Rinasce il Mausoleo di Augusto a Roma. Restaurato con i 6,5 milioni di TIM. Ma non tutto fila
Ancora una bella storia di collaborazione fra pubblico e privato. Grazie alla cospicua cifra donata dalla Fondazione TIM, il Comune di Roma sta gestendo il lungo e complicato progetto per la rinascita del Mausoleo di Augusto. Tutto bene? Non proprio. Solite lentezze e qualche incongruenza di troppo…
Partita la seconda fase di recupero del Mausoleo di Augusto, il più grande sepolcro circolare conosciuto, situato – col suo diametro di 87 metri – nell’area settentrionale del Campo Marzio, tra via del Corso e l’Ara Pacis. Un tempo, là dove ora sorgono dei monumentali resti, si ergeva la nobile architettura cilindrica rivestita di blocchi di travertino, al centro della quale si apriva una porta preceduta da una scalinata. Vicino l’ingresso si trovavano delle tavole bronzee con incise le Res Gestae, le gesta dell’Imperatore, mentre nella parte antistante erano due obelischi in granito, ricollocati nel Cinquecento alle spalle di S. Maria Maggiore e nel Settecento presso la fontana dei Dioscuri di Piazza del Quirinale.
AL VIA LA SECONDA FASE DEL RESTAURO. COME DIVENTERÀ L’AREA ESTERNA
Grazie ai lavori appena partiti il sito ritroverà le normali e più adeguate condizioni di “visibilità e visitabilità”, con una nuova percorribilità dell’area limitrofa, in vista della creazione di un museo. È così che nasceranno gli impianti di illuminazione, antincendio, sicurezza e videosorveglianza, mentre verranno predisposti gli arredi del percorso espositivo. Intanto, la recinzione del cantiere diventerà un’installazione permanente di circa 300 metri lineari sui lati est, nord e ovest, lungo cui si srotoleranno i capitoli della storia di Augusto e dell’edificio funerario: una pergamena di immagini e parole, dislocata nello spazio per offrire al visitatore un’esperienza immersiva e didattica.
Tra i punti di forza dell’allestimento i dodici pannelli in stampa lenticolare e le cinque “hollow mask” che ritraggono il volto di Augusto, per una resa tridimensionale dell’immagine e un attraversamento ancora più coinvolgente. Il tutto nel segno della multisensorialità: una colonna sonora di brani tratti dalla programmazione d’eccellenza del periodo dell’Auditorium Augusteo sarà diffusa nello spazio delle cesate, mentre ogni giorno, a partire dal crepuscolo, il Mausoleo sarà illuminato da 55 corpi a led multicolore di varie dimensioni.
IL DEGRADO E L’AVVIO DEI LAVORI
Ed è solo la primissima fase di un agognato intervento di riqualificazione, sognato per questo prezioso sito archeologico da almeno una decina d’anni. Sito che, fino a ieri l’altro, versava in condizioni di irresponsabile degrado. Non accessibile, circondato da una misera rete metallica, sprovvisto dei minimi servizi e privato degli adeguati strumenti di valorizzazione, doveva pure subire il triste spettacolo del plotone di autobus radunati nel vicino capolinea. Un pezzo di storia gloriosa di Roma consegnato all’invisibilità e all’incuria.
Nel 2007, sotto la giunta Veltroni, un concorso di architettura finalizzato al recupero e alla riprogettazione del monumento e dell’area circostante, vide vincitore lo studio di Francesco Cellini. Al centro c’era una visione precisa: coinvolgere i grandi architetti nel cuore della città, a cominciare da quel Richard Meier a cui Rutelli aveva affidato la progettazione del complesso museale dell’Ara Pacis. Visione proseguita da Veltroni, morta con Alemanno e seppellita con la Raggi.
Entro il 2014 dunque si sperava in una inaugurazione in pompa magna, in occasione delle celebrazioni per il Bimillenario della morte dell’Imperatore. Lunga e complessa fu la fase delle indagini, preliminari all’effettivo avvio dei lavori, tanto quanto faticoso fu l’iter per il reperimento fondi: l’utopica data sfumò, come un miraggio ingenuo.
La faccenda esplose – letteralmente – proprio nell’agosto del 2014, quando il fossato intorno al Mausoleo, che era stato aperto eccezionalmente per i festeggiamenti augustei, si trasformò in un mare di acqua e melma per la rottura di una tubatura Acea. Il tutto in presenza di ospiti e autorità. Lo scandalo, l’imbarazzo e la risonanza mediatica segnarono l’inizio di un’accelerazione.
Nonostante i ritardi, l’insufficienza di fondi e gli intoppi burocratici, i lavori sono finalmente partiti nel novembre 2016 per il primo lotto d’interventi, relativo al restauro della parte esterna del monumento e alla sua messa in sicurezza. Uno dei lotti successivi riguarderà la sistemazione della copertura del Mausoleo e la realizzazione degli impianti tecnologi interni.
IL BUDGET. È ANCORA UN PRIVATO A TENDERE LA MANO
I fondi per l’immenso intervento scientifico, allestitivo, museale, architettonico, arrivano in parte dallo Stato e in parte da una grossa donazione privata. Un budget importante: 4,2 milioni di fondi pubblici e 6,5 milioni messi sul tavolo da Fondazione TIM, ente istituito nel 2008 come espressione della strategia di Corporate Social Responsibility del Gruppo Telecom Italia.
La soluzione la trovò, come per altre operazioni di alto mecenatismo – una su tutte il restauro degli affreschi della Sala degli Orazi e Curazi, finanziato da un magnate russo – l’ex sindaco Ignazio Marino, che su questo fronte seppe spendersi con tenacia e convinzione. Era l’ottobre del 2015 quando il Primo Cittadino di Roma Capitale annunciava, insieme all’allora assessore alla Cultura Giovanna Marinelli: “Oggi parte la gara per una prima parte di lavori all’interno del Mausoleo, il più importante monumento del primo Imperatore di Roma, e contemporaneamente possiamo annunciare uno storico accordo con la Fondazione Telecom che segna non solo l’arrivo di risorse fondamentali, ma anche una collaborazione nella fase del completamento dei restauri e della fruizione del monumento”. La sinergia tra pubblico e privato, ancora vincente, consentiva di dare corpo a un progetto ambizioso, visionario, complesso, a misura di una grande Capitale europea del XXI secolo.
LE SOLITE INCONGUENZE: QUELLO CHE ANCORA NON FUNZIONA
La fine dei lavori, stimata ottimisticamente per il 2017, slitta oggi al 2019, ma siamo ancora lontani del traguardo reale. Accade infatti che l’intero intervento sia stato diviso in due blocchi separati: l’uniformità voluta in epoca Veltroni, con un concorso unico e un unico vincitore, è andata inspiegabilmente perduta. A occuparsi del restauro del Mausoleo è adesso la Sovrintendenza Capitolina, che ha per altro sfilato a Cellini – legittimo vincitore – questo segmento del progetto, preferendo condurlo in autonomia; la parte relativa alla riprogettazione di Piazza Augusto Imperatore e di tutta l’area esterna resta invece di competenza del Dipartimento di Urbanistica, dietro progetto originario dello studio.
E se il capitolo restauro per l’appunto è già partito, resta fermo al palo proprio il complesso lavoro sulle aree esterne, che l’assessore Giovanni Caudo, in epoca Marino, aveva distinto in due stralci: il primo che include la sistemazione della parte sud della futura piazza (oggi un mero e disordinato parcheggio), procedendo dall’ abside della Chiesa di San Carlo al Corso fino a Via di Ripetta, con tanto di bar, ristorante, bagni e bookshop a livello della quota archeologica; il secondo relativo alle parti prospicienti l’Ara Pacis e i due edifici novecenteschi di Morpurgo.
Perché dunque questo impasse? Basti dire che la gara di assegnazione dei lavori per il primo stralcio del progetto Cellini risale al 2015. Da allora il Comune non è stato in grado di assegnare i lavori: una lunga querelle fra la burocrazia del Campidoglio e la macchina politica dell’amministrazione, intorno al metodo di assegnazione, ha di fatto gettato nel pantano tutta la faccenda. E ancora non se ne esce. Quanto al secondo stralcio, Cellini sta gestendo attualmente la fase del progetto esecutivo, ma con mille interruzioni e rallentamenti: l’assenza di una regia unica per la parte del restauro e per quella della piazza complica ora le cose dal punto di vista della coerenza progettuale, del coordinamento, dei servizi e degli impianti da garantire e da armonizzare per ogni singolo progetto. Insomma, quello che era un solo disegno unitario, da gestire e calibrare organicamente, si spacca in due porzioni che viaggiano su due velocità distinte. Anche se nel 2019 dovesse concludersi il restauro, come si accederà al sito? Come saranno le aree circostanti? In che quadro emergerà il Mausoleo restaurato? A che punto saranno la piazza, i servizi esterni e tutti i collegamenti con i vicini snodi monumentali? Non proprio una maniera strategica, né rispettosa, di gestire le relazioni con grossi mecenati che sostengono progetti impegnativi. Il rischio, a queste condizioni, è che ne arrivino sempre meno.
– Helga Marsala
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