L’Fbi ritrova una tela del Seicento. Storia incredibile, tra grande collezionismo e orrore nazista
Dall’Olanda del Seicento a New York, passando per la Germania nazista e il Canada. La lunga storia di un prezioso dipinto di Jan Franse Verzijl e di una collezione dispersa…
Una vicenda lunga quattro secoli, che pare uscita dal cassetto di uno sceneggiatore di spy story appassionato di romanzi storici. Con l’arte a fare da soggetto principale. Tutto vero, però. Documentato e riepilogato nel corso di questo febbraio, sul sito dell’FBI.
L’antefatto ci porta fino al XVII secolo, a Gouda, nello studio dell’artista olandese Jan Franse Verzijl, un caravaggista dedito in particolare alla pratica del ritratto. Nel 1630 dipinse una tela dal titolo “Un giovane come Bacco”, figura maschile dai tratti gioviali – il calice in mano e la classica corona di foglie di vite sul capo – restituita con una pittura preziosa, soffice, intrisa di luce. Un dipinto disperso e oggi saltato fuori da un passato rocambolesco.
LA STORIA DELLA FAMIGLIA STERN
L’opera faceva parte dell’immensa collezione Stern, patrimonio della nota Galerie Stern, fondata a Düsseldorf nel 1913 dall’ebreo-tedesco Julius Stern, prima lavoratore in un’azienda tessile, poi art dealer. Alla sua morte fu il figlio Max a gestire con passione patrimonio e attività, fin quando il regime nazista non lo costrinse a chiudere la galleria ed emigrare, per via delle origini ebraiche della sua famiglia.
Nel dicembre del 1937 Max Stern lasciò la Germania e tutti i suoi averi, per fuggire a Londra e poi stabilirsi in Canada. Non prima, però, di aver messo all’asta la sua collezione, dietro pressioni del governo. Una vendita forzata, che lasciò invenduti alcuni lotti: Stern li conservò in un deposito, presto stanato dalla Gestapo. 28 capolavori confiscati e finiti chissà dove.
Per anni l’uomo ha cercato di rintracciare le sue opere, tra quelle sequestrate e quelle vendute dietro coercizione, offrendo laute ricompense a chi avrebbe dato una mano.
Max Stern morì nel 1987, sognando di rivedere insieme quel tesoro, un pezzo della sua storia familiare e un’importante pagina di storia dell’arte, del mercato e del collezionismo del Novecento. Gli eredi, istituita la Fondazione Stern e lanciato nel 2005 il Max Stern Restitution Project, hanno continuato la sua battaglia, potendo contare sull’aiuto dei governi americano, tedesco e canadese.
Un’impressa complessa, che ha portato alcuni frutti: dipinti di maestri come Bruegel, Bosch, Ludovico Carracci, sono stati identificati e recuperati. Nessuna via legale viene intrapresa, per scelta. L’idea è quella di utilizzare la persuasione morale, sensibilizzando privati o istituzioni sul tema delle pesanti violazioni compiute dal nazismo. La restituzione dev’essere dunque volontaria.
IL QUADRO RITROVATO
Un nuovo, importante traguardo si celebra dunque oggi, al termine di una lunga indagine dell’FBI. Anche la tela di Verzijl viene restituita al mondo e al nome di chi fu vittima, tra migliaia di vittime, di quell’orrore chiamato Olocausto. L’opera a un certo punto era stata regolarmente acquistata in una fiera di Nyc, dai proprietari della galleria torinese Caretto&Occhinegro. Raggiunti dalla polizia statunitense e venuti a conoscenza dell’incredibile vicenda, i galleristi hanno scelto di rinunciare al dipinto e di metterlo a disposizione con una donazione.
L’opera sarà visibile nelle sale del Jewish Museum di New York, secondo la prassi stabilita: una volta rientrati in possesso delle opere, gli Stern promuovono dei prestiti a musei e gallerie pubbliche, nel nome di valori in cui Max aveva sempre creduto. L’educazione all’arte e la condivisione del bello, in cima a tutto.
Gli eredi, intanto, continuano la loro missione sulle tracce della collezione perduta. Riannodando, pian piano, la trama di una lunga vicenda biografica, culturale, sentimentale.
– Helga Marsala
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