Dal bozzetto all’affresco. Luca Giordano e Taddeo Mazzi a Firenze

Gallerie degli Uffizi, Firenze ‒ fino al 15 ottobre 2017. Una piccola ma raffinata mostra che indaga, attraverso i bozzetti, il rapporto di Luca Giordano e Taddeo Mazzi con la città di Firenze. Pensata come “anteprima” della Biennale d’Antiquariato, la mostra presenta alcune delle più importanti acquisizioni degli Uffizi effettuate negli ultimi due anni.

Una mostra caleidoscopica ospitata nella Sala del Camino, che sottolinea la relazione delle Gallerie con il territorio fiorentino, illustra alcuni aspetti del collezionismo mediceo e lorenese, e si focalizza infine sull’importanza del bozzetto come opera da collezione, ma anche come strumento per meglio comprendere le opere definitive, in questo caso gli affreschi della Cappella Corsini in Santa Maria del Carmine e la pala d’altare del santuario di Monte Senario, due monumenti che costituiscono l’ideale prosecuzione della mostra.

IL FASCINO DELLE “MACCHIE” E I DIPINTI RITROVATI

“Macchia” era detto a Firenze il bozzetto, inteso come il primissimo abbozzo di una futura opera partorita dalla mente dell’artista. E alla dimensione del pensiero è infatti strettamente legato il bozzetto, che per lungo tempo è stato scarsamente considerato dai collezionisti, ai quali sfuggiva, evidentemente, il suo carattere documentario. Non raramente, infatti, nell’esecuzione finale, l’opera si discosta dall’idea originale. A cambiare approccio, dando un esempio che si è tramandato nei secoli, fu il Cardinale Leopoldo de’ Medici, che nelle collezioni di famiglia volle inserire anche i bozzetti, appunto, e gli autoritratti.
Presto imitato anche da altri collezionisti, fra cui i principi Corsini, che chiamarono a Firenze Luca Giordano (Napoli, 1634 -1705) per affrescare la cappella di famiglia al Carmine. I bozzetti preparatori, realizzati nel mese di febbraio, rimasero infatti in loro possesso, e sono quelli in mostra: Sant’Andrea Corsini presentato alla Vergine, Dedicazione della cappella Corsini e Gloria di Sant’Andrea Corsini; quest’ultimo finì però sul mercato antiquario, e soltanto nel 2016 è stato acquistato dagli Uffizi. La monumentalità barocca, poi pienamente sviluppata negli affreschi in loco, è già evidente; e dagli studi d’archivio è emerso che questi furono realizzati in appena otto mesi, confermando la fama di artista “di mano rapida”, che Giordano si era creato.

Taddeo Mazzi, Autoritratto, 1712

Taddeo Mazzi, Autoritratto, 1712

LA FIRENZE DEGLI ULTIMI MEDICI

La modesta capitale di Cosimo III aveva ormai smarrite la vivacità e la goliardia che avevano caratterizzato la civiltà medicea; avvolta in un sudario di rigore religioso, la città appariva plumbea e fredda ai visitatori stranieri, l’attività intellettuale ristagnava, ma quella artistica conservava qualche slancio, seppur non paragonabile ai due secoli precedenti. La scuola fiorentina aveva in Carlo Dolci (controriformista convinto per motivi di quieto vivere) il rappresentante più insigne e, in un clima del genere, permeabile alla pittura religiosa, s’inserì agilmente Luca Giordano, che oltre a quella dei Corsini ebbe numerose altre committenze, fra cui gli affreschi in Santa Maria della Pace, chiesti direttamente dalla Granduchessa Madre, Vittoria della Rovere.
Pochi anni dopo, nel 1694, giunse a Firenze anche il ticinese Taddeo Mazzi (Palagnedra, 1676 ‒ Firenze, prima metà del XVIII Secolo), attivo nella Compagnia di San Carlo Borromeo, frequentata da molti suoi conterranei. Con loro (oltre ad attendere alle committenze private, comprese quelle medicee), collaborò alla grande impresa decorativa della cappella di Manetto dell’Antella a Monte Senario, resa possibile grazie all’ingente lascito testamentario d’inizio Settecento fatto dal priore Donato dell’Antella; il bozzetto Manetto dell’Antella cede la carica di generale dei Servi di Maria a Filippo Benizzi (1725), preparatorio dell’omonima pala d’altare realizzata di lì a poco per la cappella del Beato Manetto nel santuario, e caratterizzata da un severo chiaroscuro che incornicia la solenne cerimonia, fu acquistato dagli Uffizi sul mercato antiquario nel 2016. Mazzi affrescò la cupola della cappella, facendo largo uso dell’azzurro e del bianco nel riprodurre la gloria dei santi e della Vergine.
Fra i bozzetti esposti ne compare anche uno di Anton Domenico Gabbiani, La Vergine consegna l’abito ai sette fondatori dell’ordine dei Servi di Maria (1718), relativo all’affresco di una volta della Chiesa dell’Addolorata, all’interno del santuario fiorentino. Un confronto con l’opera di Mazzi, che vi lavorò negli stessi anni.

Luca Giordano, Autoritratto, 1665-70

Luca Giordano, Autoritratto, 1665-70

GLI AUTORITRATTI

A completare la mostra, gli autoritratti dei due protagonisti, Giordano e Mazzi; entrambe le tele provengono dalle collezioni degli Uffizi. Quello di Giordano appartenne da subito al Cardinale Leopoldo de’ Medici, quello di Mazzi arrivò in Galleria nel 1768, dopo due passaggi in mani private. Una data che dimostra la sintonia dei Lorena con il collezionismo mediceo, cui si deve anche l’istituzione della raccolta degli autoritratti di artisti. La presenza di due di questi in mostra è un’ulteriore testimonianza dell’amore per l’arte che contraddistinse i sovrani toscani, e che permette oggi a Firenze di vantare uno dei patrimoni artistici fra i più importanti del mondo.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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