Bagarini e saltafile legalizzati al Colosseo? Le Iene denunciano i falsi tour organizzati

I turisti che vogliono visitare in gruppo il monumento faticano a prenotare attraverso il sito di CoopCulture. E spesso vengono adescati da bagarini che vendono biglietti e visite guidate con una sovrattassa di 13-18 euro


Le Iene
 colpiscono anche il patrimonio artistico e la sua gestione. Poco prima di Natale – motivo per cui molti non se ne sono accorti – il celebre e spesso temuto programma Mediaset segnalava una controversa storia presentata come sintomo del degrado della Capitale. L’inchiesta condotta da Filippo Roma e scritta da Marco Occhipinti faceva emergere, infatti, una situazione a dir poco imbarazzante: i turisti del mondo intero che volessero prenotare una visita di gruppo al Colosseo, comodamente da casa loro, sul sito web di CoopCulture che gestisce il servizio, non possono infatti farlo liberamente fino al prossimo giugno. Perché? Il programma tv rivelava che non appena si aprono le prenotazioni le agenzie di viaggio presenti sul territorio laziale si fanno la guerra per accaparrarsi il numero più ampio di biglietti per gruppi organizzati (è consentito l’ingresso di cinque gruppi al giorno al Colosseo). L’inchiesta è andata in onda sotto le Feste e non ha avuto la visibilità che si merita, anche per questo abbiamo pensato di rilanciarla.

BAGARINAGGIO LEGALIZZATO

Una volta comprati i biglietti online – che costano 12 euro l’uno – le agenzie si danno da fare per adescare i turisti fuori dal Colosseo formando dei gruppi improvvisati e vendendo loro l’ingresso con in più la visita guidata obbligatoria “con la guida ufficiale” per un totale di 25 o 30 euro a persona. Una situazione disonorevole che costringe il turista a pagare un sovrapprezzo di 13 – 18 euro per visitare il monumento servendosi di quelli che a Roma sono i famigerati “saltafila”. Le agenzie d’altra parte, non potendo vendere biglietti puri e semplici (sarebbe bagarinaggio) utilizzano l’escamotage del “tour guidato” per essere in qualche maniera in regola con la legge e imporre una gabella al malcapitato acquirente. E così un gruppo, mettiamo proveniente dall’Australia, a Roma con la propria guida turistica magari partita dalla madrepatria, deve per forza pagarne un’altra se vuole visitare il Colosseo. Perché un visitatore che viene in Italia, a Roma, e che desidera visitare il Colosseo non può farlo senza essere taglieggiato da queste dubbie figure che esercitano una sorta di losco oligopolio su una delle attrazioni più conosciute al mondo?

LEGALITÀ E DECORO

Intanto dal fronte CoopCulture – la società che gestisce la bigliettazione online dell’Anfiteatro – la soluzione viene individuata nel rimettere la piazza davanti al Colosseo in una condizione di legalità e decoro. E sulle problematiche nelle prenotazioni sollevate dall’inchiesta, la società di servizi precisa che – con regole e norme concordate con la Sovrintendenza – mette in vendita in anticipo una quota pari al 60% degli slot delle visite guidate (che sono stati tutti acquistati in poche ore). Questi vengono acquistati da grandi operatori internazionali come dalle agenzie o anche da singoli che vogliono formare un gruppo con norme tese a evitare l’accumulo. Queste norme, puntualizza ancora CoopCulture, vengono aggirate con sistemi come quello di fare acquisti da Ip diversi e su conti diversi per impedire il blocco. Un’altra quota di prenotazioni viene messa in vendita mese per mese e c’è una riserva quotidiana affidata alle casse proprio per evitare il bagarinaggio. Forse, effettivamente, sarebbe opportuno rendere anche la piazza parte dell’area chiusa al pubblico e sottoposta a pagamento. In modo da controllare meglio le presenze e tutelare di più i turisti dall’adescamento continuo. Un problema burocratico non da poco però: il monumento è di proprietà dello Stato, la piazza è invece del Comune di Roma. Buona visione, si fa per dire, del filmato

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Redazione

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