le lezioni. Un’iniziativa che potrebbe nascere da un accordo tra il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Istruzione, con l’obiettivo di portare avanti un approccio alla conoscenza attivo, un vero e proprio programma di cultura attiva. Immaginiamo cosa significherebbe per gli studenti tradurre Cicerone direttamente nella Curia Julia, o studiare la prospettiva davanti a un’opera di Piero della Francesca o un’architettura del Borromini, o parlare delle Guerre d’Italia nelle stanze di Giulio II in Vaticano, il Papa guerriero, affrescate da Raffaello.  Questo metodo, che integra l’educazione con l’esperienza diretta, favorirebbe non solo l’apprendimento, ma anche la costruzione di un legame emotivo e culturale con il patrimonio artistico del paese. Una scuola che vive la cultura in modo immersivo è una scuola che forma cittadini più consapevoli, più attenti e più rispettosi del proprio passato e del proprio futuro. D’altronde ci si deve rendere conto che abbiamo generazioni di ragazzi e ragazze che ormai, “aiutati” dal Covid ad utilizzare i device per studiare, hanno la soglia di attenzione pari ad un video su tik tok e pertanto non riescono più a reggere la lettura di un libro perché troppo lenta.

Vivere la cultura in modo immersivo

D’altronde vogliamo un patrimonio culturale custodito in teche polverose, visitato da pochi, o visitato da molto senza che se ne capisca il senso o vogliamo che continui a essere una fonte di ispirazione per tutti? L’arte non ha mai smesso di evolversi, di adattarsi, di contaminarsi con nuovi strumenti e nuove visioni. Negli ultimi anni, alcuni progetti hanno dimostrato come sia possibile reinventare la fruizione artistica. Pensiamo alle mostre immersive che hanno avvicinato al mondo dell’arte milioni di persone che forse mai avrebbero messo piede in un museo tradizionale. Tuttavia, è fondamentale che in questi percorsi espositivi l’aspetto ludico non superi quello educativo. Un’installazione immersiva può affascinare e catturare l’attenzione, ma deve avere un contenuto scientifico solido, mediato attraverso un linguaggio semplice e accessibile. Questo è il vero compito dei curatori, degli storici dell’arte e dei comunicatori, di chi lavora nel settore culturale: garantire che l’innovazione nella comunicazione dell’arte non si trasformi in mero intrattenimento, ma resti un ponte tra il sapere e il pubblico. Il loro mestiere deve essere improntato su questa missione: rendere l’arte comprensibile e coinvolgente, senza perdere il rigore e la profondità della ricerca accademica.

Trasformare il modello di fruizione senza perdere il valore scientifico

Comprendere e conoscere genera inevitabilmente rispetto e cura. L’arte non può limitarsi a intrattenere, ma deve continuare a educare, a stimolare una consapevolezza profonda che vada oltre la semplice estetica. Una comunicazione efficace dell’arte non deve mettere il pubblico di fronte ai propri limiti, ma al contrario, deve provocare una sensazione di familiarità, abbattendo barriere e invitando chiunque a sentirsi parte di quel racconto. Solo così l’arte può lasciare un segno duraturo, educando al rispetto della pluralità e della diversità, favorendo la cura delle persone e dei luoghi comuni. Far nascere il senso di appartenenza, ossia la consapevolezza di essere parte di una storia, è possibile solo attraverso la conoscenza. Quando le persone si sentono coinvolte, quando comprendono il valore di un’opera, di un monumento, di un simbolo culturale, di un’istallazione contemporanea allora lo rispettano, lo proteggono e lo trasmettono.
Dobbiamo avere il coraggio di sperimentare, uscire dagli schemi, creare nuovi spazi di dialogo tra arte e pubblico. Perché la bellezza non appartiene a una cerchia ristretta di esperti, ma è un diritto di tutti. E solo trovando nuovi modi per comunicarla possiamo garantire che il nostro immenso patrimonio culturale continui a essere vivo, compreso e amato anche da chi se ne occuperà dopo di noi.

Giulia Silvia Ghia

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Giulia Silvia Ghia

Giulia Silvia Ghia

Assessore alla Cultura, Scuola, Sport, Politiche Giovanili del I Municipio di Roma dal novembre 2021. Si occupa da tempo di progetti di conservazione e valorizzazione dei beni culturali, realizzati con la non profit Verderame progetto cultura, attraverso il reperimento di…

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